Visioni. “Steve”, un film sulla scuola dal ritmo espanso

Cillian Murphy è il mattatore assoluto del film Steve. Nel quarto lungometraggio firmato da Tim Mielants, l’interprete premio Oscar (Miglior attore protagonista per Oppenheimer di Christopher Nolan) si prende letteralmente la scena, come un autentico docente. Il regista belga punta sul cinema verità per raccontare il complesso universo didattico costellato da un difficile confronto tra studenti e insegnanti. Mielants riduce per lo schermo Shy, il romanzo dello scrittore britannico Max Porter (anche autore della sceneggiatura). Il film, presentato in anteprima al Toronto Film Festival, visibile in streaming su Netflix dal 3 ottobre 2025, si segnala per una messa in scena dal ritmo espanso. Un passo dilatato che rifugge, in maniera deliberata, la contemporanea frammentarietà narrativa. Lo sguardo che il regista e l’attore riservano al mestiere dell’insegnante è volutamente rispettoso. Un dramma condensato in 90 minuti secchi, retti quasi esclusivamente dal protagonista. Inevitabilmente il contesto determina il tono della rappresentazione, caratterizzata da una tensione emotiva sempre pronta a deflagrare.

Da Robin Williams de L’attimo fuggente (Dead Poets Society) di Peter Weir a Ryan Gosling di Half Nelson di Ryan Fleck, da Silvio Orlando de La scuola di Daniele Luchetti fino al recente Paul Giamatti di The Holdovers di Alexander Payne, il mondo scolastico ha sempre affascinato il cinema. E la storia di Steve ne è un esempio perfetto. Il racconto è ambientato in Cornovaglia (zona sud-occidentale della Gran Bretagna), nel 1996. Il preside (Cillian Murphy) lotta, letteralmente, per la sopravvivenza del suo istituto di riforma per ragazzi in difficoltà. Contestualmente deve occuparsi della sua salute mentale. L’uomo porta con sé un trauma non risolto, ma tenuto a bada, attraverso un percorso che segue la logica dell’auto-distruzione. Il risultato è di notevole potenza narrativa. Il confronto diretto tra docente e studente è il metodo irrinunciabile per la pratica di un’educazione solidale. La narrazione segue Steve lungo un’intera giornata di lavoro, salvaguardando la probità dell’istituto dalla prossima chiusura, mentre si occupa dei ragazzi ospitati nella scuola. Segue, con particolare dedizione Shy (Jay Lycurgo), un adolescente dal passato tumultuoso. A questo proposito, si registra lo scarto principale tra il testo originario e la sua trasposizione cinematografica. Poiché nel romanzo, Shy rappresenta il protagonista e il punto di vista da cui viene narrata la storia.

Nel film, con tutta evidenza, Tim Mielants decide di mettere in luce l’eccezionale presenza scenica di Cillian Murphy. E l’attore, con ammirevole generosità, si carica sulle spalle l’intero film. L’interprete riesce a delineare un personaggio di sicuro effetto e di lodevole umanità, rendendo esemplare, come il cinema ci ha ampiamente insegnato, l’autorevolezza di un ruolo sociale (quello dell’insegnante) spesso ingiustamente sottovalutato e, come risulta chiaro dalla scrittura di Max Porter, costantemente messo in discussione. Un dato biografico rende ancora più interessante l’interpretazione appassionata del protagonista. Murphy, infatti, nasce il 25 maggio 1976, in una famiglia in cui l’insegnamento non rappresenta semplicemente un mestiere ma, addirittura, una vocazione. L’attore è originario di Douglas, un sobborgo di Cork, in Irlanda. La madre, Jane, è stata insegnante di francese; mentre il padre, Brendan, ha lavorato al Dipartimento dell’Istruzione. Anche il nonno e alcune zie e zii sono stati insegnanti. Steve è sicuramente un film fuori dal tempo. Ma il suo fascino risiede proprio in questa sua alterità. Un sincero elogio della lentezza. Facce, parole e occhi costituiscono l’idea poetica di una regia di bergmaniana memoria. Cadenzato da un’orgogliosa ostilità al passo rapido, in un’epoca regolamentata dall’algoritmo (nonostante Netflix), Steve mostra una crescente tensione drammatica, tuttavia teatralmente sublimata. Specie nel nucleo centrale del racconto. D’altro canto, la conclusione, di notevole impatto drammaturgico, richiama un’aristotelica catarsi emotiva.

Aggiornato il 10 ottobre 2025 alle ore 18:20