
La nostra magnifica ossessione. Bernardo Bertolucci e la sua generazione è un appassionato documentario che narra le vicende umane e artistiche di un genio del cinema. L’unico cineasta italiano ad aver vinto il Premio Oscar per la Miglior regia. Il film, prodotto da Minerva Pictures e Arte, in collaborazione con Rai Documentari, firmato dal critico e giornalista Marco Spagnoli, celebra il maestro del cinema, attraverso testimonianze inedite, retroscena mai divulgati, interviste televisive, interventi pubblici, lezioni, incontri, filmati di repertorio tratti dai suoi set e dagli stessi film. La magia di Bernardo Bertolucci è racchiusa in 16 lungometraggi entrati nella storia del cinema: dall’esordio pasolinano de La commare secca (1962) al profetico Prima della rivoluzione (1964), dall’enigmatico Partner (1968) al successo de Il conformista (1970), dal sorprendente film per la tivù Strategia del ragno (1970) allo scandaloso Ultimo tango a Parigi (1972), dall’epico Novecento (1976) al provocatorio La luna (1979), dall’incompreso dramma borghese de La tragedia di un uomo ridicolo (1981), alla consacrazione internazionale (con ben 9 Oscar) de L’ultimo imperatore (1987), dal letterario Il tè nel deserto (1990) al mistico Piccolo Buddha (1993), dal lirico Io ballo da sola (1996) al pudico L’assedio (1998), dal travolgente The Dreamers (2003), fino al conclusivo Io e te (2012).
Il documentario percorre un avvincente viaggio in una meravigliosa epoca del nostro cinema d’arte. Ispirandosi al titolo che lo stesso Bertolucci sceglie nel 2010 per un suo libro edito da Garzanti, La mia magnifica ossessione. Scritti, ricordi, interventi, Spagnoli omaggia il senso di stordimento che il regista prova per il cinema e per la vita. Un artista capace di conquistare i premi più celebrati (dalla Palma d’oro onoraria al Leone d'oro alla carriera) riuscendo influenzare registi come Martin Scorsese, Francis Ford Coppola e Woody Allen. Dopo il circuito dei festival, il film è approdato in tivù. La prima visione assoluta di La nostra magnifica ossessione. Bernardo Bertolucci e la sua generazione è andata in onda ieri sera, alle 21.20 su Rai 3 e, in contemporanea streaming, anche sulla piattaforma di RaiPlay. Spagnoli realizza il ritratto di un autore colto, orgogliosamente cinephile, insieme popolare, commerciale e internazionale narrato dal punto di vista dei componenti della sua eccezionale famiglia artistica. Della quale fanno parte: il grande direttore della fotografia Vittorio Storaro, il raffinato musicista Gato Barbieri, l’attrice di culto Stefania Sandrelli, il regista e sceneggiatore del brivido Dario Argento.
Il film svela i segreti di un metodo di lavoro unico. Un cinema onirico, studiato in tutte le università del mondo, che si traduce in una messa in scena altamente poetica, cadenzata da lunghi piani sequenza, che lascia molto spazio a una meditata improvvisazione. Le difficoltà produttive, i litigi e le incomprensioni con gli innumerevoli compagni di viaggio, la pura ispirazione, il coraggio dell’improvvisazione: sono solo alcuni degli elementi che mette in luce il documentario. Spagnoli è interessato, soprattutto, a raccontare i primordi del regista parmense: i rivoluzionari (in senso politico e cinematografico) anni Sessanta. Dalla sana rivalità con Marco Bellocchio all’amicizia dell’iconico mentore Pier Paolo Pasolini, fino alla devozione per Jean-Luc Godard, all’amore per la Nouvelle Vague francese e il cinema classico americano. Il documentario riporta le voci ammirate di amici e colleghi di Bertolucci: i registi Wim Wenders, Liliana Cavani, Daniele Luchetti Pupi Avati; le attrici Adriana Asti, Marisa Paredes, Stefania Casini e Tea Falco; l’attore Jacopo Olmo Antinori; lo scrittore Niccolò Ammaniti; il produttore Vittorio Cecchi Gori.
A definire Bertolucci “un magnifico sognatore” è un commosso Wim Wenders. Secondo Stefania Sandrelli, che è stata diretta da Bertolucci in Partner, Il conformista, Novecento e Io ballo da sola, “Bernardo ha reso i suoi sogni i nostri”. Per il critico cinematografico Piero Spila, “non c’è un film di Bertolucci in cui non si vada oltre alla riproduzione della realtà così com’è. C’è sempre un valore aggiunto espressivo, magari dato da una luce particolare o da un movimento di camera. Lui era uno di quei registi che, mentre faceva cinema si interrogava sul cinema”. Felice Laudadio, critico e direttore di festival, sottolinea il carattere psicanalitico dei film di Bertolucci. La psichiatra Flavia Salierno conferma l’analisi. “Tutto il suo cinema trasuda psicoanalisi, perché si entra da spettatori, ma poi è come se si facesse parte dei suoi stessi sogni. Molto più di altri registi, Bertolucci è riuscito a mettere nei suoi film la rappresentazione della continua diatriba tra Eros e Thanatos, tra pulsione di vita e pulsione di morte: ha rappresentato direttamente l’irrappresentabile, l’indicibile”.
(*) La prima foto ritrae Bernardo Bertolucci sul set
(**) La seconda foto ritrae Bernardo Bertolucci insieme a Jean-Luc Godard e a Pier Paolo Pasolini
Aggiornato il 12 settembre 2025 alle ore 18:53