Venezia, Bellocchio presenta “Portobello”, la serie dedicata a Tortora

Marco Bellocchio spiega la sua visione di Enzo Tortora. Il cineasta ha firmato la regia di Portobello, una serie tivù in sei puntate, targata Hbo Original (per la nuova piattaforma streaming Hbo Max), che sarà pronta a marzo 2026, presentata fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia. Alla proiezione dei primi due episodi ha partecipato anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Nel cast della serie, scritta dal regista insieme a Stefano Bises, Giordana Mari e Peppe Fiore, oltre a Fabrizio Gifuni che veste i panni di Tortora, figurano anche Lino Musella, Barbora Bobulova, Romana Maggiora Vergano, Davide Mancini, Federica Fracassi, Carlotta Gamba, Giada Fortini, Massimiliano Rossi, Pier Giorgio Bellocchio, Alessio Praticò, Gianfranco Gallo (nel ruolo di Raffaele Cutolo) e un cameo di Alessandro Preziosi. “Mi attirava il fatto – sostiene Bellocchio – che non era un eroe ma una persona comune con cui non condividevo nulla, neppure la dimensione estetica anche se lui era, a suo modo, anche un grande lettore. L’essere poi un liberale dichiarato me lo rendeva del tutto estraneo. Eravamo a quei tempi impegnati ideologicamente in altre direzioni e lo guardavamo così con un certo distacco chiedendoci: Chi si crede di essere mai questo intellettuale all’inglese?”. Il regista de I pugni in tasca ricorda: “Improvvisamente, quando Tortora è stato messo dentro, essendo completamente innocente, ho sentito il desiderio di raccontare la sua storia come rappresentazione di un’ingiustizia perpetrata troppo a lungo. Tra l’altro lo spunto mi è venuto dalla lettura dal suo libro Lettere a Francesca ovvero quello che lui ha scritto alla sua compagna, Francesca Scopelliti, dal carcere”.

La serie televisiva, di cui sono pronte per ora solo le due prime puntate, è altamente politica con la denuncia di una magistratura inetta, proprio come certa politica, risvolti su terrorismo, camorra e dissociazione dalla criminalità, ma anche della latitanza Rai di fronte all’arresto del conduttore. Siamo nel 1982 e Tortora (Gifuni) con Portobello vola a 28 milioni di spettatori in prima serata e con Sandro Pertini che lo nomina commendatore della Repubblica. È il re assoluto della tivù anni Ottanta. Giovanni Pandico (Musella), uomo di fiducia del boss Raffaele Cutolo e spettatore assiduo di Portobello dalla sua cella, decide di pentirsi. Interrogato dai giudici fa un nome inatteso: Enzo Tortora. Quando il 17 giugno 1983 i carabinieri bussano alla sua stanza d’albergo, Tortora pensa a un errore.   Dice Bellocchio: “Quella vicenda fu una ferita che ha lasciato un segno profondo sullo sfondo di un’Italia che sta nel frattempo cambiando faccia. Iniziai, comunque, ad appassionarmi a questa vicenda anche per capire come mai un personaggio così popolare avesse accumulato tanta antipatia. Un uomo poi, comunque, di una libertà totale nel prendere posizioni, uno che aveva scontato sette anni di esilio per aver criticato la Rai e la sua dirigenza e si batteva per le tivù libere. In quegli anni scriveva cose di grande forza in un personaggio né democristiano, né comunista né massone”. Gifuni racconta le difficoltà nell’interpretare Tortora: “Mi ci è voluto un lungo tempo di maturazione per entrare in questo personaggio cercando di partire da un dato emotivo interno. Cerco sempre di non partire dalle maschere, ma facendo così è come fare un salto nel buio”. E ancora l’attore: “È una storia per certi versi kafkiana la sua, che ricorda molto Il processo. Una vicenda terribile e molto complessa in cui pesa molto la casualità e poi c’è il fenomeno dell’odio della gente che dopo avergli decretato il successo non vede l’ora di sbranarlo”. Infine, Musella dice: “Sono davvero felice della fiducia che mi è stata accordata da Bellocchio e del rapporto di telepatia che ho instaurato con Gifuni. Per quanto riguarda il mio personaggio, è davvero una maschera pericolosa difficile da tirar fuori”.

Aggiornato il 03 settembre 2025 alle ore 18:00