Catastrofe economica in dirittura d’arrivo?

Agli italiani piace scherzare: trovano ancora il tempo e l’incoscienza di abolire le Province senza abolirle realmente, di annunciare la solita spending review per poi accantonarla per l’ennesima volta in un trentennio, di trovare espedienti demagogici sempre nuovi ed originali come quello di vendere le auto blu su e-Bay. E tra un gattopardismo e l’altro, tra un annuncio e l’altro, tra una polemica inutile e l’altra, il tempo passa acuendo l’ilarità dei partner europei, lo scetticismo dei mercati (quelli che a parole ci lodano, ma nei fatti ci abbassano il rating), la sfiducia degli italiani e soprattutto la già grave situazione economica del Paese.

Non so se sia un bene o un male, ma i nodi stanno arrivando al pettine ed il tempo per le bagattelle sta finendo inesorabilmente sotto i colpi di eventi futuri noti e meno noti: tra quelli noti è sicuramente annoverabile il fiscal compact, mentre tra quelli meno noti c’è una nuova crisi finanziaria mondiale che si addensa all’orizzonte senza che nessuno ne faccia minimamente cenno. Eppure i segnali ci stanno tutti e portano inevitabilmente ai soliti volti noti della finanza mondiale che evidentemente risultano troppo utili ed influenti per essere fermati.

All’indomani della grande crisi finanziaria legata ai subprime, ci si sarebbe aspettato che il Governo americano e la comunità internazionale mettessero in campo ogni provvedimento utile a scongiurare che si potesse ripetere la sciagurata evenienza che titoli tossici circolassero indisturbati per il mondo provocando danni enormi ai risparmiatori e tensioni finanziarie capaci di mettere sul lastrico interi Stati. È evidente che, se l’ammontare dei derivati in circolazione è stimato ad un valore 10 volte superiore al Pil mondiale e se Goldman Sachs è diventata più ricca (una volta e mezzo) dell’Arabia Saudita, qualcosa non torna e una nuova sciagura è dietro l’angolo. Difficile arginare un simile impero finanziario anche se ci si chiama Obama, così com’è complicato imporre regole ad un sistema che ha in giro per il mondo una bomba atomica grossa dieci volte il Pil mondiale. Allora viene spontaneo pensare che l’antico luogo comune in base al quale Lloyd Blankfein (il Ceo di Goldman) sarebbe l’uomo più potente del mondo non sia poi così luogo comune e perciò bisogna credergli quando si vanta di “fare il lavoro di Dio creando denaro dal nulla”.

Le banche d’affari quindi, anche dopo la tremenda crisi finanziaria dei subprime, non hanno mai smesso di spargere nel mondo denaro inesistente e anzi hanno trasformato il momento di crisi in una stupenda occasione per moltiplicare gli utili. Negli ultimi cinque anni, a dispetto della ormai nota crisi che ha investito le economie occidentali, abbiamo assistito a cinque anni di enormi successi in borsa. Wall Street ha ottenuto dei risultati brillanti portando le quotazioni ai livelli precedenti al “momento Lehman”, facendo impennare il Nasdaq a livelli che non si apprezzavano da tempo. Ciò perché i padroni del mondo, cioè i finanzieri, hanno preteso che gli Stati li salvassero dal fallimento immettendo nelle borse miliardi di dollari pubblici per sostenere i titoli. È per questo che la Federal Reserve americana ha iniettato in cinque anni qualcosa come quattromila miliardi di dollari attraverso l’acquisto di titoli, venendo emulata anche dal Giappone il quale, con il nuovo corso di Abe (la abenomics), ha cominciato a stimolare l’economia a colpi di spesa pubblica ed a costo di portare il deficit a più del 12% del Pil.

L’effetto secondario (perché per gli Stati l’effetto primario era quello di salvare le terga dei banchieri con i soldi dei cittadini) sarebbe dovuto consistere nel dare una spinta all’economia reale attraverso la borsa, sfruttando la famosa teoria del moltiplicatore Keynesiano. Ancora una volta il modello Keynesiano ha fallito clamorosamente ed i soldi buttati dalle istituzioni nelle borse non sono mai arrivati all’economia reale, essendo di per contro reinvestiti in speculazioni finanziarie. Prova ne sia che, nel solo 2013, il 10 per cento delle famiglie americane, le quali detengono circa l’80 per cento delle azioni scambiate in borsa, si sono arricchite di 9.800 miliardi di dollari (accrescendo il proprio patrimonio finanziario) elargiti dalla Federal Reserve. Il regalo federale, lungi dall’avere effetti univocamente positivi, ha letteralmente drogato le quotazioni dei titoli portando ogni azione ad avere un valore che è maggiore di sedici volte rispetto ai profitti della società a cui si riferiscono.

A Wall Street, quindi, ci sono società ampiamente sopravvalutate ed un indice Nasdaq così euforico da far ricordare quello del 2000, anno in cui scoppiò la bolla delle società hi-tech e che rischia di innescare un effetto domino capace di travolgere nuovamente (e questa volta forse irreversibilmente) la finanza mondiale. Quella dei soldi finti, dei soldi ciclostilati dietro cui non si cela alcun valore reale, ha avuto anche l’effetto collaterale di innescare una crisi valutaria nei Paesi emergenti, soprattutto sudamericani, ove lo spostamento frenetico di denaro fresco ha innescato una pericolosa crisi valutaria ancora in stato embrionale. Dio non voglia che questi titoli “dopati” siano già in giro, sparsi nei portafogli di istituti di credito e piccoli investitori, perché altrimenti il rischio sarebbe veramente grave e le conseguenze sarebbero totalmente incalcolabili.

Intanto, dalla fine di gennaio ad oggi, ben quattro banchieri si sono suicidati. Tre erano di JP Morgan ed uno di Deutsche Bank. Catastrofe economica in arrivo?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:28