È sempre emozionante scoprire un grande classico della letteratura. L’occasione è data da una nuova traduzione dei Demoni di Fëdor Dostoevskij che, a firma di Emanuela Guercetti, è giunta da poco nelle librerie. I demoni, uno dei grandi testi dello scrittore, si presenta come una cronaca scritta da un intellettuale di una città russa, non meglio identificata. Il primo personaggio descritto è Stepan Trofimovič Verchovenskij, un docente universitario, studioso degli arabi, autore di una ricerca sui cavalieri e autore di un poema, simile al secondo Faust di Johann Wolfgang von Goethe. Stepan Trofimovič vive nelle sontuose dimore della signora aristocratica Varvara Petrovna. Era stato assunto, Stepan Trofimovič come precettore del principe Nikolaj Vsevolodovič Stavrogin. A San Pietroburgo, nel salotto di Varvara Petrovna, Stepan Trofimovič con i letterati parlava della abolizione della censura in Russia, della necessità di trasformare la Russia in uno stato federale, della cultura liberale, del loro secolo come quello delle ferrovie, dell’umanitarismo, delle industrie.

Stepan Trofimovič, come altri intellettuali del suo tempo, era ostile agli slavofili. Stepan Trofimovič dichiara, in presenza degli intellettuali, che crede in Dio, come in un essere supremo che solo in me ha coscienza di esistere. Nel libro accanto alla personalità di Stepan Trofimovič, emerge quella di Nikolaj Vsevolodovič Stavrogin, il figlio di Varvara Petrovna. È un personaggio, Stavrogin, nella cui coscienza si è smarrita la distinzione tra il bene e il male, che assurge nella narrazione a simbolo del nichilismo, la corrente di pensiero osteggiata da Dostoevskij. Infatti, a San Pietroburgo, il periodo enigmatico della sua vita di aristocratico privilegiato, per lunghi anni ha frequentato la feccia della società, sperimentato ogni sorta di depravazione e conosciuto la turpitudine. Rientrato in città, per la felicità di sua madre Varvara Petrovna, Stavrogin, colto da un accesso di ira, entra in conflitto con alcuni altolocati esponenti del circolo dei nobili, da cui viene escluso.

La notizia suscita uno scandalo. Si viene a sapere che Stavrogin, per passione di martirio e perché in lei ha visto una creatura sofferente da adorare, ha sposato Marija Timofeevna, la sorella zoppa del capitano Lebjadkin. La scena più intensa nel libro è quella in cui Varvara Petrovna conduce nel suo salotto, a bordo della sua elegante carrozza, Mademoiselle Lebjadkin. Stavrogin, alla presenza delle dame dell’aristocrazia, appare all’improvviso nel salotto e spiega che sia per lui quella giovane donna, malata, vestita modestamente, che riconosce di avere sposato. Stavrogin, che a San Pietroburgo aveva difeso la povera donna, la definisce degna di attenzione, perché la considera migliore di tutti gli aristocratici. Lizaveta Nikolaevna, innamorata di Stavrogin, perde i sensi e sviene. Ivan Pavlovič Šatov, che ha dato uno schiaffo a Stavrogin in un salotto, è il marito di una donna, Maria, con cui il principe ha avuto una relazione. Šatov, parla con Stavrogin di una società segreta di nichilisti, a cui ha partecipato, ma di cui sostiene di non fare parte. Mentre parla con il principe, Šatov espone le sue idee, sostenendo che l’evoluzione della società russa è una faccenda oscura e imprevedibile.

Parla, Šatov in questo dialogo bellissimo con Stavrogin, della riaffermazione da parte dei popoli della propria esistenza e della negazione della morte. Gli ebrei, nota Šatov, sono vissuti in attesa del vero Dio, e hanno lasciato all’umanità il vero Dio. I greci divinizzarono la natura, e hanno lasciato in eredità la filosofia, la letteratura e l’arte. Roma ha divinizzato lo Stato, e ha creato le istituzioni su cui si basa la società. Per Šatov, lo studente intellettuale, esiste il principio estetico, quello morale e l’incessante ricerca di Dio. Se un popolo non crede di essere il detentore della verità, e questa dovrebbe essere la vocazione di quello russo, cessa di essere un grande popolo. Non riesco a capire come mai il bene è associato alla bellezza e il male alla bruttezza, ma comprendo perché in individui come Stavrogin si è eclissata la sensazione di questa differenza. Julia Michajlovna von Lembke è la moglie del governatore della città Von Lembke, un funzionario del Governo. Pètr Stepànovic, il figlio di Stepan, un intellettuale nichilista, diventa il favorito di Julia Michajlovna, con cui vuole organizzare una festa in città a sottoscrizione, in favore istitutrici. La festa dovrà essere divisa in due momenti, la prima parte dedicata alla lettura di testi letterari, la seconda alle danze. Un evento mondano che suscita un clima di allegria nella città e fa apparire la moglie del governatore come una donna capace di tenere unita la società.

Nella fabbrica Spigulin compaiono dei manifesti sovversivi contrari alle leggi dello Stato, che suscitano le preoccupazioni del governatore Von Lembke. Pètr Stepànovic, a capo della società segreta dei nichilisti che vuole corrompere le fondamenta della società e provocare il crollo della morale collettiva con attività sovversive, dichiara a Stavrogin che, pur essendo un nichilista, ama la bellezza e aborre i feticci inutili. Il momento più profondo nelle narrazione avviene quando il principe Stavrogin decide di recarsi in preghiera nel monastero del Salvatore di Sant’Eutimio, in cui incontra il monaco Tichon. Al monaco, dopo avere narrato i suoi peccati, il più grave dei quali è quello di avere ucciso in duello e violato una giovane donna, racconta, in preda al pentimento, che di notte ha la sensazione di avere accanto a sè un essere malvagio e beffardo, che domina la sua vita, il tema è quello del doppio. Il monaco Tichon ammette e riconosce che i demoni esistono ma possono essere intesi in modo diverso. Il mondo è pieno di questi orrori, anche se il monaco Tichon si rende conto che Stavrogin ne ha compreso la gravità e l’insondabile profondità. Stavrogin, prima di lasciare il monaco, una figura di alto spessore spirituale, confessa di voler perdonare sè stesso, e solo allora le allucinazioni spariranno. Il dialogo tra Pètr Stepànovic e il filosofo nichilista Aleksej Nilič Kirillov è memorabile.

Kirillov, che ha deciso di togliersi la vita e lasciare un biglietto scritto con cui assumersi la responsabilità dei crimini commessi dalla società segreta, conversando con Pètr Stepànovic, dichiara che se Dio esiste, tutta la volontà è sua e a essa non posso sfuggire. Se Dio non esiste, tutta la volontà è mia, e sono obbligato a proclamare il mio libero arbitrio. La festa voluta da Julia Michajlovna naufragherà in uno scandalo. In città, oltre il fiume, le case verranno investite dalle fiamme, e dell’incendio verranno accusati i nichilisti. Stepan Trofimovič abbandona Varvara Petrovna e si reca in viaggio. Lungo il viaggio incontra una donna, vedova e venditrice del Vangelo, a cui le chiede, prima di morire, di leggergli il brano di Luca, in cui si parla dei demoni che abbandonano gli uomini e si rifugiano tra i porci. Un libro che è considerato un capolavoro letterario e filosofico tra i più importanti dell’Ottocento.

(*) I demoni di Fëdor Dostoevskij, traduzione di Emanuela Guercetti, Einaudi 2024, Collana Supercoralli, 752 pagine, 28 euro

Aggiornato il 20 febbraio 2025 alle ore 13:52