Quale è l’anamnesi delle origini del Grande fratello, che si sostituisce al detto popolare “Dio vede (tutto) e provvede” a tutti i bisogni dei suoi fedeli, divenuti “cittadini” nella versione del dio laico? Si tratta, cioè, di un corpo collettivo di agenti, ufficiali e segreti, che operano al comando di un dittatore, il Grande fratello, per l’appunto; o di un virus decerebrante, da sempre latente nella nostra specie, che favorisce e privilegia l’istinto del gregge, del tutto acritico e unicamente improntato alla sopravvivenza e al puro godimento? Ecco, lo spettacolo 1984, una libera riduzione teatrale dell’omonimo romanzo di George Orwell, in cartellone al Teatro Quirino fino al 3 novembre, per la regia di Giancarlo Nicoletti e le scene di Alessandro Chiti, tenta di dare una risposta al suddetto quesito, mettendo in scena una realtà totalmente distopica. Gli attori sostanziali non sono i pur importanti personaggi che si alternano sul palcoscenico, ma vere Entità (il Partito interno, occulto, e quello esterno, palese) quasi ultraterrene, per cui si può credere che siano prodotte dal Sovrumano, con il controllo totale di ogni pensiero, atto o comportamento dei cittadini della superpotenza Oceania, alleata con l’Eurasia ed entrambi in guerra contro l’Estasia. Questi tre super regni costituiscono tutti assieme l’umanità sopravvissuta a una precedente guerra nucleare. Nel superstato di Oceania, la società è controllata da un partito che basa il suo potere sui principi del Socing, un socialismo estremo, il cui comandante supremo è il Grande fratello, misterioso dittatore il cui viso compare ovunque nei teleschermi e nei manifesti di propaganda.
Le città sono sorvegliate da milioni di schermi e dalle pattuglie della Psicopolizia, una feroce organizzazione paramilitare poliziesca che ha come obiettivo, attraverso lo spionaggio, di individuare e catturare chiunque commetta uno “psicoreato”, che consiste nel nutrire sentimenti o elaborare pensieri non conformi al Socing. Nella rappresentazione teatrale, ogni violazione è punita immediatamente con lancinanti effetti speciali sonori e luci stroboscopiche, tali da terrorizzare chi ne sia responsabile. La rappresentazione si avvale di una potente e complessa scenografia, articolata su tre gigantesche pareti attrezzate ruotanti, che fungono, rispettivamente, da camera di tortura; cortina esterna di edifici pubblici e ambienti privati; megaschermi per la proiezione di immagini e di momenti della vita intima dei due amanti protagonisti, Winston Smith (Woody Neri) e Julia (Violante Placido). Il primo è un microscopico, quanto prezioso ingranaggio dell’omologazione del pensiero e della semplificazione del linguaggio, depurato da tutte le parole per descrivere i sentimenti umani, le opinioni politiche e lo stato delle relazioni interpersonali. Compito di Winston, trentanovenne impiegato del Partito esterno presso gli uffici del Ministero della Verità, è di “correggere” i libri e gli articoli di giornale già pubblicati, modificandoli in modo da rendere riscontrabili e veritiere le previsioni fatte dal partito, che è “buono e non sbaglia mai”.
Pertanto, a tal fine, occorre modificare la storia scritta per alimentarne la fama di infallibilità, anche attraverso l’applicazione della regola ferrea della damnatio memoriae verso i dissidenti, facendo in modo che tutti costoro non siano “mai esistiti”. Ma, siccome l’Anima è un’aurea invisibile e immateriale, Winston inizia a coltivare dubbi sul totalitarismo che lo circonda, iniziando a scrivere un diario che, se scoperto, equivarrebbe alla sua condanna a morte. Julia, invece, si occupa della manutenzione delle macchine (in sostituzione degli scrittori umani, così non c’è pericolo di devianza) per la scrittura di romanzi al Ministero della Verità. E poiché l’amore libero è proibito dal partito, che ammette il sesso esclusivamente a fini riproduttivi, i due diventano amanti clandestini, ospitati per i loro incontri amorosi nel retrobottega, non sorvegliato dal Grande fratello, di un negozio di antiquariato di proprietà di un certo Charrington, che si finge loro amico. Così come si fingerà tale un certo O’Brien (Ninni Bruschetta, molto bravo nei panni dell’Inquisitore), un importante funzionario del partito interno, che simula la sua appartenenza a una fantomatica organizzazione clandestina di ribelli, detta la Fratellanza, offrendo a Wilson la lettura del testo clandestino di Teoria e prassi del collettivismo oligarchico (il manifesto della pseudo organizzazione, che ne espone le ideologie anti-governative nei confronti del regime), per poi denunciare e sottoporre a tortura i due amanti, che si tradiranno a vicenda, nella famigerata “Stanza 101”.
A Winston, che non riesce ad adeguare la propria mente al bispensiero, ossia a quel meccanismo mentale imposto dal regime, che prevede di cambiare le proprie convinzioni all’istante, o credere simultaneamente a due affermazioni tra loro contrarie, a seconda del volere del partito, vengono amputate le dita delle mani ed estratti a freddo i denti. Al culmine dei suoi patimenti, gli sarà somministrato il supplizio della gabbia dei topi, animali da cui Winston è da sempre irrazionalmente ossessionato, facendone crollare ogni residua resistenza. Dappertutto, la maggior parte delle scene di 1984 è popolata di personaggi insensati, che compaiono e scompaiono dietro le grandi pareti, trasportando con loro sobri arredi, vassoi per bevande, e così via, mentre una ragazzina e sua madre intonano canzonette idiote, le uniche attività creative concesse a un popolo decerebrato. Finirà male, ovviamente, perché il sistema, come il banco, a quanto pare vince sempre.
Aggiornato il 25 ottobre 2024 alle ore 13:32