A proposito di flat tax   ed egoismi vari

Quanto e come tassare? Ecco l’annosa domanda che si pongono da sempre tutti i governanti. D’accordo che le tasse sono utili e necessarie, va bene che le risorse non devono essere sprecate, ma a quanto ammonta il giusto contributo sociale dei cittadini? E non ho usato a caso l’aggettivo giusto anziché equo, perché il concetto di equità implica una concezione morale fuorviante, troppo spesso abusata da chi si è nascosto dietro una presunta equità per regolare i conti dell’invidia attraverso una deleteria redistribuzione dei redditi, dettata più dalla ricerca di consenso elettorale anziché da un reale vantaggio per il benessere della Nazione. Giusto significa, invece, che rispetta il principio base dell’egoismo sociale, ossia garantisce maggiori vantaggi a tutti grazie ad una opportuna rinuncia ad una parte degli egoismi, senza alcun tipo di sfruttamento.

Ebbene la prima risposta è semplice: la tassazione giusta è sempre molto più bassa di quanto i governanti pretendono, perché solo così li si può indurre a ridurre i costi delle opere pubbliche, in armonia, peraltro, con la naturale svalutazione di ogni bene o servizio. Tassare tutti i cittadini, infatti, è la strada più semplice perché non si assumono una reale responsabilità per il loro operato, non rinunciano al consenso dei loro elettori di riferimento tagliando le spese che li riguardano, ma al contrario possono acquistarne il voto con regalie pagate da tutti i contribuenti. Da questa logica del mal comune mezzo gaudio derivano le “mini tasse” su beni o servizi di largo consumo, come sigarette e benzina. In questo modo il sistema della spesa pubblica è drogato perché i governanti si comportano come tossicodipendenti che continuano a chiedere soldi alla mamma promettendo che sarà l’ultima volta, dicendo che è solo per uscire dalla crisi d’astinenza, per smettere di soffrire, ma in realtà lo fanno solo per continuare a vivere nel paradiso artificiale, quella sensazione di potere effimero che ti dà la droga mentre ti porta alla morte.

Quanto all’effettivo ammontare, sono innumerevoli gli studi che dimostrano come una tassazione dei redditi bassa e fissa per tutti, non superiore al 20/30%, comporti un aumento incredibile delle entrate ed una notevole crescita dell’economia, in rapporto ad una pressione fiscale pesante e progressiva, che arriva in Italia a superare il 50%. Il che sembra un controsenso, lo so, ma in realtà ha una sua logica, malgrado i politici non abbiano il coraggio di accettarla, timorosi come sono di veder crollare le entrate e non avere sufficienti soldi da sperperare. È proprio alla luce degli egoismi coinvolti che la c.d. flat tax, si rivela l’unica modalità in armonia con la natura umana. La tassazione, infatti, rappresenta il contributo sociale che versa ogni cittadino alla sfera sociale, per farne parte, per farla funzionare e per compensarla dei vantaggi che può garantirgli. È quella rinuncia ad una parte degli egoismi immediati ed egocentrici che l’intelligenza umana ha posto alla base delle sfere sociali. Ora, guardatevi allo specchio e domandatevi da quali egoismi siete mossi e quale percentuale occupa in voi l’egoismo sociale. Chiedetevi, insomma, qual è la vostra scala di priorità e quale percentuale considerate giusto spendere per i vostri bisogni essenziali, per quelli secondari, per garantire un futuro ai vostri figli, per dare immortalità ai vostri memi, per risparmiare e darvi la tranquillità per la vecchiaia. Chiedetevi, infine, a quale percentuale del vostro reddito siete disposti a rinunciare per ottenere in cambio le opere pubbliche, di cui magari non avrete mai bisogno. Ecco, sono certa che, se siete stati onesti senza farvi condizionare da un’ipocrisia politicamente corretta, questa percentuale è molto più bassa di qualsiasi imposta sia mai stata applicata nella storia. Ma vi siete forse dimenticati la Regola Aurea? Perché pretendete che altri facciano ciò che voi non fareste mai? Perché pretendete che chi guadagna di più paghi una percentuale maggiore? Perché pretendete di usufruire di opere pubbliche pagate da altri più di quanto siete disposti a pagare voi? Non vi sembra di essere degli approfittatori del lavoro, delle energie e del tempo altrui? Quanto stimate chi sfrutta il prossimo senza dare il suo contributo? Quale stima pretendete per voi da questa società a cui chiedete di soddisfare tutti i vostri bisogni, anche i più effimeri?

Ora, visto che non siete tutti così, ragioniamo anche sulla progressività. Vi hanno indottrinato con il mito per cui sarebbe più equo che chi guadagna di più paghi una percentuale maggiore di tasse. Ma davvero vi sembra equo e, soprattutto, giusto? Prima di rispondere immaginate di avere un reddito modesto e un figlio, lo fate studiare, lo incitate ad impegnarsi per migliorare la sua condizione sociale; il ragazzo è volenteroso, diventa un affermato ingegnere, guadagna in un mese cifre che voi non vedete neppure in un anno. Lui, oltre alle scuole statali, ha utilizzato tutti i servizi pubblici possibili, quindi è doveroso che ripaghi lo Stato per l’aiuto ottenuto con il giusto contributo sociale. Adesso, immaginate che il figlio del vostro collega, con la stessa condizione di partenza, sia stato molto più lavativo, abbia sfruttato le stesse opere pubbliche, ma in età adulta resti uno scapestrato, che si arrabatta guadagnando il minimo indispensabile. Pur avendo ottenuto dallo Stato quanto se non di più di vostro figlio, versa un contributo minimo, se non ne è addirittura esente. Dite la verità: la cosa vi fa imbestialire. Fate, quindi, un passo indietro con la fantasia e ipotizzate che fosse il miglior amico di vostro figlio, che, malgrado tutti i valori che avete cercato di trasmettergli, sia riuscito a convincerlo con il suo pessimo esempio che non vale affatto la pena di impegnarsi tanto, visto che esiste uno stato sociale che garantisce loro il soddisfacimento di tutti i bisogni, anche secondari, senza preoccuparsi di meritarseli, ed ecco che i vostri sforzi e sacrifici sono stati del tutto inutili. Molto educativo, vero?

Ma c’è un altro motivo, ancora più profondo, che dovrebbe dissuadere i governanti dall’applicare una tassazione progressiva: l’importanza del soddisfacimento dei desideri, soprattutto secondari, a fini evolutivi e di crescita, sia del benessere dei singoli che dell’intera società. Ebbene, è un palese controsenso, sia pratico che psicologico, castrare la spinta evolutiva a guadagnare di più per soddisfare tutti i desideri, con una tassazione per cui più ti dai da fare, più guadagni e più ti tassa, sottraendoti proprio l’incentivo che ti aveva spinto ad impegnarti di più. Immaginate cosa accadrebbe se il CIO imponesse una nuova regola per le Olimpiadi che aumenta il percorso della maratona in modo progressivo rispetto ai risultati ottenuti. Visto che considera più equo che i concorrenti ci mettano tutti lo stesso tempo a finire la gara, fissa un limite di 3 ore, così che gli atleti più scarsi correranno una ventina di chilometri, mentre quelli più bravi, che si sono allenati di più, che si sacrificano per 4 anni per quell’unica gara, percorreranno tutti i 42 km, se non di più. Alla fine, ovviamente, nel più completo abuso dello spirito decoubertiano, una medaglia d’oro a pari merito per tutti. Davvero un’idea geniale, non trovate? Talmente stupida che nel giro di un’edizione nessuno si allenerebbe più. E allora perché dovrebbe essere più intelligente una tassazione progressiva che ha lo stesso risultato regressivo?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:20