L’idea di Qui non è Hollywood di Pippo Mezzapesa è sbagliata sin dal principio. Il caso legato alla scomparsa e all’omicidio di Sarah Scazzi genera sgomento, indignazione e profondo dolore. La sua rappresentazione romanzata, per certi versi addirittura onirica, crea nello spettatore una sensazione di racconto orgogliosamente funereo che non giova alla narrazione. Qui non è Hollywood dimostra quanto le storie di cronaca efferate debbano essere ricondotte in una trasposizione esclusivamente documentaristica. Non a caso, la stessa Groenlandia, che ha realizzato la miniserie, nel 2021 ha prodotto per Sky, con un significativo esito, un documentario in 4 episodi, per la regia di Christian Letruria, Sarah, la ragazza di Avetrana, tratto dall’omonimo libro scritto da Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni (Fandango Libri, 2020). Presentata in anteprima alla 19ª edizione della Festa del cinema di Roma, la miniserie prodotta da Matteo Rovere fa discutere ancor prima della sua messa in onda, il 30 ottobre su Disney+. Infatti, il progetto televisivo inizialmente s’intitola Avetrana, Qui non è Hollywood. Ma la produzione, dopo l’intervento del Tribunale di Taranto, è costretta a cancellare il nome del Paese.
Anche la miniserie di finzione, come quella documentaria, è basata sul saggio scritto da Gazzanni e Piccinni. Il regista Mezzapesa ne ha tratto la sceneggiatura insieme ad Antonella W. Gaeta, Davide Serino e ai due autori. Qui non è Hollywood è interpretata magistralmente da Vanessa Scalera, nel ruolo di Cosima Misseri; Paolo De Vita in quello di Michele Misseri; Giulia Perulli nei panni di Sabrina Misseri; Imma Villa in quelli di Concetta Serrano; Federica Pala nel ruolo di Sarah Scazzi; Anna Ferzetti è invece la giornalista Daniela; Giancarlo Commare è Ivano Russo; Antonio Gerardi interpreta il maresciallo Persichella. Marracash è autore e interprete del brano La banalità del male, end credit song di Qui non è Hollywood. La canzone nasce dalla collaborazione tra Marracash e il produttore Marz, che ne ha creato la musica.
La vicenda è nota. Nell’estate 2010 la 15enne Sarah Scazzi (una sorprendente Federica Pala) vive ad Avetrana, un paese del Tarantino di poche migliaia di abitanti, con la madre Concetta Serrano Spagnolo (un’eterea Imma Villa), una devota testimone di Geova. Tuttavia, Sarah preferisce trascorrere le giornate dagli zii Cosima Serrano (una mefistofelica Vanessa Scalera) e Michele Misseri (un mimetico Paolo De Vita), in compagnia della cugina 22enne Sabrina Misseri (un’appassionata Giulia Perulli) e il suo gruppo di amici. Sarah soffre di solitudine e sogna il grande amore. Sviluppa un’infatuazione per Ivano Russo (un puntuale Giancarlo Commare), giovane di cui anche Sabrina è invaghita. Per queste ragioni, la cugina inizia a maturare una crescente gelosia nei confronti di Sarah. Il 26 agosto Sarah scompare nel nulla. Il paese è in subbuglio. In particolare, Sabrina, che proprio quel pomeriggio aspetta Sarah per andare al mare in compagnia di un’amica delle due. Ma la ragazzina non si presenta all’appuntamento. A quel punto, scatta l’allarme. La madre Concetta denuncia la scomparsa della figlia. Così iniziano le ricerche. Che si rivelano del tutto vane. Il corpo della ragazzina viene rinvenuto il 6 ottobre, dopo 42 giorni dalla scomparsa, in fondo a un pozzo in contrada Mosca, in un appezzamento di terreno dello zio, Michele Misseri. Il ritrovamento del cadavere della vittima viene annunciato in diretta televisiva, alla presenza di Concetta Serrano, da Federica Sciarelli, conduttrice del programma Rai Chi l’ha visto? Il 21 febbraio 2017 la Corte suprema di Cassazione conferma le condanne all’ergastolo per Sabrina Misseri e Cosima Serrano, per l’omicidio di Sarah Scazzi; 8 anni per Michele Misseri, per soppressione di cadavere e inquinamento delle prove; 4 anni e 11 mesi per Carmine Misseri e un anno e quattro mesi a Vito Russo Jr. e Giuseppe Nigro per favoreggiamento personale. Nel 2018 la Corte europea dei diritti dell’uomo dichiara ammissibile il ricorso presentato dalle due donne condannate. La decisione nel merito è tuttora pendente.
La miniserie è divisa in quattro puntate. Intitolate: Sarah, Sabrina, Michele e Cosima. Raccontano la storia attraverso il punto di vista di ciascun personaggio. Ma la narrazione non approfondisce i personaggi. Li distorce. Gravandoli di grottesche allucinazioni che non assurgono mai agli spettri di ibseniana memoria. Qui non è Hollywood infonde la sua retorica visiva sui corpi. La miniserie pone in primo piano uno sguardo giudicante. Oscenamente fuori posto. Un esempio è rappresentato dalla passeggiata notturna di una Sarah minacciosa, sulle note di Who Wants to Live Forever dei Queen. Un chiaro omaggio a Buongiorno, notte, capolavoro di Marco Bellocchio. In quel caso, un sorridente Aldo Moro (cui dà il volto uno strepitoso Roberto Herlitzka) abbandona il suo nascondiglio, incamminandosi per le strade di una Roma deserta, alle prime luci dell’alba. Il sogno di libertà è accompagnato dall’attacco di Shine on Your Crazy Diamond dei Pink Floyd. Nella miniserie, invece, la sequenza della liberazione di Sarah appare didascalica, ridondante. Scopertamente sinistra. Fintamente poetica. Di cattivo gusto.
Aggiornato il 22 novembre 2024 alle ore 19:22