L’uomo è un animale razionale in cui si realizza la compartecipazione tra esistenza definita e individuale, propria della singola persona, ed esistenza naturale o vitale, scaturita dalla forza globale o primeva dell’essere. Prendendo a riferimento questa seconda forza, la forza da cui scaturisce la vita, concetto che si avvicina a quello a cui gli antichi greci davano il nome di Zoe, Michel Foucault costruì un circolo etico per cui in virtù proprio di questa forza vivente gli umani possono trovare le risorse e la possibilità per realizzare un’attività politica degna.
Ma a cosa serve l’attività politica, questo grande concetto che con alterne fortune è andato avanti dal mondo greco-romano fino alla modernità e ai nostri giorni, seppure come noto si parli da tempo di crisi della politica? La lezione di Foucault in questo frangente è che per garantire il fatto che noi tutti si rimanga nella dimensione di esseri umani, prendendo un po’ a prestito anche la terminologia di Hans Jonas, e far risuonare nella nostra esperienza di vita particolare la forza dell’esistenza primaria di Zoe, ovvero della vita come naturalità, dobbiamo esercitare un compito politico di presa di cura, di salvaguardia di questa naturalità dell’essere.
Il nostro è diventato in larga parte un mondo artefatto e tecnicista in cui occorre però mantenere un rapporto tra cultura e natura, la matrice di vita primaria da cui l’esperienza umana scaturisce. È interessante notare quindi questo rapporto tra la politica, che oggi sembra qualcosa di assolutamente iper-culturale, artefatta e lontana dalla Zoe (basti pensare ai like dei social tanto amati anche dai nostri politici), e la natura stessa come fondo generativo dell’essere. In altre parole, grazie alla politica l’uomo dovrebbe agire a livello culturale per mantenersi prossimo all’esperienza naturale di umanità di cui oggi ci siamo ormai, almeno per quanto riguarda larghi settori dell’occidente, dimenticati. Dunque, perché la politica è importante seguendo questa prospettiva? Perché l’azione politica è la sola che ha la possibilità di mantenere vivo un contatto con la nostra dimensione naturale, da cui si sviluppano molteplici caratteristiche dell’umanità ancora oggi.
La politica dovrebbe pertanto ricordare e rimettere al centro della sua azione il fatto che siamo pur sempre, come riteneva Aristotele, animali razionali, oppure che − usando un altro sistema di riferimento teorico più moderno, quello freudiano − siamo spinti da una totalità di forze che ci spingono a realizzare ogni nostra azione anche grazie a una spinta inconscia non del tutto spiegabile razionalmente. Se dimentichiamo questo fondo di naturalità, di aderenza a un sostrato primevo dell’essere, il rischio è che molte esperienze e caratteristiche dell’umano vengano rimosse e che noi tutti siamo destinati a recidere la possibilità di una vita autentica. L’azione politica pertanto dovrebbe far mantenere costante il rapporto dell’umano con la natura, e non farci arrendere, anche in pieno ventunesimo secolo, ai diktat dello scientismo e dell’ipertecnologia che dimenticano il nostro rapporto fondativo con la Zoe primordiale.
L’importanza della lezione di Foucault è dunque quella di ricordare che noi tutti siamo esseri naturali e che non dovremmo a tutti i costi, se vogliamo conservare il bene a cui ogni esperienza umana dovrebbe mirare, saltare sul carro della tecnica e affermare che ogni motivo di progresso tecnologico è un vantaggio per lo stile di vita di tutti e di ciascuno; ma riflettere prima sul fatto che la nostra sfera è costituita anche da una millenaria parte di naturalità che non può essere dissolta dal primo discorso tecnicista che passa.
Aggiornato il 02 novembre 2024 alle ore 14:28