Festa di Roma, Chiara Mastroianni: “Vi racconto mio padre”

“Questo è un lavoro di pazienza: bisogna sempre aspettare, la prossima scena, il prossimo film”. Lo diceva Marcello Mastroianni. Lo rivendica la figlia, Chiara Françoise Charlotte Mastroianni. L’attrice, figlia di due icone del cinema come il padre Marcello e la madre, Catherine Deneuve, è stata protagonista di una masterclass alla Festa del cinema di Roma. Chiara ha dimostrato tutta la sua straordinaria semplicità ed ironia. A proposito del Metodo Mastroianni, ha detto che “in realtà, non ne aveva. Da quello che diceva mio padre l’importante era solo essere totalmente disponibili per il regista e soprattutto avere molta pazienza”. Rispetto alla mascolinità di Marcello, Chiara ha sottolineato che “la sua modernità in un’epoca in cui contava solo il maschio-maschio è stata quella di portare avanti un’altra natura, un’altra mascolinità. Nei primi film era addirittura doppiato perché la sua voce era considerata troppo poco virile. Era, comunque, un attore che poi, in un’epoca non certo facile, ha fatto l’omosessuale o l’uomo incinto come nel film Jacques Demy (proprio al fianco della Deneuve, ndr). Insomma, altro che latin lover: era la cosa che odiava di più sentirsi dire”.

La vita da set, “era la sua vera casa, dove si sentiva al sicuro. In vacanza si annoiava non prendeva il sole, non faceva il bagno, era sempre nervoso”. E poi, “amava il telefono, gli piaceva comprare sacchetti di gettoni perché telefonava sempre. A me anche tre, quattro volte al giorno. Mi chiamava anche per avere una copertura per la sua vita sentimentale complicata. Che tempo fa a Parigi? Piove? Lo faceva per crearsi un alibi. Mi diceva sempre, solo un po’ scocciato: purtroppo bisogna mentire, mentire, sempre mentire anche se è complicato”. L’indolenza, invece, “era una specie di grasso che lo proteggeva perché pensava che fosse abbastanza non fare troppo, ma era abitato anche da una certa malinconia che il cinema ha aiutato a stemperare. C’era poi in lui l’inquietudine per quello che era successo a mio nonno che aveva una piccola falegnameria, una cosa modesta. Poi arrivò Benito Mussolini, lui non prese la tessera perché era antifascista e perse tutto il poco che aveva. Una cosa questa che mio padre raccontava sempre specialmente nei suoi ultimi anni”.

Chiara Mastroianni ha parlato anche di Sophia Loren. “La consideravo un mito. Quando poi l’ho conosciuta sul set di Prêt-à-Porter di Robert Altman, ho scoperto che era molto simpatica. Totalmente diversa da come uno se la poteva immaginare, una che mangia la pasta, ride e scherza. Con mio padre erano una coppia incredibile”. Necessario anche un ricordo di Federico Fellini. “Sono stata molto piccola sul set de La città delle donne e per me il regista è sempre stato un amico di mio padre, uno che lavorava con lui, solo dopo ho capito il genio che era. Allora più che altro ero impressionato da Cinecittà. Per me era la città dei balocchi, dei sogni. Fellini aveva un piccolo appartamento sopra lo Studio 5 e lì Ettore Scola a volte cucinava la pasta per tutti. Al bar di Cinecittà trovavi di tutto, uno vestito da nazista a un antico romano a prendere il caffè insieme”. Infine, la vigliaccheria proverbiale del padre Marcello. “Si è vero – ha rimarcato Chiara – mio padre stesso si definiva un vigliacco. Uno che ti chiede il meteo di Parigi per poter mentire come vuoi chiamarlo? Ma la cosa bella era che se lo diceva da solo”.

Aggiornato il 22 ottobre 2024 alle ore 15:28