
Lea Massari è stata l’indimenticabile icona de L’Avventura di Michelangelo Antonioni. L’attrice romana è mancata ieri a 91 anni, nella sua casa ai Parioli, dove era assistita da tempo dopo una caduta in casa. Lo ha reso noto Il Messaggero. Ieri si è svolto il funerale in forma strettamente privata, nella cattedrale di Sutri (Viterbo). E poi la sepoltura nel cimitero comunale, dove la famiglia possiede una cappella. Lea Massari pseudonimo di Anna Maria Massatani, stella del cinema degli anni Sessanta e Settanta, ha rappresentato l’antidiva per eccellenza. È stata un’intensa interprete drammatica per grandi registi ed elegante e aristocratica protagonista degli sceneggiati in bianco e nero della Rai. Dotata di una bellezza sinuosa, evidente ma non esibita, esente da ogni tentazione di divismo a causa del suo temperamento riservato, Massari ottiene nel corso della sua carriera trentennale il gradimento di un vasto pubblico, in Italia ma anche all’estero. Lea è stata una sorta di gemma preziosa mai definitivamente sgrezzata e celebrata per la sua stessa scelta ribelle di non piegarsi mai ai compromessi di una carriera che la voleva diva e icona fin dalle prima apparizioni.
Capelli fulvi o castani, lentiggini ribelli e naso capriccioso, occhi profondi con una perenne aria di sfida, voce roca e inconfondibile, corpo armonioso ma non vistoso, è l’antidiva per eccellenza in un cinema italiano che, nel cuore degli anni Cinquanta celebra ancora le “maggiorate”. Ma Lea è già diversa: arriva al cinema per caso. Nata nella Capitale il 30 giugno 1933. “Sono venuta alla luce nel quartiere di Monteverde Vecchio e sono cresciuta tra Prati e Parioli, quando era ancora campagna”, racconta in un’intervista. Durante l’adolescenza segue il padre ingegnere vivendo in Spagna, Francia e Svizzera. Tornata a Roma, si iscrive alla Facoltà di Architettura e per mantenersi agli studi intanto lavora come indossatrice e collabora con lo scenografo e costumista Premio Oscar Piero Gherardi, amico di famiglia, che l’avvicina al mondo del cinema. Nel 1954 ottiene casualmente il suo primo ruolo cinematografico in Proibito di Mario Monicelli, riduzione del romanzo La madre di Grazia Deledda, recitando con Mel Ferrer e Amedeo Nazzari. A 22 anni, in occasione del suo esordio sul grande schermo, assume un nome d’arte in memoria del fidanzato Leo con cui avrebbe dovuto sposarsi, ma che muore a causa di un tragico incidente poco prima delle nozze.
È la Francia a riconoscere a pieno il suo talento: su cinquantacinque registi che l’hanno diretta, solo ventinove sono stati italiani. Lea diventa Léa (con l’accento). Recita accanto a Jean-Paul Belmondo, Yves Montand, Jean-Louis Trintignant e Michel Piccoli. La notorietà arriva nel 1957 con il personaggio della giovane sposa nel film I sogni nel cassetto di Renato Castellani. Per L’Avventura, Michelangelo Antonioni la sceglie per dare il volto ad Anna, colei che misteriosamente scompare sull’isola, accanto alla malinconica Monica Vitti (Claudia). Dopo aver lavorato nel drammatico La giornata balorda (1960) di Mauro Bolognini, Massari recita in Una vita difficile (1961) il capolavoro di Dino Rosi, dove disegna mirabilmente l’innamorata e sensibile moglie Elena Pavinato, figlia della proprietaria dell’albergo, che uccide un nazista e salva così quel Silvio Magnozzi, combattente partigiano, interpretato da Alberto Sordi. Il film rivela una attrice diversa, sanguigna e aristocratica insieme, passionale e razionale nel cercare di mettere ordine nella vita sconclusionata del marito.
Sempre nel 1961 appare nel film in costume Il colosso di Rodi di Sergio Leone, nel ruolo di Diala, figlia dell’autore della statua. Nel fortunato 1961 Lea Massari appare anche in Morte di un bandito (1961) diretto da Giuseppe Amato e liberamente ispirato alla figura di Salvatore Giuliano e in I sogni muoiono all’alba di Mario Craveri ed Enrico Gras, tratto da un testo teatrale di Indro Montanelli, in cui interpreta la ribelle ungherese Anna Miklos, innamorata di un giornalista italiano comunista. Dopo Le quattro giornate di Napoli (1962) di Nanni Loy, nel 1965 appare in Le soldatesse di Valerio Zurlini, ambientato in Grecia durante la Seconda guerra mondiale. Già coinvolta in alcuni film stranieri – risale al 1962 La città prigioniera di Joseph Anthony, con Ben Gazzarra e David Niven, mentre al 1963 I cavalieri della vendetta di Carlos Saura – negli anni Settanta sono i registi francesi a offrire a Lea Massari i ruoli più complessi e impegnativi della sua carriera: la moglie tradita nella relazione fra Michel Piccoli e Romy Schneider in L’amante (1970) di Claude Sautet; Clara, la madre che ha un legame incestuoso con il figlio adolescente in Soffio al cuore (1971) di Louis Malle. Appare anche in La corsa della lepre attraverso i campi (1972) di René Clément, La femme en bleu (173) di Michel Deville (1973), L’uomo che non seppe tacere (1973) di Claude Pinoteau, Un battito d’ali dopo la strage (1973) di Pierre Granier-Deferre, Questo impossibile oggetto (1973) di John Frankenheimer.
Lea Massari vince due David di Donatello come Migliore attrice per le sue interpretazioni in Una vita difficile di Dino Risi e I sogni muoiono all’alba, entrambi apparsi nel 1961. Viene premiata anche con due Nastri d’argento come Migliore attrice non protagonista per La prima notte di quiete (1972) di Valerio Zurlini e Cristo si è fermato a Eboli (1978) di Francesco Rosi. In teatro è stata la prima Rosetta del Rugantino di Pietro Garinei e Sandro Giovannini. In televisione, indimenticabili le sue interpretazioni della Monaca di Monza (I promessi sposi, 1967) e di Anna Karenina (1974), dirette da Sandro Bolchi. Da oltre trent’anni si era ritirata a vita privata, scegliendo a soli 57 anni di tenersi lontano dai riflettori. Per ricordare Lea Massari, Rai Cultura ripropone la puntata di Ieri e oggi del 1972, condotta da Arnoldo Foà, in cui era stata ospite l’attrice, in onda domani alle 12.15 su Rai Storia. In particolare, Lea Massari rivede e commenta alcune sue apparizioni televisive che testimoniano il suo talento poliedrico: cantante in Chitarra amore mio (1964) con lo stesso Foà, attrice brillante in Tempo di musica (1961) con Johnny Dorelli e Vittorio Caprioli; attrice drammatica nel citato I promessi sposi (1967), in cui si rivede in una scena con Nando Tamberlani nei panni del Vicario delle monache; ballerina provetta Io Gigliola (1968), dove esegue un tango con Lando Buzzanca; e, infine, le sue prove d’attrice di alto livello negli adattamenti televisivi del Il Misantropo (1967) di Molière con Giancarlo Sbragia e ne La morsa (1970) di Luigi Pirandello, con Sergio Fantoni.
Aggiornato il 25 giugno 2025 alle ore 17:51