Le voci femminili hanno dominato il palmarès della 20ª Festa del cinema di Roma. Il premio del Miglior film del concorso Progressive Cinema è stato assegnato a La mia famiglia a Taipei (Left-Handed Girl), firmato dalla produttrice cinematografica taiwanese-americana Shih-Ching Tsou. Un apologo dal respiro intimo e universale, che arriverà nelle sale a Natale. Il ventesimo anniversario della kermesse capitolina è stato festeggiato con numeri record: 116.503 presenze (+6 per cento); più di 430 proiezioni; 82mila biglietti emessi (pubblico e accreditati). “La decisione sui premi è stata difficile, perché la selezione era veramente incredibile. È stata fatta con grande, grande cura”, ha detto Paola Cortellesi, presidente del concorso. “Abbiamo avuto l’opportunità e il grande stimolo di dibattere subito dopo ogni film che abbiamo sempre visto, sempre tutti insieme. Questa è una cosa bellissima. Mi mancherà vedere tre film al giorno, perché credo che ormai siamo così abituati a farlo, però è bellissimo discuterne subito e parlarne, mettere sul piatto i vari punti di vista per poi prendere una decisione”.
Oltre all’attrice-regista romana, la giuria era composta dal regista e sceneggiatore finlandese Teemu Nikki, dal regista e sceneggiatore britannico William Oldroyd, dallo scrittore e illustratore statunitense Brian Selznick e dall’attrice franco-finlandese Nadia Tereszkiewicz. Il Gran Premio della Giuria è stato assegnato a Nino di Pauline Loquès; la Miglior regia è andata a Wang Tong per Chang ye jiang jin (Wild Nights, Tamed Beasts); la Miglior sceneggiatura ad Alireza Khatami per The Things You Kill; Miglior attrice – Premio “Monica Vitti” è stata giudicata Jasmine Trinca per Gli occhi degli altri di Andrea De Sica; Miglior attore – Premio “Vittorio Gassman” ad Anson Boon per Good Boy di Jan Komasa; Premio speciale della Giuria al cast del film 40 secondi.

Il premio Miglior opera prima Poste Italiane è stato assegnato a Tienimi presente di Alberto Palmiero. È stata inoltre assegnata una Menzione speciale agli attori Samuel Bottomley e Séamus McLean Ross per California Schemin’ di James McAvoy. Il premio miglior documentario è stato assegnato a Vuna & Alaska di Yegor Troyanovsky. Il Premio del pubblico Terna è stato assegnato a Roberto Rossellini - più di una vita di Ilaria de Laurentiis, Andrea Paolo Massara e Raffaele Brunetti. In una cerimonia di premiazione condotta da Ema Stokholma, Jasmine Trinca sul palco, ha detto che “abbiamo tutti una fortuna, perché il cinema ci costringe all’empatia ci costringe a stare seduti, a guardare che le cose accadano e che le cose esistano. Ad ascoltare la voce, la voce di qualcuno, la voce di una bambina di sei anni che viene ammazzata da gente disumana in Palestina, come la voce di una donna, che cerca nel proprio corpo, nel proprio desiderio, la voglia di libertà e di emancipazione. E quindi il mio pensiero è veramente per tutte le donne che questa voce l’hanno trovata, per quelle che non pensavano di averla, per quelle che, mentre la cercavano, sono state zittite da uomini violenti”. Un momento polemico è stato assicurato Alireza Khatami. Il regista-sceneggiatore ha accusato i “festival del cinema di essere stati creati come uno strumento statale per servire gli interessi del potere coloniale”. E ha aggiunto: “Non scambiamo il vostro blando razzismo per neutralità, non esiste neutralità quando si parla di genocidio (come a Gaza, ndr)”.
Il bilancio di Salvatore Nastasi, presidente della Fondazione cinema, è altamente positivo. In un’intervista a Repubblica parla della Festa di Roma. “Mi ha colpito la qualità del pubblico, dei film, la quantità di giovani. Ho visto la commozione di Luc Besson per Dracula davanti alla folla sul tappeto rosso. Il tratto distintivo della Festa è proprio questo, i ragazzi assiepati lungo il red carpet, la generosità degli artisti: dicono che staranno poco, poi si fermano, firmano, parlano”. I risultati concreti? “Tutti i dati in crescita: presenze, biglietti, affluenza. Ma al di là dei numeri, mi ha colpito la scelta delle giurie, la profondità delle motivazioni”. E tanto cinema italiano. “La Festa è una casa per gli autori e per il cinema italiano in tutta la sua varietà. I premi lo provano: Jasmine Trinca, il doc su Rossellini, Alfieri con 40 secondi. Segni di un movimento vitale. Dopo Venezia e Cannes molti dicevano che non ci fosse più spazio per il nostro cinema. Non è vero: è un cinema indipendente, coraggioso, giovani registi con storie vive, frutto di anni di investimenti e fiducia: il pubblico ha risposto con entusiasmo”. Cosa c’è da aggiustare? Per Nastasi “si può sempre migliorare: Roma è ancora da esplorare. Abbiamo bisogno di altri spazi. Lo dirò ancora al sindaco Roberto Gualtieri. Le proiezioni al Giulio Cesare e al Maxxi sono state travolgenti. Molti spettatori si sono costruiti un percorso di festival diffuso, vicino casa. Dobbiamo moltiplicare le opportunità, anche con le sale private: arrivare più a fondo nel tessuto della città”. La Festa propone troppi film? “È una critica che sento ogni anno”, sottolinea Nastasi. “Ma è anche il senso della Festa: non ristretta ma aperta, metropolitana, trasversale, con un pubblico dai 14 ai 100 anni. Offrire tanto e per tutti è la nostra natura”.
Aggiornato il 27 ottobre 2025 alle ore 17:19
