Come un viaggio dantesco che porta alla rinascita
Poetessa ed ex autrice Rai, Stefania Rabuffetti da molti anni ha trovato nella scrittura una dimensione per esprimere emozioni, disagi e raccontare il suo vissuto in un viaggio intimistico. La stessa autrice lo spiega così: “Scrivo per guarire il mio male di vivere, un male invisibile, che ferisce la psiche, non ammette le sue colpe, né che io abbia ragione”. Si intitola Parole per guarire la settima e ultima raccolta di poesie di Stefania Rabuffetti.
“Quando ho iniziato a scrivere, io non cercavo la poesia, ma è stata la poesia a trovare me – ricorda Rabuffetti – e, da iniziale mezzo di sfogo e liberazione dai miei conflitti interiori, si è trasformata progressivamente in un mezzo per farmi comprendere. Con la poesia volevo trasformare la realtà in un posto in cui mi sentissi a mio agio ad abitare”. Inoltre “non scrivo solo per curare le ferite della mia interiorità, ma anche per cercare di aiutare le persone a capire prima e superare poi quel sentimento di vuoto che tanti vivono e che rende l’esistenza un inferno”, precisa l’autrice definita dalla trasmissione tv “Propaganda live” su La7 “la poetessa dei social”.
Stefania si avvicina così alla scrittura in versi nel 2007, un modo per affrancarsi dalle difficoltà personali, una terapia contro la depressione e il senso di alienazione che spesso avvertiva. “La poesia per un periodo si mostrò in modo ostile e indecifrabile - fa notare l’autrice –. Dopo essere di nuovo uscita dal buio dei miei problemi, dopo il 2009, la poesia è tornata a vivere nella mia vita e da allora non mi ha mai più abbandonato”.
“Parole per guarire”, edita da Castelvecchi, è divisa in tre grandi capitoli: Inferno, Purgatorio e Paradiso e illustra in 182 pagine una sorta di percorso dantesco che rispecchia il malessere dei giovani nell’affrontare la vita quotidiana: “Non è vero che i ragazzi siano insensibili quando si toccano le corde dell’anima – spiega Rabuffetti – e la poesia può rappresentare un modo per fare emergere ansie, preoccupazioni, paura, malinconia, noia e fastidio verso tutto e tutti”. Proprio gli stessi atteggiamenti tipici del male di vivere che hanno caratterizzato nell’Ottocento le opere di Baudelaire e dei poeti parnassiani.
Tra i componimenti della raccolta, nella poesia “Peso delle cose” contenuta nel “Purgatorio”, la poetessa affronta anche il tema del riconoscersi nel vedere la propria immagine riflessa in uno specchio: “E se io non fossi io? E se non fossi nessuno? Dov’è il mio corpo? Dov’è il mio volto?”. Domande che riflettono l’inquietudine verso una immagine di sé che si fatica ad accettare, come tanti giovani sentono sulla propria pelle. Ma la vita non è solo una tortura, è anche un desiderio, una speranza. Come emerge nel Paradiso: lì tra le poesie c’è una “Buona stella” che “brilla per me sola, la saprei riconoscere anche a occhi chiusi, è lei che ogni notte racconta favole ai miei sogni”. Inoltre “non mette in ombra la mia anima, ma la salva dall’oscurità”.
Rabuffetti vive e lavora a Roma, dove è nata nel 1972. Sempre nella Capitale per dieci anni ha lavorato nella redazione di vari programmi televisivi Rai. Ha già pubblicato in totale sette raccolte di poesie.
(*) Stefania Rabuffetti, Parole per guarire, Castelvecchi 2023, 182 pagine, 18,99 euro
Aggiornato il 04 dicembre 2024 alle ore 15:55