Primo Premio Sergio Leone, il coraggio di sperimentare

Si è svolto ieri il primo Premio Sergio Leone edizione 2025 all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone di Roma. Nel complesso progettato dall’architetto Renzo Piano, alla libreria Notebook si è svolta la consegna dei riconoscimenti ai vincitori delle quattro sezioni di questa iniziativa curata da Ipermedia con i patrocini di Regione Lazio, Assessorato alla Cultura del Comune di Roma, Sapienza Università, oltre a sponsor culturali e partner operativi. L’incontro si sarebbe potuto anche intitolare “il genio del maestro”, poiché dalle testimonianze di esperti, amici, attori e personalità intervenute è emerso un ritratto inedito e singolare del regista italiano.

Chi è stato Sergio Leone? Regista, sceneggiatore, produttore cinematografico, è il più famoso autore del western allitaliana degli anni Sessanta. O meglio, le serie “spaghetti western”, come sono state soprannominate le pellicole più note. Per i cineasti, tuttavia, il cinema di Sergio Leone ha segnato l’epoca della “trilogia del dollaro” con i titoli da botteghino Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto, il cattivo. Alla trilogia del dollaro ha fatto seguito poi la “trilogia del tempo”, come la definì il decano dei critici cinematografici Morando Morandini, riferendosi ai tre capolavori Cera una volta il West, Cera una volta in America e Giù la testa. “Non solo un maestro del cinema, ma una pietra miliare – ha introdotto l’evento Giulia Testa, membro della Commissione interna del Premio – Il western di Leone non appartiene al passato, riguarda anche la società odierna nelle sue paure, ansie e perdita di punti di riferimenti, perché le storie fondamentali non cambiano mai”.

In sintesi ecco le tappe di una carriera e di una vita tutta in ascesa. Il David di Donatello nel 1972 come miglior regista con Giù la testa (1971), il Nastro dArgento nel 1985 con Cera una volta in America (1984) come miglior film. Sergio Leone nacque a Roma, a Palazzo Lazzaroni, a pochi metri da Fontana di Trevi, il 3 gennaio 1929. Figlio d’arte, poiché il padre (Roberto Roberti) col nome di Vincenzo Leone fu un pioniere del cinema muto. La madre, Bice Waleran, romana di nascita e milanese d’adozione con origini austriache, è stata un’attrice. Fondamentale fu nel 1931 il trasferimento della famiglia a Trastevere. “Il mio modo di vedere le cose talvolta è ingenuo, un po’ infantile, ma sincero. Come i bambini della scalinata di viale Glorioso”, sta scritto sulla targa apposta sull’abitazione in cui il regista abitò fino agli anni della gioventù. Carlo Pepe, presidente di Ipermedia e membro della Commissione interna, ha esordito: “Con questa prima edizione intendiamo conferire a Sergio Leone il tributo che merita, proprio nello spazio dell’Auditorium - Parco della Musica a lui intitolato. Leone e Morricone sono stati due maestri dal talento assoluto”.

Come si erano conosciuti Ennio e Sergio? Alla Congregazione di Giovanni Battista de La Salle, istituto religioso maschile dei Lasalliani, dove il regista frequentò gli studi superiori e dove, secondo le cronache, conobbe il suo “alter ego musicale”, come ha raccontato Ernesto Gastaldi, presidente del Comitato d’onore. “Sono uno dei pochi amici di Sergio ancora in vita”, ha ironizzato il 91enne testimone, anch’egli regista e sceneggiatore.

Anno 1949, Leone si iscrive a Giurisprudenza e, al contempo, inizia a frequentare l’ambiente cinematografico: stringe un sodalizio con i registi Carmine Gallone e Mario Camerini, soprattutto Mario Bonnard, fratello del noto compositore Giulio Bonnard, lo prende sotto la sua ala protettrice. Negli anni Cinquanta il giovane debutta come aiuto alla regia”: è stato il direttore della seconda unità (non accreditato) in alcune produzioni hollywoodiane girate negli studi di Cinecittà, la cosiddetta Hollywood sul Tevere: Quo vadis (1951) e il colossal Ben-Hur (1959) vincitore di 11 premi Oscar. Ha diretto la famosa scena del duello delle quadrighe. “Basterebbe citare questo capolavoro di azione – è intervenuto Graziano Marraffa, presidente dell’Archivio storico del cinema italiano e membro del Comitato della prima edizione – per spiegare il genio dell’artista. La lavorazione durò più di un mese”. Al Circo di Gerusalemme Giuda Ben-Hur (Charlton Heston) sfida il suo acerrimo nemico Messala (Stephen Boyd): una sequenza lunga quasi 10 minuti girata al Circo Massimo e al Circo di Massenzio per rappresentare la lotta tra bene e male con la vittoria finale di Ben-Hur e la fatale caduta di Messala. Momento iconico del cinema italiano.

Anno 1954, Gli ultimi giorni di Pompei è la prima regia di Leone, film tratto da un soggetto al quale aveva partecipato in sede di sceneggiatura, sebbene nei titoli d’apertura comparve solo il nome di Mario Bonnard, che nel frattempo aveva lasciato la produzione per andare a dirigere Gastone con Alberto Sordi. Anno 1961, esordio definitivo, con la regia e la produzione del colossal Il colosso di Rodi, produzione a basso budget nonostante gli effetti speciali, che inventò un genere tutto italiano, il peplum, ossia i film storici in cui si fondono azione, fantasia e contesti biblici del periodo della Grecia antica e dell’Italia antica. “Sergio è stato come uno Shakespeare dell’epica cinematografica – ha chiosato l’amico Gastaldi – Difetti forse ne ha avuti, poteva risultare brusco e scontroso, ma la caparbietà e la cura dei dettagli sono stati i suoi pregi inequivocabili”.

Anni Sessanta, Leone si avvicina al western. Per un pugno di dollari (1964) rappresenta una sfida a distanza a La sfida del samurai di Akira Kurosawa (1961), al punto che il regista giapponese accusò l’omologo italiano di plagio, ottenendo come risarcimento i diritti esclusivi di distribuzione del film in Giappone, Corea del Sud e Taiwan, nonché il 15 per cento dello sfruttamento commerciale in tutto il mondo. Ma il capolavoro di Leone si compie quando Ennio Morricone, l’amico, l’alter ego musicale, il direttore d’orchestra attua uno stravolgimento che segna una tappa non solo nella storia della musica per film, ma nella composizione. Le sue note erano così risolutive che i registi americani facevano a gara per aggiudicarsi la sua collaborazione. “Se hai la colonna sonora di Morricone il film stravince”, dicevano.  È allora che l’amico Sergio gli fa una proposta rivoluzionaria: “Ennio scrivimi questa musica, ma non sul montato, sulla sceneggiatura”, come ha raccontato lo stesso nel docufilm sulla sua vita.

Il 1968 è l’anno di Cera una volta il West, girato nella Monument Valley, in Italia e in Spagna. Al soggetto collaborarono Bernardo Bertolucci e un Dario Argento ancora quasi sconosciuto, mentre la sceneggiatura è stata scritta e firmata da Sergio Donati insieme con Leone. Del film esistono due versioni: una di 175 minuti e una versione accorciata di 165 minuti, che fu quella che debuttò in sala. Intanto lepopea del western allitaliana nella mente del regista si sovrapponeva all’altra America degli anni Venti, così che per 15 anni Leone lavorò al suo progetto epico: Cera una volta in America, il film uscito nel 1984 incentrato sull’amicizia tra i due ragazzini ebrei, Max e Noodles e la loro carriera nella malavita. “Una favola per adulti”, la definì il regista per narrare in modo onirico, direi felliniano, l’intreccio di mafia, proibizionismo, antiproibizionismo con le vicende dei protagonisti allo scopo di sollevare una critica dura alla società americana e alle involuzioni del sogno hollywoodiano. L’opera ebbe grande successo in Europa, ma fu quasi un flop sul mercato statunitense, a causa dei rimontaggi voluti dalla produzione. Nel 2011 i figli di Leone hanno acquistato i diritti e attuato il reinserimento di 25 minuti di scene eliminate e del doppiaggio originale. La pellicola così restaurata dalla Cineteca di Bologna è stata proiettata nel 2012 al 65° Festival di Cannes, alla presenza di Robert De Niro ed Ennio Morricone.

Sposato per 29 anni con Carla Ranaldi, ballerina del Teatro dell’Opera di Roma e poi aiuto coreografa del marito, insieme hanno avuto i tre figli, Francesca, Raffaella e Andrea, gli ultimi due titolari e amministratori della Leone Film Group. Il regista è deceduto a 60 anni, il 30 aprile 1989, per un arresto cardiocircolatorio. “Rimpiango la sua morte – ha detto Gastaldi – All’epoca purtroppo non c’erano le cure di oggi. Il cinema ha perso un grande artista e un grande uomo e quest’arte dovrebbe ritrovare la natura popolare che Sergio seppe esprimere, perché oggi mancano l’emozione collettiva e la partecipazione. Manca la sala, mancano le sale piene, i film si vivono insieme”.

Collegato telefonicamente è intervenuto Eugenio Alabiso, montatore storico di Sergio Leone. Presenti alla libreria dell’Auditorium nella veste di giurati Corrado Solari, attore di Giù la testa; Giorgio Pacifici, giornalista scientifico e figlio di Alberto Pacifici della Rusconi Editore; Giuseppe Costigliola, giornalista e storico del cinema; Giuseppe Manfridi, autore e drammaturgo; Virginia Foderaro, editore indipendente; Natia Merlino, responsabile fundraising del Premio; Mariangela Petruzzelli, giornalista. Un intermezzo musicale, con al clarinetto Alberto Amato De Serpis, ha concluso la parte degli interventi prima della consegna dei Premi 2025. “Abbiamo voluto Sergio Leone come ideale promotore di nuovi talenti cinematografici perché è stato uno straordinario innovatore di linguaggi – ha concluso Graziano Marraffa – Auguriamo ai partecipanti di ereditare il suo coraggio di sperimentare”.

Aggiornato il 17 dicembre 2025 alle ore 14:06