Squinzi: «L'Italia è sull'orlo del baratro»

«Il Nord è sull'orlo di un baratro che trascinerebbe tutto il nostro Paese indietro di mezzo secolo'». È l'allarme lanciato dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi nella sua relazione all'assemblea annuale. «Per tornare al nord trainante - dice- le vie sono quelle che abbiamo detto: credito, fisco, giustizia, semplificazione, infrastrutture, uno stato amico». Per il leader degli industriali, «la mancanza del lavoro è la madre di ogni male sociale». Una situazione, questa, che «va affrontata in maniera strutturale e con equilibrio, intervenendo sul costo, sulla produttività, sulle regole». «Da paese manifatturiero non possiamo permetterci la differenza di competitività rispetto ai nostri concorrenti. In Italia da anni il costo del lavoro sale, in Germania scende.

Le nostre imprese pagano di più, i nostri lavoratori guadagnano di meno», sottolinea Squinzi, rilanciando la necessità di ridurre il cuneo fiscale che nel 2012 è stato oltre il 53% del costo del lavoro, «tra i più elevati dell'area Ocse». «Bisogna ridurre questo cuneo, eliminando il costo del lavoro dalla base imponibile Irap e tagliando di almeno 11 punti gli oneri sociali che gravano sulle imprese manifatturiere». Squinzi lancia un appello per una stagione di cambiamento, serve che il governo ponga come «pilastro portante» la politica industriale. «L'azione di governo deve avere come pilastro portante delle proprie scelte la politica industriale. Perché produrre significa lavoro, lavoro significa meno precarietà, migliori tutele, crescita dei salari e della domanda interna», spiega. «L'obiettivo - continua Squinzi - deve ora essere uno solo: tornare a crescere. Per tornare a produrre più benessere l'Italia, deve fare leva sulla sua risorsa piu' importante: la vocazione industriale in tutte le sue declinazioni».

I numeri parlano chiaro e offrono un «quadro inquietante per noi imprese, per le famiglie, per i nostri giovani». «L'occupazione è diminuita pericolosamente, crollata tra i più giovani. I disoccupati sfiorano i tre milioni e, a onor del vero, non è tutta colpa della crisi. Dal 1997 al 2007 il tasso di crescita dell'economia italiana e' stato mediamente inferiore di circa un punto percentuale l'anno a quello dei Paesi dell'area euro», sottolinea il leader degli industriali. «I mali fiscali restano intatti. Abbiamo un fisco punitivo e di intensità unica al mondo che scoraggia gli investimenti e la crescita - afferma Squinzi - Esattamente il contrario di quello che dovrebbe fare. Ma non è nemmeno quello il problema più grave perché il fisco italiano è opaco, complicato, e incerto nella norma». «Per anni abbiamo sentito promesse: il carico fiscale sarebbe stato alleviato, le regole semplificate, il rapporto fisco-imprese reso piu' trasparente e certo. Nulla di tutto ciò è accaduto», accusa, rivolto direttamente al governo in sala al gran completo. «Il fisco italiano sembra dire agli imprenditori che crescere non conviene, perché al crescere delle dimensioni aumentano gli oneri amministrativi, fiscali e previdenziali», ribadisce, sollecitando un intervento dell'esecutivo nonostante gli stretti margini di manovra lasciati dalla situazione di finanza pubblica. «Molte cose si possono comunque fare: il peso fiscale può essere riequilibrato e non deve essere usato contro chi produce: imprese e lavoratori», avverte.

Per il leader degli industriali, «il mercato del lavoro è troppo vischioso e inefficiente. Occorre garantire più flessibilità in ingresso e nell'età del pensionamento, per favorire il ricambio generazionale». «È positivo - dice Squinzi - che il governo abbia dichiarato di voler intervenire e prendere seriamente in considerazione le ragioni delle parti sociali. Questo è il modo corretto per evitare che si ripetano situazioni analoghe al caso degli "esodati"». «Se questo sarà il Governo della crescita, noi lo sosterremo con tutte le nostre forze», conclude il presidente di Confindustria. Che poi però avverte: «Se per qualche ragione il nostro credito venisse usato per altri fini, chi ci governa sappia che il rapporto con gli imprenditori sarà compromesso irreparabilmente».

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 18:21