Visioni. L’avvincente serie tivù sugli 883

Un racconto di formazione che descrive i giovani degli anni Novanta. La storia autoironica di due ragazzi di Pavia che amano la musica. Hanno ucciso l’Uomo Ragno - La leggendaria storia degli 883 è un viaggio avvincente messo in scena con un linguaggio universale. Il progetto televisivo, in otto puntate, trasmesso su Sky e in streaming su Now dall’11 al 31 ottobre, è firmato da Sydney Sibilia, codiretto insieme ad Alice Fillippi e Francesco Ebbasta, scritto dallo stesso Sibilia con Francesco Agostini, Chiara Laudani, Giorgio Nerone, prodotto da Matteo Rovere per Sky Studios e Groenlandia e interpretato magistralmente da Elia Nuzzolo (che dà il volto a Max Pezzali) e Matteo Oscar Giuggioli (che veste i panni di Mauro Repetto). La serie tivù (di cui è già stata confermata la seconda stagione) narra l’incontro sui banchi del liceo dei due giovani. Dagli esordi musicali fino al successo decretato dalla celebre canzone dedicata, solo nominalmente, al supereroe dei fumetti targati Marvel Comics: Spider-Man, iconico personaggio creato dallo scrittore Stan Lee e dal disegnatore Steve Ditko. Lontanissima dall’accezione politica della coeva canzone degregoriana La ballata dell’uomo ragno (un apologo su Tangentopoli), nella declinazione degli 883, l’uccisione dell’Uomo Ragno è sinonimo della disillusione, della fine dei sogni. Per queste ragioni, Sibilia, noto per la trilogia di film Smetto quando voglio, sceglie un registro intimo per raccontare una storia di successo. Seppure costellata da aspirazioni frustrate e amori interrotti.

La serie è molto distante dal tradizionale biopic musicale. Il regista è interessato a descrivere un Amarcord dedicato all’amicizia. Max Pezzali e Mauro Repetto sono due adolescenti comuni. Non troppo belli, ma determinati a conquistare la celebrità. Costituiscono, chiaramente, l’antitesi dello stereotipo dei cantanti dediti a sesso, droga e rock’n’roll. Non sanno suonare, non hanno mai composto musica eppure sono decisi a realizzare delle canzoni inedite. La costruzione narrativa della serie, naturalmente romanzata, si basa sulle autobiografie dei due musicisti (I cowboy non mollano mai - La mia storia di Pezzali e Non ho ucciso l’uomo ragno di Repetto). Ma un ruolo decisivo è rappresentato dall’interpretazione, abbastanza diretta, dei testi delle loro canzoni. La passione per le moto le Harley-Davidson, la birra scura, le sale giochi e i Metallica emergono chiaramente da brani come Non me la menare o Con un deca. Infine, irrompe l’amore adolescenziale per la bella compagna di scuola Silvia (la sorprendente Ludovica Barbarito), la musa da cui tutto ha inizio. Cisco (Davide Calgaro), invece, è il secondo migliore amico di Max Pezzali. Un personaggio minore, che agisce da coscienza critica, pragmatico consigliere, stratega della seduzione, che non crede affatto alle qualità artistiche del futuro frontman degli 883. Salvo poi omaggiare la band rilevando proprio Jolly Blue, la mitica sala giochi, che dà il titolo a una delle più note hit del gruppo. Hanno ucciso l’Uomo Ragno - La leggendaria storia degli 883 è una serie tivù divertente. Un resoconto di straordinaria immediatezza delle tragicomiche vicende di due perdenti di successo. Lo sguardo narrativo è caratterizzato, in gran parte, da tenerezza e umorismo.

La storia di Pezzali e Repetto è il racconto affettuoso di un’epoca. Il ritratto divertito dei primordi di alcune figure decisive dello spettacolo italiano: da Maria De Filippi (un’evanescente Carolina D’Alatri) a Jovanotti (un esagitato Leonardo Cappelli) a Fiorello (un caricaturale Carlo Palmeri). Innamorato di musica e aneddoti legati alle rockstar, Pezzali viene presentato come un autentico nerd della porta accanto. Repetto, invece, si esibisce soprattutto d’estate. Lavora come animatore nei villaggi vacanze, ma è attraversato da un irrefrenabile desiderio di farcela. Nonostante il loro pigmalione, Claudio Cecchetto (un istrionico Roberto Zibetti), li definisca, letteralmente, “impresentabili”, Pezzali e Repetto, con la coadiuvazione del produttore Pier Paolo Peroni (un vulcanico Edoardo Ferrario), riescono a fare breccia nel pubblico giovanile e a scalare le classifiche dei dischi più venduti. Non sono due ragazzi arrabbiati con il mondo. Piuttosto, le loro giornate sono contraddistinte dalla noia della vita di provincia. Eppure è proprio la provincia a costituire l’incipit della loro storia. Quella voglia di fuga verso un altrove indefinito rappresenta lo spunto necessario per la creazione artistica.

Aggiornato il 08 novembre 2024 alle ore 18:29