
Mario Vargas Llosa se n’è andato a 89 anni. Il grande scrittore e drammaturgo peruviano naturalizzato spagnolo, Premio Nobel per la letteratura nel 2010, è morto a Lima ieri mattina. Lo ha annunciato il figlio Álvaro sul suo account ufficiale di X. “Con profondo dolore, rendiamo pubblico che nostro padre, Mario Vargas Llosa, è morto oggi a Lima, circondato dalla sua famiglia e in pace”, ha scritto. Per volontà della famiglia i funerali saranno celebrati in forma privata e, rispettando le sue volontà, le sue spoglie saranno cremate. “Il simbolo della libertà in una società è sempre la letteratura. Quando c’è libertà la letteratura fiorisce e quando viene meno soffre moltissimo”. Sono parole di Mario Vargas Llosa pronunciate nel corso di un’intervista all’Ansa nel dicembre del 2021. Poi nel 2023 in un post-scriptum al suo libro Le dedico il mio silenzio, lo scrittore peruviano, che dagli anni Novanta viveva a Madrid aveva scritto che “finito questo libro” si sarebbe dedicato a un saggio su Jean-Paul Sartre che è stato suo maestro da giovane: “Quello sarà l’ultima cosa che scrivo”. Primo peruviano a vincere il Nobel per la letteratura, Vargas Llosa ha sempre creduto nella letteratura come impegno civile e visto nei demoni della scrittura una forza capace di trasformare la visione della realtà. Nel 1969 ha scritto: “La finzione è sempre una denuncia, è la prova di una rivolta, perché il romanziere è un ribelle, un uomo indignato per un aspetto o l’altro della realtà”. Protagonista della rinascita della letteratura sudamericana con il colombiano Gabriel García Márquez, vincitore del premio Nobel nel 1982, insieme al quale è stato protagonista di una celebre polemica su Fidel Castro, Mario Vargas Llosa, ha ottenuto subito un grande successo nel 1963 con La città e i cani, considerato il suo capolavoro.
“Una persona in ottimo accordo col mondo o con la vita non cercherà mai di creare realtà virtuali, verbali. Ogni romanzo, credo, è un assassinio formale della realtà”, diceva, esplicitando a sei anni dall’uscita del libro che gli dette notorietà internazionale la propria poetica che indaga tra le pieghe del reale per scompaginarle, per farne emergere contraddizioni e falsità. Il libro – pubblicato in Italia da Feltrinelli nel 1967 e ambientato nell’accademia militare di Lima, frequentata dallo scrittore, di cui ha immortalato la ferrea disciplina – venne bruciato in Perù perché considerato dissacrante. L’esordio come scrittore – che nel 1993 ha preso la nazionalità spagnola ma ha vissuto per anni a Londra – è però alla fine degli anni Cinquanta, con il libro di racconti I capi (1959). Giornalista, oltre che scrittore sempre impegnato, vincitore di numerosi premi letterari fra cui il Planeta, il Cervantes, il Principe de Asturias e in Italia il Grinzane Cavour nel 2004 e il Viareggio Versilia nel 2010, alla fine degli anni Ottanta, Mario Vargas Llosa è entrato in politica e nel 1990 si è candidato alle elezioni presidenziali in Perù, ma è stato sconfitto da Alberto Fujimori. Anche in politica ha sempre avuto una posizione fuori dagli schemi. “In questa società ci sono certe regole, certi pregiudizi e tutto quello che non vi si adatta sembra anormale, un delitto o una malattia”, dice uno dei suoi aforismi. È stato vicino a Fidel Castro negli anni Cinquanta per poi prendere le distanze dal leader cubano con dure critiche. Le opinioni su Castro furono anche motivo di grande polemica con García Márquez sul quale Llosa nel 1971 aveva scritto una tesi di dottorato ma dal quale lo ha sempre distanziato la posizione dichiaratamente di sinistra dell’autore di Cent’anni di solitudine.
Originario di Arequipa, in Perù, dove è nato nel 1936, ha trascorso i primi dieci anni a Cochabamba, in Bolivia, e ha sempre vissuto tra l’America Latina e l’Europa: a Parigi – dove ha frequentato Sartre di cui è diventato amico e su cui è tornato nel saggio Tra Sartre e Camus pubblicato da Scheiwiller – a Barcellona, Madrid, Londra, e anche in Italia. La sua prima e vera vocazione resta la letteratura: “Non importa quanto sia effimero, un romanzo è qualcosa, mentre la disperazione non è nulla”, come ha più volte ripetuto. In Italia la sua opera è pubblicata da Einaudi, subito dopo il Nobel nel 2011 uscì Il sogno del Celta, ispirato alla figura del diplomatico britannico e indipendentista irlandese Roger Casement, grande amico di Joseph Conrad, primo a denunciare gli orrori del colonialismo belga in Congo di cui fu console all’inizio del XX secolo, all’epoca del boom del caucciù, poi l’ultimo nel 2024 appunto Le dedico il mio silenzio. Ma molti sono i suoi romanzi, in cui ha spesso denunciato le dittature, i soprusi, il colonialismo: La casa verde, La zia Julia e lo scribacchino, La guerra della fine del mondo, I quaderni di don Rigoberto, La città e i cani, Lettera a un aspirante romanziere, Conversazione nella Catedral, Elogio della matrigna, La festa del Caprone, Pantaleón e le visitatrici, Storia di Mayta, Il Paradiso è altrove, I cuccioli. I capi, Chi ha ucciso Palomino Molero?, Avventure della ragazza cattiva, Appuntamento a Londra, Il caporale Lituma sulle Ande, Il narratore ambulante, Elogio della lettura e della finzione, La Chunga e Il sogno del celta. L’ultimo, breve e malinconico romanzo di Mario Vargas Llosa uscirà in autunno nei Supercoralli Einaudi nella traduzione di Federica Niola. È I Venti, un racconto sulla solitudine e sul mondo che verrà con protagonista un uomo ormai vecchio, perso tra le strade di una Madrid surreale, che vaga disperatamente alla ricerca della sua casa, mentre i “venti inopportuni” prodotti dal suo corpo non gli danno tregua. Tra le strade che lo intrappolano in un torpore invincibile, tra confusione onirica e vera disperazione, l’anziano rivanga i ricordi di un mondo e di una vita scomparsi, sperando che in qualche modo il suo indirizzo riemerga, e nel frattempo riflette sulla sua città quasi priva di musei, librerie e cinema, dove i luoghi di cultura e di incontro sono ormai virtuali. Lo scrittore esplora il senso di alienazione di chi vive in un’epoca che non riconosce più, il conflitto tra passato e presente, tra progresso e tradizione. Qui i venti sono il simbolo della decadenza fisica, ma anche delle idee, vecchie, superate, da buttar via secondo la percezione di chi viene dopo. Eppure, anche se il passato viene demonizzato e ignorato, è uno dei pochi strumenti che consente di valutare il presente e allo stesso tempo di cambiare il futuro. Einaudi ha in corso di pubblicazione l’intera opera di Vargas Llosa.
In un messaggio pubblicato su X, la presidente del Perù Dina Boluarte ha affermato che “il genio intellettuale” di Llosa “e la sua vasta opera rimarranno un’eredità duratura per le generazioni future”. Il presidente del Guatemala, Bernardo Arévalo, ha definito su X lo scrittore “grande cronista dell’America ispanica e perspicace interprete dei suoi percorsi e dei suoi destini”. L’ex presidente colombiano Alvaro Uribe lo ha definito “maestro dei maestri”, mentre il vicesegretario di Stato degli Stati Uniti, Christopher Landau, sottolinea come “i suoi temi e interessi” fossero “senza tempo e universali”. Il premier spagnolo Pedro Sánchez su X ha scritto che “la letteratura in spagnolo dice addio a Mario Vargas Llosa, maestro universale della parola. La mia gratitudine come lettore per un’opera immensa, per così tanti libri decisivi per comprendere il nostro tempo. In nome del Governo spagnolo, mando le mie più sentite condoglianze alla famiglia, agli amici e alla grande comunità di lettori e lettrici in tutto il mondo”. Lo scrittore spagnolo Javier Cercas firma su El País un articolo di omaggio allo scrittore scomparso. “Se dovessi riassumere oggi cosa ha rappresentato Mario Vargas Llosa nella nostra cultura, direi quanto segue: un incrocio tra Gustave Flaubert e Victor Hugo”. Cercas definisce Vargas Llosa “uno dei migliori romanzieri” in lingua spagnola, un “grande saggista” e “un uomo virtuoso” come intellettuale. “Di Flaubert, Vargas llosa aveva la disciplina ossessiva e l’estrema raffinatezza formale (che combinò con quella di William Faulkner) – prosegue Cercas – mentre di Victor Hugo possedeva l’enorme ambizione e la travolgente presenza pubblica”. A detta dello scrittore spagnolo, che racconta di aver conosciuto personalmente, Vargas Llosa, il Nobel peruviano è stato anche, in quanto a posizionamento politico, “ben più progressista, per molti aspetti, di tanti che definiscono se stessi progressisti”, nonché “un democratico radicale”. “Almeno nell’ambito della nostra lingua – conclude Cercas – ci vorrà molto tempo prima che nasca, se è possibile che nasca, uno scrittore grande come Vargas Llosa: così grande e così ricco di avventura”.
Aggiornato il 14 aprile 2025 alle ore 16:10