La giustizia italiana allontana gli investitori

Il “World economic” forum ha collocato l’Italia al quarantaduesimo posto su centoquarantaquattro Paesi nel proprio rapporto sulla competitività globale. Nel giudizio si valuta l’efficienza del sistema giudiziario e l’Italia si attesta ai livelli del Burundi, dietro lo Zambia e il Bangladesh. La percezione è quella della mancata indipendenza del sistema giudiziario italiano che aumenta i costi delle transazioni economiche e indebolisce la fiducia degli investitori, per cui questi ultimi rimangono alla larga con conseguente danno all’economia italiana.

Gli investitori – nazionali e stranieri – temono innanzitutto l’inefficienza di un sistema giudiziario caratterizzato dalla lentezza, che è incompatibile con la certezza del diritto. I magistrati dovrebbero mirare ad accelerare le procedure. In Italia il tempo per l’investitore è una variabile fondamentale, ma per i giudici è del tutto ininfluente.

Vi è poi l’arbitrarietà dei magistrati, che sono in grado di arrestare le persone senza le prove che il principio dell’habeas corpus richiede in ogni Paese democratico. Gli arresti facili si addicono a una dittatura, piuttosto che ad una democrazia. Ciò che è più grave è che i responsabili di tali condotte non vengono né processati né rimossi da noi.

Vi è infine una giurisprudenza impazzita che tende a rendere penale – “penalizzare” – ogni operazione e a colpi di sentenze ha criminalizzato attività economiche fondamentali che, altrove, sono soggette almeno solo alla giustizia civile. Si pensi ai casi “ThyssenKrupp” o a “Eternit”, nei quali solo in Italia i due proprietari stranieri sono stati condannati a sedici anni di carcere per disastro doloso, mentre negli altri quaranta Paesi coinvolti gli stessi fatti si sono tradotti in cause civili, risarcimenti milionari alle vittime sino alla bancarotta dell’impresa, alcuna condanna penale. L’inappellabilità delle assoluzioni di primo grado è essenziale in quanto unica protezione del cittadino contro gli eccessi del sistema. L’effettività del principio dell’essere processati due volte per lo stesso reato segna la linea di confine tra Paesi liberi e Paesi senza libertà.

In Italia i magistrati hanno letteralmente colonizzato il sistema per garantirsi arbitrio, irresponsabilità e impermeabilità a qualsivoglia criterio economico.

Solo nel nostro Paese un magistrato crea un movimento politico senza mai dimettersi dalla magistratura. Non dovrebbe essere ammissibile che un magistrato che instaura processi con evidenti ricadute politiche si candidi a suo piacimento contro la stessa parte politica che ha perseguito da pubblico ministero per poi, come se non bastasse, pretendere di tornare a fare il pm. È un palese abuso di una casta che ha colonizzato il sistema. Più che al servizio dello Stato, lo ha asservito.

In Italia manca altresì un efficace sistema per assicurare la responsabilità dei magistrati. L’apparato che dovrebbe farlo non funziona. Dal 1988 a oggi, in Italia, a fronte di quattrocentosei cause civili avviate nei confronti di un magistrato per dolo o colpa grave, le condanne sono state quattro. Si continuano ad arrestare persone che sono in seguito assolte o prosciolte.

Negli Stati Uniti si verrebbe processati per il reato di prosecutorial abuse, che è come se un soldato equipaggiato di fucile, per difendere i cittadini, si mettesse a sparare su di loro. I procuratori negli Stati Uniti vengono processati, radiati dall’ordine e vanno in galera. Sono gli stessi loro colleghi a perseguire le condotte difettose, in nome della tutela della credibilità e rispettabilità della propria professione.

In Italia gli avanzamenti di carriera dei magistrati avvengono per anzianità. Mancano parametri di valutazione del merito e della produttività. Le carriere di pubblico ministero e di giudice dovrebbero essere separate nei loro percorsi e dovrebbe essere impossibile passare dall’uno all’altro. Allo stato attuale, il sistema giustizia italiano non garantisce alcuna imparzialità di giudizio, si presta a condizionamenti indebiti e amplia il perimetro di potenziali abusi. Per questo, a ragione, cittadini e stranieri – risparmiatori o investitori – evitano e non hanno alcuna fiducia nella giustizia italiana.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:21