
Difficile scrivere un libro su Napoleone Bonaparte senza essere ripetitivi. Ma la sfida è stata accettata con successo da Andrea Rispoli e Luca Gandini, autori di Marcia per la gloria (Sometti Editoriale), interessantissimo libro che descrive in 320 pagine accompagnate da 200 immagini la prima Campagna d’Italia, quella da cui nacque la leggenda del giovane generale e che, per la condotta della manovra dell’armata francese, è considerata un cardine per lo studio della scienza militare. Era il marzo del 1796 e quel comandante di 27 anni non ancora compiuti, scarmigliato e frenetico, alla testa di un manipolo di soldati affamati e mal equipaggiati, iniziava ad invadere l’Italia. Aveva appena deciso di francesizzare il suo nome, Bonaparte, ed era sconosciuto ai più. Un anno dopo era già diventato il terrore degli austriaci, battuti prima in Piemonte poi a Lodi, Castiglione, Arcole, Rivoli. E degli italiani, se osavano ribellarsi all’occupazione.
Vinceva battaglie e razziava opere d’arte da inviare sempre più consistenti al Direttorio che, forse preoccupato della sua ambizione, dopo l’entrata a Milano il 15 maggio 1796, voleva dividere l’Armée in due parti: a Bonaparte le coste del Mediterraneo, Livorno, Roma e Napoli, mentre ad un altro generale, François Christophe Kellermann, il controllo della Lombardia. Ma per Napoleone valeva il principio “Meglio un cattivo generale che due bravi generali”, e riuscì a convincere l’Esecutivo francese spedendo un bottino di guerra più grande del solito. Nasceva così tra i borghi e le città padane la leggenda di un condottiero abile, spietato, servitore di potenti e sapiente costruttore delle proprie fortune. In poco tempo il manipolo di straccioni si era trasformato in un esercito motivato che al canto della Marsigliese risvegliava ovunque speranze di libertà.
Generali austriaci ben più maturi, Dagobert Sigmund von Wurmser, Johann Peter Beaulieu e Joseph Alvinczy venivano travolti dalle vittorie di un giovane che chiamavano ancora Bonaparte ma che di lì a poco sarebbe stato conosciuto solo come Napoleone. Gli autori utilizzano una tecnica narrativa molto coinvolgente poiché alterna la descrizione di dettagli tecnici della battaglia ad aspetti di vita quotidiana delle truppe. Al termine della Campagna d’Italia, in soli due anni Napoleone aveva dimostrato che oltre ad essere un grandissimo generale era anche un raffinato politico. Il suo disegno era portare la libertà e fare in modo che i vecchi apparati saltassero, ma senza andare oltre un certo limite. Nelle città conquistate tentava la copertura politica prendendo contatti sia con l’aristocrazia che con la borghesia illuminata.
Il libro, infine, ci illustra come Napoleone fu uno dei primi condottieri a comprendere la significativa importanza del fattore morale del soldato, al quale i comandanti dovevano parlare in modo semplice e concreto oltre a fornire preparazione ed equipaggiamenti idonei alla missione. Il servizio di Intendenza era bersaglio delle sue ire, se durante le sue frequenti ispezioni riscontrava insoddisfacenti condizioni, specie nelle uniformi o nelle scarpe, essenziali per le lunghe marce di trasferimento. I successi della Campagna d’Italia sono una sintesi della dottrina militare e delle qualità di Napoleone, capace di ben pianificare le operazioni ma anche di adattarle in tempo reale a nuove circostanze sopravvenute. Molte curiosità inedite rendono la lettura agile e scorrevole e fanno conoscere un Napoleone sotto profili utili a ben comprendere gli eventi storici che lo porteranno a dominare l’Europa.
Aggiornato il 18 luglio 2025 alle ore 12:45