
Manca poco. Eric Sadin si iscrive al partito dell’apocalisse. Dopo aver denunciato ne La Vie algorithmique, La Silicolonisation du monde e ne La Vie spectrale, l’addomesticamento delle nostre vite da parte della tecnologia, il filosofo francese nel suo ultimo saggio, Le desert de nous-memes. Le tournant intellectuel et créatif de l’intelligence artificielle, descrive i termini di un cambiamento senza precedenti. Che sta permettendo all’Intelligenza artificiale di appropriarsi delle nostre facoltà intellettuali e creative.
Del resto, appena 3 mesi fa Jakub Pachocki, direttore scientifico di OpenAI, la società madre di ChatGPT, ha molto serenamente fatto sapere che l’obiettivo della ricerca a lungo termine è quello di sviluppare un “ricercatore automatizzato” in grado di scoprire nuove idee scientifiche, capace, in sostanza, di agire in completa autonomia. Per Sadin si tratta di un “potere totale”, contro cui occorre “una rivolta lungimirante” per preservare la nostra unicità umana.
Il filosofo non usa mezzi termini, che in francese si direbbe ne mâche pas ses mots (non mastica le sue parole). Alla Terra manca poco, pochissimo. Ma non per la solita, stucchevole narrazione sul riscaldamento globale. Il ruolo dell’essere umano sul pianeta, sostiene Sadin, è messo in discussione dall’ascesa dell’intelligenza artificiale. Chi si rifiuta di capitolare può ancora agire collettivamente. Ma deve far presto. Alla resa definitiva mancano 3 anni. L’avvento dei sistemi di Ia generativa segna una svolta nella civiltà: esternalizzando le sue facoltà essenziali, in particolare le sue capacità di auto espressione, l’essere umano rischia un “deserto di se stesso”.
La critica alla ragion tecnologica di Sadin non viaggia sull’onda polemica del momento solo perché essere “bastian contrari” è una casella che qualcuno dovrà pur occupare. Sono almeno 15 anni che il filosofo francese propone una lettura molto critica delle tecnologie digitali, mettendo in guardia dalle “loro logiche imperative”. La svolta arriva il 30 novembre 2022 (“data decisiva nella storia dell’umanità”), con il lancio ufficiale di ChatGPT, che non si tratta più di un’Ia nelle sue dimensioni cognitive e organizzative, ma di un progetto che porta con sé “implicazioni completamente diverse”, poiché ora “tocca ai sistemi svolgere compiti che finora mobilitavano le nostre facoltà intellettuali e creative”.
Il rischio per l’essere umano è quello di perdere creatività e senso critico. Che apre a una domanda fondamentale, che per esempio potrebbe fare oggi un figlio ai propri genitori, e che per il filosofo è “la madre di tutte le domande”. Non meravigliamoci, infatti, se una mattina ci dovessero chiedere: “Perché devo svegliarmi alle 7 per andare a scuola, perché devo imparare le regole di ortografia e grammatica, leggere testi di qualità e imparare la lingua, se tanto fa tutto la macchina?”.
Perché, se lasciamo fare, risponde Sadin, l’umanità sprofonderà sempre più in basso. Le tesi del libro sono 3. In primo luogo, l’intelligenza artificiale incoraggia l’egemonia di un linguaggio matematico standardizzato. Secondo, non siamo più in grado di risalire all’origine di un’immagine; distinguerla, così come determinarne la natura, diventa impossibile. Terzo, l’intelligenza artificiale è in grado di sostituire gli esseri umani in molti compiti che richiedono elevate capacità cognitive, modificando radicalmente le professioni legate ai servizi e alla cultura. Il deserto di nous-memes è il lavoro di una macchina che “ci renderebbe assenti da noi stessi”.
L’utilitarismo pratico legato all’utilizzo della macchina permette alle grandi aziende del settore di sfruttare “una propensione alla pigrizia”, che farebbe da anticamera all’abdicazione delle nostre facoltà intellettive. Sadin distingue tra l’Intelligenza artificiale che organizza le vicende umane (“in atto da 20 anni”) e le Intelligenze artificiali generative, di recente creazione, quelle cioè che hanno un impatto antropologico su ciò che ci rende umani, con il rischio di vedere apparire dei “super consulenti” nelle nostre vite.
Qualcuno in Francia ha già paragonato Le desert de nous-memes a La società dello spettacolo di Guy Debord, che denunciava la società dei consumi all’orizzonte del maggio ‘68. Parlando all’Unesco poche settimane fa, Sadin ha invitato ad adottare una “logica di rifiuto”, di fronte a un linguaggio “privo di ogni respiro vitale”, e a mobilitare la nostra coscienza collettiva. Ogni volta “che utilizziamo queste macchine, dovremmo chiederci: ‘Quali professioni stiamo mettendo a repentaglio? Quali professioni stiamo mettendo a rischio e quale visione della società stiamo proiettando?’”. L’Ia, sostiene, “non è solo una macchina per produrre testo, uno pseudo-linguaggio: è un linguaggio di morte”. Un “linguaggio schematico che risponde solo a statistiche catalogate, che in realtà non fanno altro che riprodurre ciò che è già accaduto, privo di qualsiasi energia vitale”.
(*) Le desert de nous-memes. Le tournant intellectuel et créatif de l’intelligence artificielle, Eric Sadin, L’Echappée, 2025, 261 pagine, 19 euro.
Aggiornato il 18 dicembre 2025 alle ore 11:19
