
Se io fossi giovane e non avessi da ordinare quanto scritto temendo di non poterlo adempiere, mi volgerei appassionatamente alla fondazione di una religione della natura. La sacralizzazione o, semplicemente, il sentire la natura. L’uomo cittadino ha fondato parte della sua infelicità perché non ha sensazioni. Vivere è sentire, sentirsi vivere: sensi, odori, suoni, colori, sapori, tatto e coscienza del sentire. L’uomo mentale, soltanto mentale, è morto. Non lo sa in quanto ignora i sensi, però è morto. Personalmente, ne faccio esperienza.
Una panchina sotto casa, per ore ho incontri con il vento, gli parlo: Non esagerare, non mi soffiare troppo o niente, sfiorami, fammi compagnia, fammi ascoltare il tuo sussurro. Non sempre mi accontenta, tuttavia è un amico, un compagnone, anzi, e non manca gli incontri, esagera, raramente, e mi scompiglia, se non continua non mi spiace, mi suscita l’impressione della confusione originaria, immedesimandomi nel naturante primigenio. “Polvere fummo e polvere torneremo”, mi lascio involgere, trascinare, travolgere, io sono vento. Si calma, si riposa, e si posa sul mio volto cordialmente… ma non deve scusarsi. Bene così. E la pioggia, soltanto ripararsi? Ma anche guardarla. I filamenti dirittissimi o intorcinati dal vento, incredibilmente pungenti, acuminati se colpiscono la pelle nuda. Impastano i capelli, li grondano e la fronte piange sugli occhi. Se stendi le mani pizzicano. Dicevo, sembrano beccate di pulcini. I fiori, la provvidenza terrena ha suscitato un venditore prossimo alla panchina. La carezza di un fiore: mi alzo, sembra la guancia di un bambino, della donna amata, della madre anziana. Il fiore vive, lo carezzi e ti carezza, sicché torni a carezzare per ridarti il piacere del piacere. Foglie lievissime, quasi trasparenti, foglie carnosette, e forme di ogni forma, per non parlare dei colori e la dispersione degli odori. Uno a uno, e poi insieme.
La città, grandissima invenzione, ma se non vi è arte, altra generatrice di sensazioni, non c’è vita. Un autobus che rischia di ammazzarti, una macchina che fa gara di corse, una motoretta che ti sfiora come un toro, una bicicletta muta e sfrecciante. Per carità, utili, ma la nave, quando scendo in Sicilia, ormai purtroppo raramente, i colori del mare che cambia secondo l’ondeggiare, e creste bianche schiumose su in cima alle onde. Se il mare è fondo il colore si ispessisce e sembra lava sciolta etnea, e odora. L’odore del mare, e qualche getto mi bagna, mentre guardo le piccole colline di Messina e mi stacco dalle colline calabresi. Sembra un mare spesso, indurito, invece sciama, si inarca, si avvalla, e perfino svettano, guizzano pesci, ci rincorrono festanti. Di notte le stelle sullo Stretto sono grosse e rustiche, la luna a portata di mano, dall’una e dall’altra parte luci covano tra gli alberi. La realtà sogna se stessa: Ulisse, le Sirene, Scilla, Cariddi, Colapesce: Questa è vita, la realtà che sogna se stessa.
Il tramonto lo vedo dalla mia strada, sulla panchina. è laggiù, al fondo, esiste ancora il tramonto. Pochi, pochissimi lo guardano, ma esiste: è quel momento del sole che trasforma i suoi colori all’orizzonte; gialli, rosei, rossi, grigi, e il buio appartiene alla sua sposa, la notte. Io, dalla panchina, ogni sera, saluto il tramonto e immagino che il mutare dei colori sia uno sbandierare saluti: a domani, a domani, tramonto. Il tempo, la vita e il sole, che orizzontale allunga le ombre delle persone. Una deformazione spettacolare, la realtà si infrange e smentisce. Non so perché, bambini e cani mi accostano, i cani mi fiutano, i bambini mi guardano a lungo e mi sorridono. Anche l’alba stravolge i suoi andamenti, nebulosa poi si imbianca e svela il cielo. Rosseggia i palazzi, li inazzurra, scopre la sua creatura imperiale, il sole, e diventa mattino.
Ah, sì, anche le tempeste fulmifere, i tuoni scuotimondo, attraggono, e i fiumi ribollenti, i ruscelli canterini e i pensosi laghi. Gli sconfinati oceani che sembra non abbiano approdo, eccetera. Non perdere la natura, ci rappresenta il mistero dell’esistenza serbandolo nel mistero, ma ci fa sentire vivi suscitando sensazioni. Non riusciamo ad amare la vita se non sentiamo il vivere, vivere come sentire. Non siamo soltanto cittadini, siamo figli della natura!
Aggiornato il 20 maggio 2025 alle ore 15:21