
Il racconto appassionato del dietro le quinte di un capolavoro: Lo squalo (Jaws) di Steven Spielberg. Per celebrare il mezzo secolo dalla prima uscita del film (20 giugno 1975 nelle sale statunitensi; 19 dicembre in quelle italiane), Laurent Bouzereau firma un imperdibile documentario targato National Geographic, disponibile dall’11 luglio su Disney+ (visibile anche su Sky Glass, Sky Q e Now): Jaws @ 50: The Definitive Inside Story. Con materiale inedito, interviste esclusive al regista, ai grandi cineasti hollywoodiani e testimonianze d’epoca, Bouzereau racconta la genesi di un’opera d’arte. La produzione è caratterizzata da decine di titoli provvisori, lo squalo meccanico che si inceppa paralizzando il set, cento giorni di straordinari e milioni di dollari fuori budget. Prodotto da Amblin Documentaries di Spielberg, Nedland Films e Wendy Benchley, con le musiche iconiche di John Williams, il documentario, l’unico autorizzato a raccontare l’origine e l’eredità del film, offre uno sguardo veritiero sul faticoso processo produttivo del blockbuster.
Dietro la macchina da presa figura un ostinato ragazzo di 27 anni, divorato dalla paura di non lavorare mai più. Steven Spielberg appare giovane e scapigliato nei filmati di backstage. “Un attore venne a dirmi che tutti pensavano che non sarei riuscito a chiudere il film e che non avrei mai più lavorato. È stato un colpo basso”, racconta oggi, con barba e capelli candidi e decine di successi alle spalle. Lo stress accumulato allora è tale che, anche dopo il trionfo in sala, “continuai per mesi a nascondermi nella barca conservata agli Universal Studios per piangere a lungo”. Le voci esclusive del cast originale (dello scenografo Joe Alves e degli attori Jonathan Filley, Lorraine Gary, Carl Gottlieb, Jeffrey Kramer, Jeffrey Voorhees), di cineasti come James Cameron, Jordan Peele, Guillermo del Toro, George Lucas, Emily Blunt, Cameron Crowe, Steven Soderbergh, Guillermo del Toro, Robert Zemeckis e J.J. Abrams, si alternano a quelle d’archivio del pubblico all’uscita dei cinema.
Lo squalo è un romanzo opzionato dai lungimiranti produttori Richard D. Zanuck e David Brown. L’autore del testo, “l’uomo che terrorizzò il mondo”, si chiama Peter Benchley. Insieme alla moglie Wendy contribuisce alla creazione del classico di Spielberg. Lo scrittore è scomparso nel 2006. Lei, ambientalista, politica e subacquea, porta avanti la missione di proteggere l’oceano e le sue creature, anche attraverso una fondazione. “Peter scriveva discorsi per il presidente Lyndon B. Johnson fino a quando si ritirò nel 1968”, racconta Benchley. “Fu allora che decise di scrivere un romanzo. Aveva due idee: una sui pirati moderni, l’altra su uno squalo bianco. Gli dissi: Caro, non mi sembrano granché. Per fortuna la casa editrice Doubleday si innamorò di quella che chiamavano The Fish Book”.
Anche il titolo è un’odissea: “Avevamo decine di fogli pieni di proposte. Jaws (che in inglese significa Fauci) non entusiasmava nessuno, ma fu scelto come il meno peggio”. Come ricorda Wendy Benchley, “il romanzo parla sì di uno squalo, ma soprattutto di come una comunità affronti una minaccia incontrollabile. Io e Peter passavamo le estati a Nantucket, e lui ha riempito il libro delle storie delle persone che vedevamo lì. Spielberg ha fatto un lavoro straordinario coinvolgendo gli abitanti di Martha’s Vineyard (un’isola del Massachusetts): se non ci fossero loro, non importerebbe a nessuno se una bestia li divora. È grazie a quelle facce e quelle vite che il film ha profondità e umanità, e resiste da cinquant’anni”.
Dopo l’uscita, mentre Spielberg affronta quella che lui stesso definisce una “sindrome post-traumatica”, i coniugi Benchley sono preoccupati di un altro effetto collaterale: “Dopo il film, molti si sentirono in diritto di uccidere squali. Fu orribile. Da allora ci impegnammo per educare il pubblico: Lo squalo ha avuto il merito di suscitare l’interesse per gli abissi e di far partire la ricerca marina. Nel 1975, le iscrizioni a Biologia marina aumentarono del 30 per cento”. Questo cinquantesimo cade alla vigilia di una cruciale conferenza dell’Onu. “Confido – dice Wendy Benchley – che il clamore che ancora circonda il film aiuti a prendere decisioni giuste e durature per il futuro del nostro oceano”. Il documentario mostra anche le interviste di attivisti, biologi e scienziati marini di fama internazionale che analizzano il retaggio del film. Oggi, per fortuna, come sottolinea la moglie dello scrittore, si registra una nuova consapevolezza nella salvaguardia degli squali. Si segnalano le dichiarazioni di Philippe Cousteau, Candace Fields, Austin Gallagher, Gibbs Kuguru.
Dopo aver sondato John Sturges e Michael Winner, alla regia dello Squalo viene inizialmente scelto Dick Richards, in seguito allontanato perché è solito descrivere lo squalo come fosse una “una grande balena”. Spielberg ricorda di aver visto il manoscritto sulla scrivania dei produttori con cui sta ultimando Duel: “Pensai: Jaws? Cos’è, un manuale di odontoiatria?”, rivela ironico. Però, una volta letto la sceneggiatura, il regista lotta strenuamente per farsi assegnare il progetto, per girare in mare aperto e per costruire uno squalo meccanico, salvo poi realizzare le scene più terrificanti senza bisogno di inquadrarlo. D’altronde, la teoria dell’assenza è sofisticata e sconvolgente, come insegna Alfred Hitchcock, il maestro della suspense cinematografica volutamente omaggiato dal giovane Spielberg. Il quale, originario di Cincinnati (Ohio), oltre a Duel, ha alle spalle la regia di alcuni episodi di serie tivù come Colombo e lungometraggi come Firelight e The Sugarland Express. Il budget iniziale stanziato dalla Universal per Lo squalo è fissato a 4 milioni di dollari, prevedendo un’uscita nel Natale 1974. Ma le riprese si rivelano un autentico incubo portando la produzione a slittare fino all’estate successiva. Il budget diventa incontrollabile. Ma il risultato è quello di un film che cambiato per sempre la storia del cinema e continua a terrorizzare gli spettatori di ogni età.
Aggiornato il 18 luglio 2025 alle ore 17:45