
I pericoli dell’Intelligenza artificiale secondo Benjamin Gutsche. Il cineasta 39enne tedesco crea e dirige Cassandra, un’avvincente miniserie thriller in 6 puntate. Il progetto audiovisivo, visibile su Netflix dal 6 febbraio, è prodotto da Eva Stadler, Christian Becker, Amara Palacios per Rat Pack Film. Naturalmente, Cassandra non è un nome casuale. Omaggia la figura della mitologia greca ricordata da Omero nell’Iliade e nell’Odissea, una sacerdotessa del tempio di Apollo che profetizza tragedie. Per queste ragioni, viene derisa ed evitata dalla popolazione. Gutsche, in una prospettiva allarmante, immagina l’esistenza di una casa controllata da un robot senziente. La miniserie racconta la storia della famiglia Prill, composta da una coppia formata da Samira (una magnetica Mina Tander) e David (uno spaurito Michael Klammer) e dai due figli, l’adolescente Fynn (un convincente Joshua Kantara) e la piccola Juno (una tenera Mary Tölle).
I quattro si trasferiscono in una smart home d’epoca, nella campagna vicina ad Amburgo, per ricominciare a seguito di un trauma doloroso. Poco dopo emerge il controllo totale della villa da parte di un’assistente virtuale, dotata di schermo da cui emerge il viso di una donna (una strepitosa Lavinia Wilson), disposta a tutto pur di intrappolare i nuovi proprietari. L’incubo prende forma quando Fynn riesce a risvegliare il robot rimasto inutilizzato dagli anni Settanta. Cassandra, inattiva dalla misteriosa morte dei precedenti inquilini, attraverso uno schermo posizionato in ogni stanza, controlla tutte le zone dell’abitazione. Nella fase iniziale, il robot, occupandosi delle faccende quotidiane, si rende utile come collaboratrice domestica. Ma con il passare del tempo, la sua presenza si rivela sempre più inquietante, soprattutto per Juno, con cui quale instaura un legame morboso. Cassandra inizia a manifestare atteggiamenti scostanti, controllando ogni aspetto della vita domestica. Il robot riesce a ingraziarsi ogni componente del nucleo familiare a eccezione di Samira. La donna, infatti, percepisce come inappropriati i comportamenti di Cassandra e inizia a indagare. Dopo una serie di ricerche scopre che il robot somiglia, in maniera sorprendente, a una certa Cassandra Schmitt (Wilson), che ha abitato la casa negli anni Settanta, insieme al marito, lo scienziato anaffettivo Horst Schmitt (un protervo Franz Hartwig) e al problematico figlio Peter (un indolente Elias Grünthal).
Il clima narrativo della miniserie dal thriller assume presto gli stilemi dell’orrore. I temi centrali di Cassandra sono quattro: l’infedeltà coniugale, la maternità a ogni costo, la salute mentale e l’aridità creativa. Un altro elemento utile a creare inquietudine nello spettatore riguarda la suspense claustrofobica creata da Benjamin Gutsche in un affascinante contesto di retrò futuristico. La conclusione della miniserie non soddisfa appieno ma un fatto è certo: la tensione che riesce a infondere è autentica. Cassandra non si segnala certo per originalità. Tuttavia, coniuga elementi narrativi già felicemente sperimentati che suonano come veri e propri riferimenti al genere. La storia di un noto scrittore di gialli in crisi confinato in una casa isolata che si confronta con un robot ribelle appare come un doppio omaggio a Stanley Kubrick e a due dei suoi film più celebrati: il capolavoro horror Shining e il film di culto della fantascienza distopica 2001: Odissea nello spazio. Ma il rapporto difficile con le nuove tecnologie ricorda indubbiamente anche una serie tivù antologica come Black Mirror.
Aggiornato il 28 febbraio 2025 alle ore 20:10