Assemblea Telecom, la Twitter-cronaca

Telecronaca, anzi la Twitter-cronaca dell’assemblea Telecom ( Milano, ore 11, 20 dicembre).

Puntate precedenti. Le banche nazionali sostenute dal governo e dalla Bce hanno scaricato l’azienda rientrando di metà del debito, consegnandone il controllo per pochi soldi all’incumbent spagnolo Telefonica che subito ha incamerato uno dei due mercati sudamericani dove controllante e controllata sono accaniti concorrenti. Agcom agevola, il governo non si oppone e un pezzo del Pd ne salva l’onore sbracciandosi in un’inutile opposizione.

L’autodistruzione della prima impresa digitale nazionale non è una novità, ma l’accelerazione provoca la condanna del mercato internazionale, tanto da dare la forza a Fossati di Findim ed agli altri piccoli azionisti di chiedere la sfiducia degli amministratori. Per metterci una pezza, bocconiani, associazioni, gestori, fornitori, iperfondi, azioni suppletive e presidenze blindate si esibiscono nel campionario di conflitti d’interesse di cui solitamente non si parla, con quello spirito liberista fatto per arginare le indicazioni del mercato internazionale.

Dopodiché sperano che non ci sia la vociferata partecipazione in massa dei piccoli fondi, proprietari dell’80% di Telecom, cui le indicazioni istituzionali internazionali dettano di mandare a casa il Cda espresso da Telco (primo azionista con il 22%). Il gruppo di comando ha ricorso nelle ultime ore a 1,3 miliardi di azioni in più di un convertendo ad hoc per sventare la revoca del Cda dell’Ad Patuano. Da parte sua Fossati nella revoca ha proposto 5 nuovi candidati: Gamberale, Castellano capo della Sace, l’ex manager Telecom di Genova, Lombardi di Asati, associazione dei piccoli azionisti Telecom e la Mainini del Consiglio Nazionale Anticontraffazione, in un Cds sempre a 15 amministratori. Non c’è l’atmosfera da avanspettacolo del 2007, quando in un’altra assemblea Grillo prese per i fondelli il management nemico dei Tronchetti Provera già beffato dallo sgambetto delle promesse e del loro ritiro da parte del governo Prodi.

Quando alle 11.12 Minucci, vicepresidente in quota Telco, apre l’assemblea, è presente solo il 54,26% dell’azionariato. L’Ad Patuano si sente sotto accusa da parte dell’opinione pubblica e finanziaria e comincia la difesa: “Non siamo in crisi né di idee né di strategie. Abbiamo liquidità per 5,3 miliardi; ridotto il debito di 9 miliardi tra il 2007 e il 2013 (inferiore ai 27 miliardi a fine 2013) e raggiunto nel 2013 i 23,5 miliardi di fatturato (16,2 in Italia) con 4,3 miliardi di investimenti, (21 miliardi tra il 2007 e il 2013). Il giovane Ad non si pente di nulla (“Avremmo dovuto vendere prima La7, sempre in rosso ed anche l’Argentina”), ostenta sicurezza (“Abbiamo portato il 3G al 90% degli italiani. Il Cda ha sempre rispettato principi e regole della corretta gestione e la comunità finanziaria non vuole vedere che il debito è ampiamente sostenibile, con l’obiettivo di limitarlo ai 21 miliardi”) e si trincera dietro una naive ignoranza degli eventi (“Non ho nessun rapporto diretto con Telco. Difficile sapere quante azioni abbia in assemblea BlackRock.

Mai ricevuto anticipazioni del dettaglio del passaggio di quote” in Telco, società che detiene il 22,4% di Telecom e nella quale Telefonica ha acquisito la maggioranza per le cessioni di Intesa, Generali e Mediobanca; il convertendo in azioni, pre-assembleare, a vantaggio di Telco e BlackRock e discapito Findim “è avvenuto senza alcun extra-valore ai sottoscrittori”). Patuano vorrebbe finire in crescendo (“Il downgrade dell’azienda che deve ridursi su se stessa non è truffaldino, ma motivato dal contesto competitivo e macroeconomico negativo”) vantando che grazie al suo piano le azioni siano in crescendo.

Non ha finito di parlare che cominciano le contestazioni dal pubblico. “Le azioni risalgono in prospettiva della vendita dell’ultimo gioiello, Tim do Brasil”; che successo! Il titolo è salito da 0,47 a 0,70! “Dove avete creato valore per i soci?”; “Anche TIMedia è stato un successo, che grande vendita!”; “Questa Blackrock porta male…”; “Visto che siete inidonei a decidere, almeno abbiate la dignità di far prendere all’assemblea certe decisioni”.

Tra la marea di voci negative in un’assemblea che non sentirà un intervento a favore del Cda, alle 13.04 prende la parola l’oppositore Fossati di Findim, che chiede “a tutte le minoranze di votare per revocare tutti indistintamente i singoli amministratori del Cda ad esclusione di Luigi Zingales”. Le sue parole mandano in onda gli ultimi eventi, ma anche il film di una lunga dissipazione. Passano nelle menti di tutti i fotogrammi dei “danni patrimoniali, dubbia trasparenza, scarsi risultati, scelte dubbie, informazioni negate e privilegiate, amministratori Telco non indipendenti”. Scintillano fulmini. “Non polemiche, ma puntualizzazioni sugli scarsi risultati aziendali e gravi erosioni patrimoniali”, fino al tuono: “Da quando c’è Telco il titolo ha perso 70% del valore”. Il teorema di Fossati è il tradimento dell’azienda, eterodiretta da Telefonica.

Accusa che non ci siano progetti, se non il prolungamento delle svendite. Viene fuori il punto centrale, la sorte che avrà Tim do Brasil che garantiva 500 milioni di revenues ai tempi del famigerato Luciani, ridottesi nel tempo alla metà. Patuano si è sgolato: “La controllata in Brasile è strategica”. Fossati lo incalza: “Se davvero non c’è controllo di Telco su Telecom allora non saremo costretti a vendere Tim do Brasil, giusto? Spero che tra Natale e l’Epifania non arrivi un’offerta che non si può rifiutare. Cosa farà Telefonica? Esce o vende la sua controllata Vivo in Brasile?”.

Finché, nel ragionamento sembra arrendersi all’ineluttabile: “Se proprio dobbiamo vendere il Brasile almeno facciamo bene i conti, vale molto di più...”. Minucci toglie la parola a Fossati e l’assemblea insorge chiedendone l’entrata nel Cda. Patuano è subito d’accordo, quasi a trovare la soluzione unitaria di compromesso (“Fossati ha un’esperienza interessante”), ma l’oppositore si schernisce: “Sono più efficace fuori da Cda, per intercettare capitali (alternativi)”.

Il presidente di Asati, Lombardi minaccia Minucci: “Verificherà la Consob sulla sua indipendenza”. Sono passate sette ore e mezza di tortura per il gruppo di comando che non vuole più dibattito ma solo votare. Non a caso, c’è solo metà del capitale a votare, pesa il 5,15% di BlackRock che non lascia l’assemblea e la revoca appare sconfitta. Poi correranno le smentite sul ruolo determinante del colosso Usa. Minucci si scatena, prega, urla ai piccoli azionisti, sbotta: “Chi c’è c’è, fateci votare, il mondo ci aspetta, l’Italia ci guarda, tutti vogliono sapere il destino della società”. Anche le scritte in sovraimpressione sull’ultima navetta disponibile che parte in trenta minuti invogliano a chiudere. Finché alle 18.41 si vota nel silenzio dopo 8 ore di assemblea.

Voti e conti non tornano, il televoto, come per la Florida nel 2000, X-Factor o il Festival di Sanremo, va in tilt; qualcuno parla di riconteggio. In mezz’ora, alle 19.15, i risultati: il Cda è assolto dal 42,3% dei presenti, il 7,4% si astiene. Fossati sfiora il 23% e blocca solo le entrate in Cda dei soliti prodiani, Tantazzi (bocconiano, Banca popolare Emilia Romagna, Il Mulino, Università di Bologna, ex consigliere del governo degli anni prodiani) e Bariatti (Università di Milano, avvocato in Cassazione, consulente esterno di Ue ed euroParlamento dal 2005). Il Cda resta a 11 senza spagnoli e nuovi prodiani. Su di lui ancora diverse spade di Damocle: l’impugnamento della delibera, l’assemblea di rinnovo Cda con approvazione del bilancio di aprile e Gamberale, un tempo alla testa di Tim, che non entrato in Cda questa volta assedia sempre l’azienda nelle trattative con Cassa Deposito e Prestiti per lo scorporo di rete.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:26