Si fa presto a dire no all'euro

Basta euro? Per ora, si tratta di un timido sfogo/minaccia, sia da parte di Silvio Berlusconi che della Lega Nord, di fatto ancora alleati sul rifiuto di un’Europa delle...“Piccole Patrie”.

Ma, Roberto Maroni deve dire quello che vuole veramente, rispondendo a questa semplice domanda: il Nord, ci guadagna o perde abbandonando l’euro? E, poiché la politica (e le monete) hanno il terrore del “vuoto”, con che cosa e come si opera la transizione dall’euro al suo succedaneo nazionale, o di più stati? E, ancora, quanto ci costerà questo continuo rinvio del sacrosanto default della Grecia, testardamente rimandato, finché sarà troppo tardi per tutti e le rivoluzioni anti-euro avranno imboccato la strada delle sommosse di piazza? Oggi, la politica deve stare molto bene attenta alle parole e agli impegni che i partiti pronunceranno in campagna elettorale, ormai avviata da tempo. Rimangiarsi i sacrifici di Mario Monti, secondo le lobby economico-finanziarie che governano il mondo, significa andare mestamente incontro allo stesso destino della Grecia. Tuttavia, se a questo non si crede e si hanno ottime ragione per confutarlo, allora l’attuale propaganda politica deve parlare molto chiaro, una volta per tutte.

Il premio Nobel ed editorialista del New York Times, Paul Krugman, continua a dire che la cura di Angela Merkel & Co ucciderà il cavallo, perché l’economia dell’Europa dei mercati e dei mercanti è già entrata nella spirale “meno crescita + tasse”. Ovvero: i tagli alla spesa pubblica, combinati con aumenti della tassazione e dell’Iva, spingono verso il basso i consumi e gli investimenti (a proposito: dove sono andati a finire quei 500 e passa miliardi di euro, gentilmente concessi da Mario Draghi per il salvataggio dei sistemi bancari nazionali in profondo rosso, senza che aumentasse il credito alle imprese?), facendo scendere il Pil e, con ciò, sforando i parametri di Maastricht. Di conseguenza, ai governi vengono a mancare le risorse (che solo una crescita economica adeguata potrebbe garantire) per pagare gli interessi sul debito e per finanziare l’economia, attraverso un’ulteriore emissione di titoli del debito pubblico che, però, nessuno acquisterà, se non a interessi elevati, obbligando i responsabili a manovre fiscali aggiuntive. Queste ultime deprimeranno ancora di più i consumi, inasprendo la spirale debito/recessione, e così di seguito, senza fine. 

Pertanto, chi dice (giustamente, a mio avviso...) “No” all’euro, come pensa di risollevare le sorti di questo paese? Permettetemi, in proposito, di stramaledire tutte le trasmissioni (radiofoniche, televisive, i blog, Facebook, etc.) di grande ascolto, in cui politici, conduttori e pubblico litigano tra di loro, si insultano, inciuciano sui personaggi, noti e meno noti, e sulle malefatte della politica locale e nazionale. A forza di parlare di pastette e imbrogli, grassazioni e ladrocini di una classe politica corrotta e inetta fino al midollo -salvo poche, lodevoli eccezioni-, ci si dimentica di domandare, a chi pretende di rappresentarci nel dopo-Monti, un progetto, un programma -ancorché minimo- di “salute pubblica”, per uscire dal dramma della recessione e della disoccupazione dilagante. Dove, come e quando le giovani (e meno giovani) generazioni avranno un loro posto nel mondo della produzione e dei servizi, per rilanciare il morale e la crescita economica di questo paese? E, ancora: se l’euro è il nostro “Boia”, che aspettiamo ad arrenderci alla dittatura del dollaro, cedendo allo strapotere della Fed e di Wall Street, che fanno il bello e il cattivo tempo sui mercati internazionali delle materie prime e degli scambi commerciali? All’America basta stampare moneta, per ridurci suoi “schiavi”, finché durerà questo tipo di capitalismo senza anima e senza vocazione alla storia.

Possiamo, allora, tentare di rivolgere il tutto a nostro favore in un solo modo: abbandonare l’euro e, simultaneamente, tutti insieme, costruire un nuovo Sistema Monetario Europeo ancorato sulle (rinate) valute nazionale, con fasce di oscillazione max prestabilite, agganciandolo al valore del dollaro sui mercati internazionali. Se la moneta Usa scende, noi svalutiamo in proporzione. Se sale, rivalutiamo tutti insieme con lo stesso meccanismo. Questa, e non altra, a mio avviso, è la vera posta in gioco sulla quale aggregare il consenso della nazione e dei nostri partners europei. Il resto, sono chiacchiere da bar.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 18:32