“Aggiungi un posto a tavola”, la favola di cui abbiamo bisogno

Quando nel 2022 Gianluca Guidi diede l’addio alla tonaca di Don Silvestro un “Noooo” disperato si alzò dalla gremita platea del Teatro Brancaccio di Roma. E adesso? Chi potrà mai raccogliere l’eredità di Guidi perfetto nel ruolo come lo fu il padre Johnny Dorelli? Si attende il 2023 ma non viene fatto alcun allestimento e poi arriva il 2024, l’anniversario dei 50 anni dello spettacolo e i fan (perché questo spettacolo ha una fanbase sfegatata) possono tirare un sospiro di sollievo sul fatto che rivedranno l’arca, la colomba e i bramati soldini lanciati… ma Don Silvestro? Giovanni Scifoni riuscirà a vestire l’amata tonaca e gli occhiali rotondi senza generare rimpianti e dei mugugnanti “si però”?

La risposta del pubblico è un sì “leggendario”! Se la sera del debutto a Roma, avvenuto il 29 novembre 2024 si aveva l’impressione di vedere l’ombra della famiglia Guidi che faceva capolino alle spalle dell’attore, rapidamente Giovanni Scifoni ha trovato le giuste corde, ha preso le dovute distanze facendo scomparire completamente i fantasmi dal palco. Scifoni ha dato vita a un nuovo Don Silvestro, aderente al personaggio così come lo scrissero Pietro Garinei e Sandro Giovannini ma totalmente sganciato dalle precedenti interpretazioni. Lo ha fatto totalmente suo donandogli una presenza scenica completamente diversa anche grazie a una voce calda e a tratti piacevolmente ruvida. Certamente la potenza vocale della famiglia Guidi è indiscussa ma il lavoro fatto per rendere il cantato comodo alle corde di Scifoni è stato perfetto e impermeabile a qualsiasi paragone.

Ma facciamo un passo indietro. Siamo negli anni Settanta, in uno dei periodi più cupi della storia italiana del Dopoguerra, sono gli Anni di piombo, anni di recessione economica, violenza, insicurezza politica e sociale. Iaia Fiastri trova su una bancarella (così si racconta) il libro di un certo David Forrest (pseudonimo dei due autori David Eliades e Robert Forrest-Webb) dal titolo Dopo di me il diluvio (After me the deluge) e lo sottopone a Garinei e Giovannini di cui è storica collaboratrice. Grazie all’illuminazione propria di chi ha lungimiranza e coraggio, i tre gettano il cuore oltre l’ostacolo e, sebbene con il lecito dubbio se fosse opportuno in un clima del genere proporre una frizzante e leggera rappresentazione cantata – dove un anonimo parroco di paese riceve la telefonata da Dio in persona per costruire un’arca in vista del nuovo diluvio – invece di un testo che fosse specchio dei tempi, danno vita a una pietra miliare della commedia musicale all’italiana.

Era l’8 dicembre 1974 quando per la prima volta l’Arca salpò dal Teatro Sistina a Roma dove rimase in scena per sei mesi e divenne una delle rappresentazioni più amate dal pubblico italiano anche grazie a un debutto con un cast di eccezione: Johnny Dorelli come Don Silvestro, Paolo Pannelli era il sindaco Crispino, Bice Valori un’indimenticabile Consolazione e Daniela Goggi è la prima Clementina. Le musiche di Armando Trovajoli, le coreografie di Gino Landi, le scene di Giulio Coltellacci trovano, con il testo di Garinei e Giovannini, una perfetta armonizzazione creando un prodotto che ha varcato i confini nazionali riscuotendo negli anni incredibili successi in Spagna, Germania, Gran Bretagna, Ungheria e in tutto il Sud America.

Gli allestimenti successivi hanno sempre tenuto fede all’originale e l’affezione del pubblico si ritrova anche negli attori che raramente rimangono nel ruolo per una sola stagione. Ma nel 2024 alla quarta edizione chi affianca il nuovo Don Silvestro? Marco Simeoli, divenuto ormai pilastro dello spettacolo in cui ha iniziato interpretando il personaggio di Toto per vestire poi i panni del sindaco Crispino dal 2017 in poi e curando la ripresa di questa edizione. Sofia Panizzi è, invece, al suo debutto nella commedia nel ruolo di una frizzante e convincente Clementina così come debutta Francesco Zaccaro, un perfetto ed esilarante Toto. Si conferma Francesca Nunzi, nel ruolo di Ortensia anche lei dal 2017. Special guest Lorella Cuccarini che rimarrà certamente una delle Consolazione più riuscite con la sua travolgente verve e presenza scenica.

Un plauso speciale all’orchestra di tredici elementi presente a Roma che, sotto la guida del maestro Maurizio Abeni, rende tutto più intenso, vero e credibile e ai sedici ballerini dell’ensemble che – sebbene non abbiano battute – sono talmente in parte da fare arrivare il proprio personaggio e sarebbe riduttivo chiamarlo solo “corpo di ballo”. Tenuta volutamente per ultima “la voce di lassù” che apre lo spettacolo con “C’era una volta. Anzi c’è. O, meglio ancora, potrebbe esserci un piccolo paese di montagna che sta qui, lì, dovunque piaccia a chi sta ascoltando. Il paese che io da quassù ho scelto per questa favola”. In segno di tributo viene mantenuta la voce registrata di Enzo Garinei che è stato “la voce di lassù” dal 2017 fino al 2022 anno della sua scomparsa.

Ma perché il pubblico ama tanto questo spettacolo da vederlo e rivederlo ogni volta e più volte in una stessa stagione, da sapere a memoria non solo le canzoni ma tutto il copione, da continuare ad emozionarsi e a pensare “ma quanti saranno” quando la scenografia cambia e muta e si trasforma raggiungendo il climax con la costruzione dell’arca a scena aperta alla fine del primo atto, da volersi alzare in piedi in un impeto di riscatto sociale su Una formica è solo una formica, da stupirsi sempre come la prima volta e sorridere come un bambino davanti al regalo più bello quando arriva la colomba da dietro e si prende la scena facendo sparire tutti, da continuare a sperare che uno di quei soldini di carta che viene lanciato durante Buttalo via superi la buca dell’orchestra e magicamente arrivi da te come succede nelle favole? Perché è proprio di questo che si tratta: Aggiungi un posto a tavola è una grande favola in cui tutto poi torna a posto, dove c’è l’eroe e c’è il cattivo e c’è l’elemento “magico” e ci sono prove da superare e tutto quel che serve per far sì che alla fine ciò che si doveva compiere venga compiuto e noi ci sentiamo appagati e felici. Perché, come per l’epoca buia in cui è stato scritto, tutti sentiamo il bisogno di leggerezza, ottimismo e di sapere che con l’impegno, la fatica, l’integrità e l’amore – nel senso più ampio del termine – torna sempre a splendere l’arcobaleno.

(*) Lo spettacolo sarà in scena a Roma al Teatro Brancaccio fino al 19 gennaio 2025 per poi andare in tour fino a marzo e approdare al Politeama Genovese di Genova, al Teatro Comunale di Vicenza, al Teatro Verdi di Firenze, al Teatro dell’Aquila di Fermo, al Teatro Valli di Reggio Emilia, al Teatro EuropAuditorium di Bologna, al Teatro delle Muse di Ancona e chiudere poi a Legnano al Teatro Galleria.

Aggiornato il 07 gennaio 2025 alle ore 14:23