Quando la parola è musica

Avevo una consistente raccolta di musica classica, discografica e di compact disc. Era di una certa rarità, purtroppo dispersa per incuria irresponsabile di trasportatori. Comunque, mantengo centinaia di compact disc e discografia. È profondamente interessante ascoltare gli interpreti del passato, non soltanto per la qualità degli interpreti, pressoché sempre superiore e di molto superiore a quella odierna, ma anche per certe originalità interpretative. Quello che diventa palese in modo netto è l’apporto dell’interprete. Un interprete riesce a valorizzare ciò che manifesta in diramazioni personali, uniche. Scopriamo non soltanto la differenza tra gli interpreti, ma la differenza degli interpreti da se stessi. Ho delle registrazioni di  Enrico Caruso che accostano il medesimo brano in differenziate esecuzioni. Totalmente mutate. Ad esempio: Questa o Quella per me pari sono (Rigoletto) la cantava in maniera come riflessiva oppure divertitamente, giovanile, menefreghista. E in entrambe le formulazioni è vero. Similmente, sempre nel Rigoletto: Bella figlia dellamore, ora ingannevole ora sedotto. Si coglie l’importanza dell’interprete e come un autore tiene immensamente agli interpreti. Giacomo Puccini attendeva la disponibilità di Enrico Caruso. I rapporti di Francesco Tamagno con Giuseppe Verdi devono essere stati più o meno della stessa intensità necessaria. La gioia di un autore al sentirsi interpretato appropriatamente, perfino con immissioni lecite, credo sia inarrivabile. Ma, dicevo, la stessa “aria” non è la stessa aria, cambia non soltanto da cantante a cantate, lo stesso cantante cambia se stesso. Vale anche per i direttori di orchestra.

Abbiamo perduto voci incredibili, a quanto sembra .Qualche comparazione con un passato non lontanissimo è tuttavia possibile. Le voci sopranili erano diversissime dalle odierne. Esili, raffinate, sensibilissime, femminilissime, limpide, niente gutturalità, niente coloriture annerite, intenebrate. Si tendevano, si estendevano, si sospendevano: mai incrinature, seriche, lunari, con dizione argentina, usignoleggiavano (Toti Dal Monte, Rosa Ponselle, un cenno), spesso difettavano di callasismo, ossia della caratteristica di Maria Callas, gravare la voce, perdere lindore ma arricchirsi di peso emozionale. Dalla sensibilità esile lirica alla potenza. Ovviamente non tutte le soprano callaseggiavano, ma quelle che si mantengono al pulito limpido del passato non hanno la raffinatezza antica. Non sono inferiori, solo non hanno quella timbricità esiliforme, gattesca. È una caratterizzazione affascinante d’epoca.

La qualità scade nelle voci maschili. Imparagonabili. Non dico l’insormontabile Enrico Caruso che afferrava a colmo volume gli acuti. Caruso non si spremeva negli acuti, li gettava a voce di petto in totale dominio. E manteneva una voce da tenore con spessore baritonale, una combinatoria unica. Gli altri si spremono. Caruso emana possente. Per carità, un Aureliano Pertile estende la voce a punta di lancia, da riascoltarlo illimitatamente. Anche Giacomo Lauri-Volpi, mi riferisco a Il Trovatore – ovviamente riduco al minimo – in talune esibizioni, Otello, Mario Del Monaco vale, così Franco Corelli nell’Aida, Giuseppe Di Stefano in Cavalleria Rusticana. Ma davvero sono esempiucci, scadiamo di qualità avvinandoci al presente. Nel campo maschile taluni sono nullità costruite, altri modesti rispetto al passato. Non   c’è possibilità di confronto, non vi è ascoltabilità. Ma limito radicalmente la descrizione. Se ascolto Boris Hristov nel Boris Godunov, Dmitrij ChvorostovskijKathleen Battle, ma sono puntini, e fare paragoni odierni, sgomenta e chiudiamo la porta.

Il rapporto voce/strumento, voce/suono è l’espressione massimamente armoniosa. Taluni compositori hanno raggiunto accordi da incatenare. Il canto con fondo musicale costituisce l’emanazione naturale dell’uomo. Il suono è più naturale della parola e del resto ha il pregio della musicalità. La stessa poesia, la stessa prosa se non contengono musicalità sono candele spente. Non credo esista espressività paragonabile alle ultime battute della Nona Sinfonia di Ludwig Van Beethoven dove l’emissione vocale/musicale è scatenata. Per dire: manteniamo queste mirabilie. Diventiamo ciò che ammiriamo!

Aggiornato il 16 dicembre 2025 alle ore 15:01