Record di visitatori per Marinetti e i futuristi “per sempre”

Prorogato fino al 27 aprile, Il tempo del Futurismo, in mostra alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, ha tagliato il traguardo dei centomila visitatori. L’esposizione, promossa e sostenuta dal Ministero della Cultura e curata da Gabriele Simongini, celebra l’80° anniversario della scomparsa di Filippo Tommaso Marinetti, il fondatore nel 1909 del rivoluzionario movimento d’avanguardia. Un’occasione da non perdere non solo per gli appassionati d’arte ma per chiunque voglia cogliere i prodromi del nostro futuro con la sua velocità, le sue macchine, la tecnologia in progresso verso le ardite frontiere artificiali. In rassegna 350 opere, tra quadri, sculture, progetti, disegni, oggetti d’arredo, film, oltre a un centinaio fra libri e manifesti. Anche un idrovolante, alcuni esemplari delle suggestive automobili inizi Novecento, le prime motociclette a motore, le macchine da scrivere Olivetti, pezzi di collezione delle radio di Guglielmo Marconi, i grammofoni dorati e svariati strumenti scientifici. Tante le eccellenze: da Giacomo Balla a Umberto Boccioni ai firmatari dei “manifesti” con Fortunato Depero, fino agli eredi Lucio Fontana, Alberto Burri, Piero Dorazio, per citare i principali.

Una eccezionale rassegna a cui hanno preso parte decine di musei italiani insieme con gli straordinari prestiti del MoMA e Metropolitan Museum di New York, del Philadelphia Museum of Art, della Estorick Collection of Modern Italian Art e del Kunstmuseum Den Haag de L’Aia. Il tempo del Futurismo, che vanta sponsor come Autostrade per l’Italia ed Enel, Gruppo Ferrovie dello Stato italiane e Unipol Gruppo oltre Aci Storico, rompe la tradizione delle mostre sulle avanguardie del passato. La rassegna di Roma si libera dai legami strettamente ideologici e si concentra sul rapporto tra arte, scienza e tecnologia. Per una singolare occasione: mostrare l’incredibile capacità visionaria e progettuale di Marinetti per primo e di quel gruppo che seppe intuire le rivoluzioni della velocità, della macchina, dell’elettricità per una civiltà in movimento verso “l’uomo della luce”. Non sono mancate le polemiche. L’esposizione ha debuttato, il 2 dicembre 2024, tra fuochi incrociati per via dei richiami storico-politici in connubio con l’attualità dei Governi di destra. L’intellighenzia progressista ha contestato l’impostazione finalizzata a esaltare la cultura di destra ai fini del consenso. Testate estere, come il New York Times ed El País, hanno accusato i promotori di nascondere i legami col fascismo. Nel mirino è finito il comitato gestore: quello originario è stato sostituito da un gruppo nominato dal Ministero della Cultura. “Da oltre un anno”, ha scritto il New York Times, “la Galleria d’arte moderna è stata individuata dai critici come luogo di propaganda governativa”; e Le Figaro, giornale storicamente moderato, ha rincarato definendola come “il modo in cui la destra di Giorgia Meloni intende cambiare l’egemonia culturale della sinistra, attraverso le sue nomine e soprattutto il suo modo di guidare il lavoro dei curatori delle mostre imponendo le sue scelte politiche e culturali”.

Contestazioni anche sui fondi pubblici: due milioni di euro! Ben ripagati stando solo al numero dei visitatori. Anche all’interno della maggioranza si è registrato qualche malumore sul mancato coinvolgimento di esperti che avrebbero potuto rilanciare l’offerta a lungo appiattita sui soliti nomi. Alla fine, tuttavia, è stato sventato il rischio di sminuire per ragioni politiche o fatti interni una colossale impresa che, con il catalogo curato da Treccani, è destinata a fare storia. Ai denigratori ci ha pensato il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, replicando che “l’unico riferimento diretto a Benito Mussolini è una scultura di Renato Bertelli”, di cui fino all’ultimo si è valutata la presenza. A mio parere, il pezzo forte da non perdere. Il tempo del Futurismo vuole onorare la forza del messaggio futurista. Un pannello recita: “Gli uomini del futuro parleranno con telefoni senza fili”. E sotto il nome dell’autore e la data: Filippo Tommaso Marinetti, 1917. Il quale profetizzava: “Nei prossimi decenni scriveremo su libri di nichel alti non più di tre centimetri dotati di tastiere e ciascuno di questi conterrà l’equivalente di centinaia di migliaia di pagine”. Accadeva un secolo prima che Steve Jobs e Bill Gates lanciassero i computer e sessant’anni prima delle teorie di Marshall McLuhan “sui media prolungamento dell’uomo”.

Ecco il primato Marinetti! “caffeina d’Europa”, come lo chiamavano per la sua ubiquità, ha anticipato l’era digitale chiamandola “futuro”. Ma futuro in senso lato, cioè futuro per sempre. “Il tempo e lo spazio morirono ieri”, scrive il globalista accademico. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente”. Alcuni mesi dopo Guglielmo Marconi riceverà il Premio Nobel per la Fisica guadagnando la fama di “prima figura veramente universale della comunicazione moderna”, come ha sancito Marc Raboy, professore emerito della McGill University. Dunque, il tempo dei futuristi come il nostro tempo con le sue contraddizioni globaliste, la tentazione dei nuovi ordini e le seduzioni belliche. E la scienza, che sfreccia. “Noi proclamiamo che il moto e la luce distruggono la materialità dei corpi”, sottoscrivono Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Gino Severini l’11 aprile 1910. Boccioni ne concluse: “Verrà un tempo forse in cui il quadro non basterà più. Le opere pittoriche saranno forse vorticose architetture sonore e odorose di enormi gas colorati”. Vi lascio immaginare.

Aggiornato il 19 marzo 2025 alle ore 12:22