Mostra “Caravaggio 2025”: dialogo con l’arte del Maestro

Caravaggio, ecco una lezione che non finisce mai…

Giovanni Testori

La citazione spicca a pagina 147 del Catalogo della Mostra Caravaggio 2025 (Marsilio Arte), a Palazzo Barberini, fino al 6 luglio, allestita per celebrare il Quarto centenario della morte del più noto Michelangelo Merisi. Quel Merisi che rivoluzionò la lezione dell’arte dei suoi tempi “con una pittura drammatica e innovativa, un uso pionieristico della luce e una potente resa dei sentimenti umani”. L’esposizione presenta un numero significativo di dipinti autografi provenienti dalle collezioni più prestigiose del mondo insieme con opere mai esposte prima. Tra cui due capolavori recentemente attribuiti all’autore, scoperti e messi in dialogo con l’arte del Maestro. Il 21 aprile 2025 è una data che non dimenticherò. Mentre mi avvio verso il cuore di Roma, in quel crocevia che va da Via delle Quattro Fontane al triangolo quirinalesco, la radio trasmette le notizie sul giorno più buio per la gloria universale di Roma Caput Mundi e il Vaticano. È morto Papa Jorge Mario Bergoglio e le notizie parlano di un fiume di gente che sta affluendo verso Via della Conciliazione per ritrovarsi nella piazza e raccogliersi in preghiera.

Infatti, qui, dove mi trovo, non c’è il consueto traffico, anche se un numero consistente di visitatori fa la fila per accedere alle sale di una delle residenze barocche più spettacolari, quel Palazzo Barberini frutto di tre artisti: Carlo Maderno, Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini. Le persone in fila sventolano il biglietto d’ingresso, oggigiorno acquistabile nelle vie digitali, i curiosi chiedono se ce ne sono ancora, la stampa come mi dicono, può entrare gratis però con l’accredito ufficiale. Mi chiedo quale senso ha per me visitare la mostra e perché non andare invece proprio a Piazza San Pietro nel giorno culmine. Indago la mia coscienza, ma prima che risalga una risposta mi sovviene la storia di Caravaggio, raccontatami da un’esperta, secondo la quale il Merisi sarebbe morto dalle parti di Monte Argentario con le sue tele più preziose sotto braccio, mentre cercava scampo alla condanna emessa su di lui per un omicidio, di cui si era macchiato in gioventù. Disperato il pittore! L’omicidio forse lo aveva commesso, ma voleva evitare non solo la pena di morte, anche lui avrà pensato che “morire, si deve morire tutti”. Ma l’arte! Avrà urlato come un grido straziato, l’arte deve essere completata. E di fatti colei che mi raccontò questi aneddoti, disse che alla fine fu un grande “imbroglio”, perché il Papa nelle stesse ore emetteva un documento “di grazia”. È questa la storia? Ero andata tre anni prima a vedere il film per la regia di Michele Placido, L’ombra di Caravaggio, presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma nel 2022, che ha vinto svariati riconoscimenti: il David di Donatello nel 2023 e, sempre nello stesso anno, il Globo d’oro.

Anche quella volta, al termine della proiezione, mi ero guardata intorno nella saletta semivuota di Velletri, dove vivo, e nello stesso tempo avevo dovuto quasi appoggiarmi alla sponda di una poltrona come per un mancamento. Subito mi ero voltata e dietro alla mia fila c’erano tre signore alle quali avevo detto “questo film fa girare la testa”. Una di loro mi aveva risposto “anche a me fa girare la testa”. Il finale di quel film è una scena…non trovo ancora le parole. La luce, diceva mio padre, fotografo di scena degli anni di Roberto Rossellini e Luchino Visconti passando per tanti altri di quei tempi d’oro dell’industria cinematografica. Già, la luce. Non ero forse andata anni ancora prima a San Luigi dei francesi a fare una esperienza come si dice adesso “immersiva”? E cioè di fronte a un solo quadro del Merisi con degli esperti che spiegavano come Caravaggio dipingeva. In una delle prime domeniche del mese, quando i Musei Capitolini sono perfino gratis, mi ero soffermata davanti a un altro celebre quadro dell’autore e avevo detto tra me e me, con quel fiato che il signore accanto potrebbe aver sentito: “La fotografia…già Michelangelo Merisi ha inventato quello che poi il cinema ha realizzato”. Non mi sono stupita, dunque, se il giorno seguente al “è morto il Papa” sono invece a Palazzo Barberini, in fila anche io per accedere alla mostra.

In attesa ho scorto da lontano avanzare un non più giovanissimo che somigliava, quasi, al genietto di Facebook. Mi faccio coraggio e, visto che voglio scrivere questo articolo, comincio a chiedere pareri. Oltretutto, il visitatore si qualifica dicendo che è italiano ed è un medico. “Bene, mi dica, secondo lei l’accusa era giusta?”. Quale, mi chiede. L’accusa che anche quel film non censura, penso. Gli rispondo: “È impossibile che una prostituta possa avere il volto di una madonna?”. Rimane pensieroso, ma io lo precedo e aggiungo: “Ed è possibile che una nobile donna diventi una prostituta?”. Intanto penso al Merisi: grande maestro sì, ma vita dissoluta, abitudini non proprio congrue, tutto quello che volete, però il mago della luce, secondo me, aveva voluto mostrare soprattutto in quel quadro drammatico che è il Davide con la testa di Golia (1610), un’altra cosa. La pena di morte è sempre orribile. Palazzo Barberini è un luogo d’onore per Roma e per l’Italia. Passeggiando nei giardini si sentono profumi d’arancio e i viali restituiscono l’ordine altrove smarrito delle belle siepi allineate, all’italiana. Chi fa il biglietto può visitare la mostra e anche il palazzo.

(*) Nella foto, una riproduzione del dipinto a olio su tela I bari di Caravaggio, Kimbell Art Museum, Fort Worth, Texas

Aggiornato il 23 aprile 2025 alle ore 11:33