Una bancarella, libri disordinati come stracci, guardo, libri da rispettare, smuovo, prendo, acquisto, cammino, panchina, siedo, sfoglio una Storia della letteratura italiana, nota, degli anni Cinquanta, testi, commenti, sfoglio, dicevo, e rivedo amici indimenticati, Lorenzo il Magnifico, Agnolo Poliziano, Francesco Guicciardini, sfoglio, Gaspara Stampa. Torquato Tasso, Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti, Ludovico Ariosto, Girolamo Savonarola, leggo, certo, conosco e riconosco “quanto è bella giovinezza che si fugge tuttavia”, ma leggo adesso che la mia giovinezza è fuggita, ed è tutt’altro sentire. leggo Gaspara Stampa, versi talvolta intorcinati per groviglio di passione amorosa. Ah sì, l’amore che dà infelicità. E Tasso, Erminia, la vedo, fugge, cerca la quiete, la distanza come la invocava l’angosciatissimo Autore, Erminia la trova, un luogo semplice, la natura, gli animali, la famiglia, Erminia si pacifica delle guerre, i versi hanno la scorrevolezza narrativa che potremmo leggere senza mai fermare il piacere dalla stanchezza. Ma leggo pezzi di una lettera sterminata che Tasso inviò a Scipione Gonzaga, neanche Sant’Agostino, neanche Pascal, neanche San Paolo vertiginano deliri sulla salvezza, la fede, l’inspiegabile esistenza da spiegare ma che può restare inspiegabile... Il disperatissimo Tasso volle rendersi osservantissimo al Cattolicesimo proprio perché angosciosissimi dubbi lo rovinano. In mezzo vi era La Gerusalemme liberata. Non era sufficientemente osservante? Non un timore esterno, in Tasso, ma il terrore della dannazione. Ed il difficile capire con la ragione. Gli mancassero altre turbe, questa lo impazziva, e lascia una traccia immortale della mente umana alle prese con l’enigma dell’essere o dell’Essere. E tuttavia accade il sortilegio dell’arte e del pensiero sentito: un afflusso di vita sgorga da scritti pur così tanto contristati. Il dolore, il pensiero, intensamente espressi diventano, sono vitalità. Tutto ciò che è intenso, addirittura tragico accresce, la mediocrità anche ottimista impoverisce. Nemica della vita non è l’infelicità, è la mediocrità.

Occorre radicalmente ripristinare la classicità e misurarci con l’intera civiltà, non scorrazzare nel campetto dei nostri anni. Avremmo la percezione di che mirabilie hanno compiuto gli uomini. Ma come ho potuto non rileggerli da anni! Mi vengono incontro quali compagni di giovinezza, amici di scuola, fianco a fianco, e mi avvedo istantaneamente: sono rimasti vigorosissimi! Possibile? Esiste la giovinezza eterna? Michelangelo Buonarroti scrive ad un parente che tratta male suo padre. Sembra batta a ferro, colpi non parole, e suonano come allora. Certezza che quel dire è fare, e se il destinatario sgarra ne avrà da pentirsi a vita. E poi invece, sempre Michelangelo, la garbate lettere a Giorgio Vasari, e il dolore per la morte di un suo aiutante, ed in tutto ciò la coscienza perenne del sentirsi come niente, e la morte, e la salvezza che nei sonetti insistono, e svelano che la religione, in ogni caso, attinge sfere di tensioni elevatissime. Pervengono all’estremo in Savonarola. Leggo un sermone, forse degli ultimi, nella certezza che lo avrebbero ucciso e nella certezza che non altro compiva che l’ossequio alla volontà di Dio! Uno può essere ateo, considerare presso che follia volere l’uomo del tutto cristiano, ma non è il punto, il quale sta nel grado di temperie espressiva del nostro concepire e sentire. Trasmettono comunque vitalità che possiamo non condividere, ma sentiamo.

Ma chi ispirò a Ludovico Ariosto la pazzia di Orlando, obbligherei la lettura, i passaggi dal delirante Orlando che scorge nei segni lasciati da Angelica e Medoro messaggi rivolti da Angelica a lui e con lui al capire che invece sono testimonianze di amore di Angelica con altri è uno sconvolgimento mentale realistico e potentissimo, un ondeggiamento di stati folli, e poi, sia in Tasso, sia in Ariosto quel narrare versificato fluente come il vento, sonorità ramo da ramo. Il sigillo. Leonardo. La grandezza che si riconosce umilissima, il finito che si accosta al non finito, la conoscenza nel buio dell’ignorare.

Incredibile, è quasi pomeriggio. Mi sembra di aver viaggiato oltre il tempo. C’era anche Boiardo da ripassare. Quando insegnavo ne diedi lettura completa, se ben ricordo. Ma certo che ti rileggerò. Siete la vita!

Aggiornato il 03 settembre 2025 alle ore 15:45