Visioni. “John Candy: I Like Me”, un appassionato ritratto del comico canadese

È stato uno degli attori più amati di tutti i tempi. John Candy, ammirato da diverse generazioni di spettatori, ha rappresentato un modello assoluto di inarrivabile comicità. Colin Hanks (figlio di Tom), al terzo documentario, dopo All Things Must Pass: The Rise and Fall of Tower Records del 2015 ed Eagles of Death Metal: Nos Amis (Our Friends) del 2017, firma un appassionato ritratto del comico canadese: John Candy: I Like Me. Presentato in anteprima, come film d’apertura della 50ª edizione del Toronto International Film Festival, il documentario, prodotto da Ryan Reynolds per Amazon, è visibile in streaming su Prime Video. Attraverso le testimonianze di chi ha conosciuto John Candy, la ricostruzione della vita dell’interprete è un sincero omaggio alla sua riconosciuta umanità. Viene narrata la sua storia, grazie alle interviste, alle immagini di un tempo e ai filmati d’archivio inediti. Il film ripercorre le vicende private, la carriera e la scomparsa di un uomo semplice, un padre affettuoso, un attore di eccezionale talento. Capace di divertire ed emozionare, è stato artefice di una strepitosa carriera caratterizzata da irresistibili ruoli comici e intensi profili drammatici di rara umanità. Un attore unico, un uomo tormentato dall’ansia, che ha vissuto la propria fisicità con ironia e invidiabile fatalismo.

John Candy scompare a soli 43 anni nel 1994, a causa di un infarto e lascia un incredibile retaggio costellato da numerosi successi come Splash - Una sirena a Manhattan (Splash) di Ron Howard (1984), Balle spaziali (Spaceballs) di Mel Brooks (1987), Un biglietto in due (Planes, Trains & Automobiles) del 1987 e Io e zio Buck (Uncle Buck), del 1989, entrambi firmati da John Hughes e Mamma, ho perso l’aereo (Home Alone) di Chris Columbus, del 1990. Candy è stato anche uno dei protagonisti della commedia d’improvvisazione canadese The Second City. A conferire il tono ironico e insieme amaro del documentario è un caro amico del protagonista: Bill Murray. L’attore, con il proverbiale umorismo caustico, si dice “dispiaciuto di non poter dire nulla di negativo sull’amico”. Seguono le parole degli attori Steve Martin, Catherine O’Hara, Tom Hanks, Dan Aykroyd, Macaulay Culkin; e dei registi Mel Brooks e Chris Columbus.

Ma, al di là dell’ironia, John Candy: I Like Me mostra il lato oscuro di un uomo perennemente sorridente. L’attore, figlio di Sidney James Candy (1920-1955) ed Evangeline Aker (1916-2009), cresce a Toronto, insieme al fratello Jim (1947-2011), in una famiglia cattolica della classe operaia canadese. La morte del padre, scomparso a soli 35 anni per una patologia cardiaca, avviene quando John ha solo cinque anni. Una perdita che lo segnerà profondamente. In seguito, frequenta numerosi laboratori di recitazione e partecipa, sin dalla prima giovinezza, a diverse audizioni. Dopo le prime apparizioni televisive, la carriera di Candy registra una svolta decisiva nel 1979. Steven Spielberg lo chiama a recitare nella sua bella ma sfortunata commedia: 1941 - Allarme a Hollywood (1941). Nel film appare al fianco di John Belushi, Dan Aykroyd e Ned Beatty. Dopo la partecipazione al capolavoro di John Landis, The Blues Brothers (1980), arriva al successo con Stripes - Un plotone di svitati (Stripes) di Ivan Reitman, con Bill Murray e Harold Ramis.

Da quel film partecipa a numerosi progetti cinematografici conservando la propria identità e un approccio giocoso. Ma, come sottolineano i figli Chris e Jennifer, e la moglie Rose, sono due i personaggi che meglio hanno costituito il suo profilo di uomo e attore comico e dolente, entrambi scritti dall’amico e sodale John Hughes (sceneggiatore e regista scomparso nel 2009): il primo è Del di Un biglietto per due; il secondo è lo zio in Io e zio Buck. L’attore quando legge il copione di Un biglietto per due resta folgorato. “Quel personaggio – dice – sembra scritto appositamente per me”. Non a caso, è Del che pronuncia la battuta scelta come sottotitolo del documentario: “I like me!”. In questa affermazione è condensato il dramma dell’interprete: l’accettazione di sé. Successivamente, è la volta della sceneggiatura di Io e zio Buck. Un testo, poi diventato film, che delinea, con acume, l’aspetto tragicomico di Candy: quello dello zio Buck. Un personaggio bonario e fuori dagli schemi che rappresenta, con puntigliosa pervicacia, il disincantato infantilismo di un attore unico.

Aggiornato il 07 novembre 2025 alle ore 18:20