Se ho plaudito lo studio della musica introdotto nella scuola, altrettanto occorre dire per la lingua latina e ovviamente la letteratura latina. Tra i misfatti moderni, la negazione del passato ovvero ritenere che il passato sia oltrepassato, trascurabile, inutile, vecchio, atteggiandosi nei confronti della cultura e dell’arte come verso le merci e la tecnica, dove accade il superamento sostitutivo: le macchine hanno “superato” i cavalli, per dire. Nella cultura e nell’arte non vi è “superamento”, vi è accrescimento; nell’arte assolutamente il superare non esiste. La mentalità sostitutiva non dobbiamo estenderla alla cultura e all’arte, in concreto, lo Stoicismo non è superato dal cristianesimo, o Lucrezio superato da Leopardi, mentre la nave a remi è superata dalla nave a motore… Se il criterio del superamento annientativo fosse apposto alla cultura ed all’arte non avremmo passato, storia, civiltà, accrescimento ma soltanto un presente spoglio.
La lingua latina e la letteratura latina le conosco relativamente, non ho la capacità di tradurre all’impronta, mi servo del vocabolario, della letteratura che conosco (meno di quanto vorrei, ma che comunque conosco). Ablativo assoluto, mancanza dell’articolo, metrica rendono la lingua latina danzante, magra, niente di superfluo, intagliata, il necessario viene scritto con cadenze rasoiate, ma non c’è durezza, è essenziale, è un’invenzione di termini che, se non percepiti in origine, non possono rendersi. Vale per ogni lingua? D’accordo, anche per il latino! Vi sono espressioni incarnate nella nostra civiltà e perderle sarebbe amputarsi. Espressioni che denotano una valutazione dell’esistenza: “Carpe diem”; “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”; “Nec tecum vivere possum nec sine te”; “Aut Caesar aut nihil”; “Ex nihilo nihil fit”; “Tantum religio potuit suadere malorum”; “Alea iacta est”; “Animula vagula blandula Hospes comesque corporis, Quae nunc abibis in loca Pallidula rigida nudula, Nec, ut soles, dabis iocos…”.
Mi vergogno a riferire queste minimità. Plauto, Lucilio, Ennio, Lucrezio, Catullo, Cesare, Cicerone, Ovidio, Tibullo, Virgilio, Orazio, Marziale, Giovenale, Marco Aurelio, Seneca, Lucano, Livio, Sallustio, Tacito, Varrone, Cornelio Nepote, ma davvero sono quanto di meno si possa riferire di una letteratura sconfinata, erede legittimata della immane Grecia e fonte di un’altra immane civiltà, quella Cristiana! E noi discutiamo se dobbiamo coltivare il latino. Immergerci, altro che coltivare! Bisogna essere radicalmente ottusi per non leggere le Metamorfosi di Ovidio, il De rerum natura di Lucrezio. Deve essere un obbligo!
Nel progetto scolastico ministeriale si dà luogo alla lettura della Bibbia. Eccellente. Ma i pagani, greci e romani, avevano la loro Bibbia, Esiodo (greco), Ovidio, Romano, e Lucrezio (romano). L’Europa ha queste fondamenta: greco, romane, cristiane e da ultimo scientiste razionaliste che si richiamano ai greci ed ai romani (Ilozoismo, Stoicismo, Epicureismo). Occorre riprenderli insieme. Vedremo.
Mi limito a considerazioni risicate perché l’argomento è decisivo, vasto. Un punto. Siamo in un’epoca tecnologica-mondialista. La tecnologia vuole occupare il campo del sapere come fosse l’attività suprema della conoscenza e dell’operare. Sarebbe la fine dell’uomo etico, la fine dell’uomo estetico, il trionfo dell’uomo faber nella modalità volgare, robotica, l’uomo artificiale. Arricchire l’uomo di umanesimo è un “si salvi” necessario: sarà l’arte che salverà il sensibile espressivo. Sentire-esprimere, questo è umano. Non si tratta di europeizzare la scuola o renderla nazionale secondo un criterio conosciuto, si tratta di far sentire l’arte, la civiltà, la espressività e da dove viene, viene. Se leggo i poeti cinesi e giapponesi, benissimo; se leggo i poemi induisti, magnifico. Credere di salvare una civiltà ignorando le altre suscita soltanto ignoranza. Conosciamo quanto possiamo, noi stessi e gli altri. Non basta essere noi stessi, conta valere come uomini.
Aggiornato il 22 gennaio 2025 alle ore 10:53