Keynes suggerirebbe   investimenti per l’Ue

Fare funzionare il mercato unico europeo spingendo i volumi di crescita è funzionale all’esistenza stessa dell’Unione e del progetto europeo. L’Europa è arrivata oggi ad una situazione di vera e propria deflazione, neanche più di inflazione. Anche la Germania avrà, a breve, il pil negativo ed entrerà in recessione anch’essa, nonostante dal 2006 al 2013 abbia perseguito la crescita dei propri surplus di parte corrente con l’estero e di crediti finanziari netti sull’estero, sforando a proprio vantaggio gli accordi europei per il rapporto tra il surplus di parte corrente sull’estero e il pil. Nessuna istituzione europea gliel’ha fatto notare, né l’ha rilevato. Nessuno in Europa ha richiamato la Germania a maggiori investimenti che avrebbero avuto il pregio di trainare l’intera Eurozona, cioè tutti noi. E non si è neanche parlato, né nelle sedi istituzionali né altrove, dei vantaggi che la crisi stessa stava producendo e ha prodotto per la sola Germania, solo adesso, cioè con il crollo della domanda degli altri Paesi dell’Europona che finalmente ha colpito e colpisce la stessa Germania, con stime di crescita tedesca in caduta libera ed export crollato.

L’Europa può sollevarsi solo mutando politica. Oltre alle misure espansive che metterà in atto la Banca centrale europea di acquisto di titoli e creazione di nuova moneta per il raggiungimento del tasso di inflazione prefissato al 2 per cento, operazioni apertamente osteggiate dalla Germania che ha sempre pensato di salvare unicamente se stessa, è necessario che allo stato proprio la Germania emetta un sibilo e metta all’ordine del giorno in Europa e per l’Europa, oltre che per se stessa – oggi che ne ha bisogno, lo farà – un programma di rilancio degli investimenti pubblici e privati, con abbandono del pareggio di bilancio e rimozione della stessa Merkel. Keynes avrebbe suggerito di fare così. Non tarderà molto che la Germania, presto travolta da una pesante crisi di cui comincia ad avvertire le avvisaglie, si convincerà.

L’Unione europea deve, da parte sua, rivedere le procedure lente e inadeguate che la caratterizzano, oltre l’intera struttura costosa e mastodontica che non agevola la velocità di decisione e la rapidità data invece da strutture snelle. Dove sono gli investimenti promessi da Juncker? Dove sono i trecento miliardi di investimento di cui ha parlato? Non saranno risolutivi, ma sarebbe già qualcosa, meglio del niente di adesso. Sono cento miliardi l’anno da distribuire in tre anni consecutivi e da immettere in Europa. Essi avrebbero perlomeno il pregio di mostrare che l’Ue esiste e fa qualcosa.

Per evitare lo stallo in cui si è già immersi e la Germania si sta immergendo in Europa, è necessario mirare con forza su investimenti e infrastrutture, unitamente a politiche monetarie e fiscali. I metodi di finanziamento delle infrastrutture sono i project bond, gli Eurobond, il partenariato pubblico-privato, per tipi di investimenti quali le reti transeuropee, la tecno-scienza, il capitale umano. Gli investimenti pubblici in infrastrutture sono oggi la leva fondamentale per rilanciare la crescita e l’occupazione necessarie in Europa.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:22