MedFilm Festival: alla ricerca del piccione perduto tra Israele e West Bank

Il MedFilm Festival da poco conclusosi con l’assegnazione dei vari premi è stato come al solito una palestra di riflessione tra culture che ultimamente riflettono poco. E infatti il film che ha avuto il maggiore apprezzamento dalla giuria è stato Les Fantômes di Jonathan Millet, una pellicola che racconta la Siria nelle condizioni in cui si trova adesso. Una storia “che ci parla del confine tra giustizia e vendetta, del dolore personale e del trauma collettivo nonché della relazione viscerale che si forma tra vittima e carnefice”. L’odissea di un esule siriano sulle tracce del suo torturatore a metà tra un thriller e un film dell’orrore. Una caccia all’uomo molto ben interpretata da Adam Bessa e dal suo antagonista Tawfeek Barhom. Altro film degno di menzione è Who Do I Belong To di Meryam Joobeur. Che infatti ha vinto il Premio speciale della giuria. Un figlio scomparso che torna al villaggio con una donna incinta e silenziosa, velata da un niqab che rivela solo occhi magnetici e inquietanti. Una madre che viene dilaniata tra ricerca della verità e bisogno di tenere insieme la famiglia.

Nel ritrarre questa disgregazione, Joobeur crea un mondo in cui realtà e proiezione si confondono, lasciando che il mistero prevalga sulle spiegazioni. Infine, vale la pena di citare anche Everybody Loves Touda di Nabil Ayouch che ha ottenuto il Premio espressione artistica. La pellicola è di coproduzione franco-marocchina e racconta la vicenda di Touda. E quella del suo sogno di diventare una vera “sheika” (letteralmente “vecchia” in arabo), con termine con cui si indica una cantante tradizionale marocchina che dà voce all’anima e alle parole delle poetesse ancestrali. Touda di fatto è un’utopista, o meglio una sognatrice, spesso malmenata da uomini gelosi o fanatici nei locali di provincia dove si esibisce. Sarà il figlio la sua stella polare. Ma la pellicola che ci ha convinto di più narra, tanto per cambiare, del conflitto israelo-palestinese visto con gli occhi poetici del regista Rashid Masharawi. Conflitto che assume astratti connotati quasi teneri.

La guerra sembra lontana in Passing Dreams che è la “on the road” di un ragazzino con il padre in carcere nello stato ebraico per collusioni con il terrorismo e uno zio che farebbe di tutto per accontentarlo. Il ragazzo è alla ricerca del proprio piccione viaggiatore perduto. E la vicenda è più simile agli “on the road di Kerouac” che a una reminiscenza proustiana fatta di ricordi e sogni svaniti. Un piccione viaggiatore non è più tornato e allora ecco zio e nipote, con la cugina del ragazzo, in viaggio ad Haifa e poi a Tulkarm e poi a Gerusalemme, tra check point dove soldati sospettosi fanno persino saltare in aria una gabbietta da piccioni vuota e dimenticata in un bar, e tra i poveri cristi palestinesi che non partecipano al terrorismo, e che tirano a campare come possono tra mille difficoltà e mille rimpianti, subendo le conseguenze inevitabili di chi invece si illude di risolvere con la lotta armata la disfida quasi secolare. Ecco anche le battute che fanno tenerezza: “Ti ho chiesto di salire sul tetto per vedere se questo piccione è tornato dal vecchio proprietario mica per liberare Gerusalemme”. Anche quest’anno quindi il MedFilm Festival, creatura prediletta della direttrice artistica Ginella Vocca, e fiore all’occhiello dello studio di comunicazione di Raffaella Spizzichino, Maya Reggi e Carlo Dutto, torna puntuale a non deluderci con le sue suggestioni multiculturali e con la varietà dei film portati per una settimana in giro per le sale romane che ospitano la kermesse cinefila.

Aggiornato il 16 novembre 2024 alle ore 11:16