Le giovani esistenze, sincere e premonitrici, di Francis Scott Fitzgerald

Sono ormai diversi anni che non si ristampano in Italia i 28 racconti di Francis Scott Fitzgerald scelti da Malcom Cowley per The Stories, un’antologia di scritti già pubblicati in precedenza uscita in America nel 1951, e alla luce della loro straordinaria qualità è davvero un gran peccato. L’ultima ristampa in Italia, per gli Oscar Mondadori, e sempre con la traduzione di Bruno Oddera, è del 1999, anche se Minimum fax ha pubblicato nel 2024 una nuova raccolta intitolata I grandi racconti, che ne include 40 selezionati dallo stesso Fitzgerald e che sono tratti dalle sue quattro raccolte pubblicate in vita (Maschiette e filosofi, Racconti dell’età del jazz, Tutti gli uomini tristi e Adunata). La prima edizione italiana dei 28 racconti era stata invece pubblicata, sempre da Mondadori, nel 1960 nella collana I libri della Medusa e venne soprattutto apprezzata da critici letterari, scrittori e intellettuali con un già spiccato interesse per la letteratura americana. Tra questi, Elio Vittorini, che sebbene avesse definito Fitzgerald, nella sua Antologia americana (1942), “un autore eccentrico” e lo avesse collocato in una posizione subordinata rispetto a giganti come Ernest Hemingway o William Faulkner, apprezzava la sua capacità di catturare lo spirito dell’epoca del jazz e la sua sensibilità per i conflitti sociali e personali.

La grande influenza di Vittorini come critico e curatore contribuì a introdurre Fitzgerald al pubblico italiano, ma i 28 racconti furono letti con interesse anche da altri autori affascinati dalla modernità americana, come per esempio Cesare Pavese, sebbene il suo interesse fosse concentrato più su scrittori come Herman Melville o Walt Whitman, o Fernanda Pivano, traduttrice e critica specializzata in letteratura americana e nota per il suo lavoro su Hemingway e la Beat Generation, che sottolineò come Fitzgerald riuscisse a fondere bene un certo lirismo con un’efficace critica sociale. Se tra i critici accademici e i lettori colti italiani i 28 racconti riscossero subito un certo successo per la loro capacità di offrire un ritratto vivido e complesso dell’America degli anni Venti e Trenta e per la loro profondità psicologica, la loro accoglienza più calorosa si sviluppò nel tempo, a partire dagli anni Sessanta e Settanta, quando la popolarità di Fitzgerald crebbe grazie al successo de Il grande Gatsby. La critica italiana, inizialmente influenzata da un certo pregiudizio verso la narrativa americana, percepita come un po’ troppo “popolare”, iniziò così a riconoscere nella sua opera la capacità di coniugare accessibilità e raffinatezza letteraria. Oggi, a distanza oltre settant’anni dalla prima traduzione, il mondo descritto da Fitzgerald non sembra affatto invecchiato ed egli pare averne colto gli elementi più essenziali ed anticipatori, tanto che i suoi personaggi sembrano incarnare tipi psicologici a noi contemporanei.

Molti di loro sono giovani desiderosi di partecipare ad un gioco di società di cui non conoscono perfettamente le regole, ma in cui sentono il dovere di primeggiare: duellando apertamente con le loro illusioni, vorrebbero protrarre la loro adolescenza, e questa si vena a poco a poco d’una consapevolezza nuova, a volte combattiva ed ironica, altre volte effimera o tragica. Sono per lo più giovani che guardano avanti ostentando sicurezza, oppure adulti nostalgici, increduli di non poter rivivere una storia d’amore o certi di stare solo ora, nell’aspra maturità del loro disincanto, cominciando a vivere. Tutti sono comunque protagonisti o comparse di un loro sogno, che anche quando si destreggia tra artifici e astuzie, appiattendosi poi sulle convenzioni sociali che lo sovrastano e lo regolano, non si rivela per questo meno serio e fatale. Alcuni di questi racconti furono apprezzati da Hemingway, altri furono bollati con sentenze perentorie. Così, Il diamante grosso come l’Hotel Ritz, che apre la raccolta di Cowley, fu laconicamente definito da Hemingway “spazzatura”, e The rich boy gli parve “profondamente sciocco”.

Da primo critico delle opere del suo amico e collega, Hemingway continuò sempre a giudicare migliori i suoi romanzi rispetto ai racconti. In effetti, in alcuni di questi c’è come una sorda drammatizzazione e il narratore sembra scivolare un po’ troppo nella fragile inquietudine che affligge i loro protagonisti. In altri, invece – e sono la maggioranza – colpisce proprio l’assoluta pertinenza del tono del narratore rispetto alla vivacità dei dialoghi e alla variegata psicologia dei personaggi. A confronto con quelli dei romanzi, questi dei racconti sono meno compositi e sfumati, più immediati e netti, e anche, a volte, piacevolmente ingenui e irrequieti, tanto che alcuni di loro – come per esempio quelli di Berenice si taglia i capelli – potrebbero benissimo essere usciti anche dalla penna di J. D. Salinger. L’impressione complessiva che si ricava dalla raccolta di Cowley è che, forse più con i suoi migliori racconti che con i suoi romanzi, Fitzgerald abbia fornito, specialmente ai lettori più giovani, un nuovo modello di “sincerità letteraria”, modello che ha permesso a lui – e a molti altri scrittori dopo di lui – di fare dei propri personaggi il contrappunto catartico della propria esistenza e di riproporre nelle loro storie i nodi salienti della propria esperienza fino a renderla universalmente significativa e premonitrice di un’umanità futura.  

(*) I grandi racconti di Francis Scott Fitzgerald, traduzione di Luca Briasco e Luca Merlini, Minimum Fax 2024, 1.368 pagine, 2 volumi, 28,50 euro

Aggiornato il 06 agosto 2025 alle ore 11:46