Il mio amico Giuseppe Verdi

Viviamo con chi non vive, vale a dire, viviamo di passato almeno quanto viviamo con di presente. Questo è il pregio dell’uomo: accumulare anche il passato, ampliarsi, avere memoria. Quanto più le società diventano civiltà, maggiormente cresce la voglia di far parte del passato. Chi non avrebbe voluto accostarsi ad Aristotele, a Lucrezio, a Giulio Cesare, ma poiché è impossibile, sostituiamo la conoscenza diretta con la conoscenza come tale, il sapere. Talune vicende o taluni personaggi li amiamo a tal punto da renderli partecipi nella nostra vita e renderci partecipi della loro vita. A tale grado che soffriamo, gioiamo delle vicende che vissero non meno di quanto accade con le persone viventi. Di taluni personaggi diventiamo, non so, figli, padri, fratelli e poiché in fondo l’amore è un sentimento di conoscenza, conosciamo ciò che amiamo, vorremmo sapere tutto di coloro che amiamo e quanto più sono lontani nel tempo, maggiore è la voglia di conoscere appunto in quanto non li conosciamo direttamente. Sicché, poniamo di appassionarci a Ludwig van Beethoven, cerchiamo di conoscere ciò che lo riguarda, ascoltiamo la sua musica, ci fa addolorare la sua infelicissima esistenza, detestiamo il nipote Karl, disprezziamo il suo servitore Schindler, patiamo per la sua sordastria, la morte solitaria diventa una piaga nostra, ma tutto quanto lo riguarda diventa nostro. Potrei farne di esempi, ciascuno o molti di noi hanno i loro amori nel tempo che fu. Ma sembrano formulazioni oniriche.

Accade invece qualcosa di sorprendente. Poniamo che abbiamo amore culturale per Giuseppe Verdi, ovviamente nel campo musicale. Conosciamo le sue opere, conosciamo la sua vita, il suo carattere, la infelicità del suo primo matrimonio con la consorte e i figli morti precocemente, il secondo matrimonio con la cantante Giuseppina Strepponi, l’ironia di Verdi verso la moglie credente e religiosa, laddove Verdi non lo era affatto, pur componendo forse la più tragica Messa da Requiem nella storia della musica, ci sono familiari tanti episodi del suo carattere burbero. Ma ci sembra lontanissimo, in un XlX secolo millenario. Poiché ciò che amiamo lo avvolgiamo in un’atmosfera quasi di irrealtà, di mondo fantastico, non immaginiamo minimamente che Ludwig van Beethoven, Giuseppe Verdi, Gioachino Rossini, Vincenzo Bellini fossero individui con i piedi sulla terra. Recentemente, con i nuovi mezzi di comunicazione avviene un capovolgimento; la realtà, sia pure in immagini, è quella reale, comune, corrente e sbalorditivamente, almeno per chi amava questi personaggi sognandoli, invece tornano nel mondo come persone. Sicché, per rinominare Giuseppe Verdi, abbiamo l’incredibile immagine di Giuseppe Verdi seduto, di Giuseppe Verdi in strada che legge un giornale, di Giuseppe Verdi insieme a Giulio Ricordi, di Giuseppe Verdi insieme al cantante Victor Maurel. Semplicemente, come un comune cittadino. Incredibile, si poteva incontrare Giuseppe Verdi nelle vie di Milano! Ma come era possibile? Giuseppe Verdi, così, come un qualsiasi cittadino!

Cosa bisognava fare, abbracciarlo, gridare di gioia? Non era possibile che Verdi fosse un cittadino che camminava, così, per strada, oltretutto con un aspetto senza alcunché di romantichesco, dignitosissimo, eretto, con un volto serio, concentratissimo. Che meraviglia! Eppure camminava per le strade di Milano. Questo insieme di grandezza interiore e di semplicità esteriore frastorna, sembrerebbe che questi personaggi che amiamo vivono in un altro mondo; noi li poniamo in un mondo diverso ed invece la loro grandezza sta nell’essere totalmente umani. Resta che io di sicuro a incontrare Verdi gli avrei cantato tante arie di basso-baritono, e mi avrebbe scritturato come Filippo nel Don Carlos. Scherzo relativamente, i melomani sono irrefrenabili, incontrando un celebre violoncellista e direttore russo, Mstislav Leopol'dovič Rostropovič, tanti anni andati, a piazza del Popolo, Roma, mi precipitai e di botto vociferai il concerto per violoncello di Antonin Dvorak, in piazza, a voce alta. In queste articolazioni comunicative odierne scopriamo interessantissime notizie, immagini di Giacomo Puccini, lettere, biglietti, stati d’animo, e accresce la stima con la conoscenza. Eccolo, giovane, gli occhi malinconici e sgranati.

Che potrebbe diventare la società, se diffondesse intensamente queste notizie, queste immagini. Basterebbe l’immagine di Giuseppe Verdi, fermo, saldo, serio, nobile interiormente e nell’aspetto, a suscitare stima, o lo sguardo largo, malinconico, del giovane Puccini, dicevo. E gruppi nei quali stanno insieme Puccini e Gabriele D’Annunzio! Un accrescimento di conoscenza, non uno scadimento, il contrario, immedesimazione. Conoscenza come amore. Giuseppe Verdi, eretto, concentrato, che legge una quotidiano. Ma mi sembra ormai di averlo conosciuto. Un amico. Ne sono certo. Saremmo stati amici. Ed anche con Giacomo Puccini. E Franz Schubert. Del resto, sono diventato amico di tutti coloro che da ragazzo amavo leggendoli.

Aggiornato il 24 settembre 2025 alle ore 14:19