Giornalisti e politici incompetenti

L’impressione è che i cosiddetti “giornali importanti” siano fatti da gente lontana anni luce dai problemi dei salariati, del lavoro nel senso tradizionale del termine. Nemmeno la classe politica sembra abbia compreso che le fasce più svantaggiate quando non lavorano e non mangiano riproducono schemi e situazioni vecchie di 100 anni: prima protestano, quindi lanciano sedie e tavoli... poi è rivolta. La politica avrebbe dovuto prevedere gli epigoni.

I giornali avrebbero fatto bene a non distogliere mai l’attenzione degli amministratori dal Sulcis, dall’Alcoa, dall’Ilva e giù fino a piccole realtà nella giornata di ieri in protesta come la Gesip di Palermo e l’Astir di Napoli. Ma giornali e politici da quando c’è Monti non fanno altro che ripeterci che “l’Italia non farà un trattamento disoccupazionale alla Greca, a noi l’obbligo di disoccupare altri due milioni di persone non ce lo metterà nessuno”. Così alla spicciolata ai due milioni di disoccupati in più pare ci arriveremo entro fine anno. E Monti, coadiuvato dall’informazione referenziata, dovrà dirci che s’è trattato di pura casualità e non d’un piano di licenziamenti alla greca.

Anzi, i partiti che sostengono il governo vedranno del positivo in questo, e rammenteranno che con altri due milioni di italiani disoccupati l’Ue può considerarsi sazia, che non ci verranno chiesti altri sacrifici. Ma tutti gli addetti ai lavori sanno bene che le strade sono due: o si fa lavorare la gente gratis o li si disoccupa. «L’iniziativa referendaria di Sel e Idv sull’articolo 18 - spiega Ichino - si pone drasticamente in contrasto con la strategia che l’Italia si è data dal novembre scorso per uscire dalla crisi.

La nuova disciplina dei licenziamenti - evidenzia il giuslavorista - contenuta nella legge Fornero costituisce un allineamento del nostro ordinamento, per questo aspetto, al resto d’Europa. È una scelta che abbiamo compiuto non soltanto nella convinzione che questo giovi al migliore funzionamento del nostro mercato del lavoro, ma anche perché questo costituiva e costituisce parte essenziale della strategia del governo Monti per la scommessa europea dell’Italia e in particolare per consentirci di essere credibili quando chiediamo ai nostri partner europei di garantire per il nostro debito e di aiutarci ad abbattere gli interessi su di esso.

Tutto questo - prosegue Ichino - mi induce a dire che tornare indietro rispetto alla scelta compiuta con la legge Fornero è coerente soltanto con le posizioni di Sel e di Idv, fortemente contrarie alla scommessa europea del governo Monti. Ma è incompatibile con le opzioni strategiche essenziali del Pd». Del resto l’Ue ha deciso di far uscire dalla crisi Grecia, Spagna, Italia e Portogallo attraverso una strada opposta a quella tracciata da Keynes, opposta all’intervento pubblico nell’economia per garantire la piena occupazione.

La via che obbligatoriamente deve seguire Monti è quella tracciata da Milton Friedman, ovvero far scaturire la riscossa dall’interno e innalzando il tasso naturale di disoccupazione: regola che permette la crescita della massa monetaria interna proprio per l’assenza di aiuti esterni e di stato. Questo i giornali evitano di rivelarlo, e troppo politicamente scorretto dire agli italiani che molti di loro devono rimanere senza lavoro per trasformarsi finalmente in veri produttori di Pil.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 18:46