Per sua stessa ammissione, Emmanuel Carrère non è l’unico a parlare del “come se”, del “se fosse avvenuto”. Ipotizzare l’altrimenti evidenzia la tendenza umana a rimodellare la realtà leggendola con schemi mentali personali. L’azione successiva è quella di tentare di modificare la cosiddetta realtà. In campo filosofico si potrebbe parlare di praxeologia. La narrazione degli eventi come avremmo voluto che accadessero provoca alcune riflessioni. L’ucronìa non è un semplice raccontarsi frottole (pagina 48), ma sovente è un “ragionamento politico” (pagina 44). In quest’ultima opzione è uno strumento utilizzato dai regimi totalitari. Il totalitarismo è la fase avanzata della dittatura. Ne è il salto di qualità. Qualsiasi aspetto della vita individuale viene controllato e possibilmente, condizionato e modificato da una martellante propaganda ideologica di Stato per manipolare, modificare o perfino demolire le capacità cognitive. La scienza del condizionamento mentale esce dai perimetri accademici, diventando uno strumento di sottomissione statale ed oggi sempre più nelle mani delle multinazionali. La macchina risultante è una commistione fra scienza cognitiva e gestaltismo.
L’autore si premura di ricordarci che l’ucronìa è sempre un prodotto mentale, è “immaginazione” (pagina 49) con forti connotazioni modificative del passato “ufficiale” (pagina 50). Nel suo lato positivo, questa narrativa è un sogno che diventa realtà, è “immaginazione sfrenata” (pagina 64). Possiamo citare come maestro di genere lo scrittore Howard Phillips Lovecraft per giungere al grande Philip K. Dick, autore del libro La svastica sul sole in cui ipotizza la vittoria delle potenze dell’Asse sugli angloamericani. Non possiamo dimenticare le esplorazioni dei labirinti infiniti dello scrittore argentino Jorge Luis Borges. Condivisibile l’intuizione di Carrère quando ritiene che l’ucronìa possa configurarsi come una storia del rimpianto su ciò che sarebbe potuto accadere. Ipotizzare mondi diversi, scenari storici alternativi o differenti costituisce una fertile ed inesauribile fonte di riflessioni, un incentivo anche alla partecipazione politica attiva e non passiva configurata dal concetto di resilienza.
Pertanto, l’insoddisfazione del tempo presente ispira i cultori dell’ucronìa, che non sono solamente coloro che rimpiangono catturati dalla cultura della lagna, ma anche coloro che riescono a costruire progetti di società, di futuro. L’elaborazione di ipotesi non allineate con la teologia dominante impone una diffusione di queste idee con impalcature narrative, retoriche e semantiche mimetiche. Pensiamo alle decine di autori che hanno dovuto camuffare le proprie idee facendo ricorso a retoriche simboliche e a costruzioni linguistiche complicate. Di questa mimetizzazione il libro non racconta abbastanza.
Il testo contiene un lungo catalogo di esempi letterari e di citazioni culturali al limite della pedanteria. L’abbondanza di citazioni culturali appare esorbitante per la descrizione di un concetto per il quale una maggiore brevità sarebbe stata opportuna. Abbiamo quindi un libro che parla di libri, ricalcando esperimenti letterari antecedenti. Un volume interessante che, tuttavia, omette di indagare sugli aspetti economici, politici e sociali che l’ucronìa implica, modificando da sempre la vita di intere civiltà.
(*) Ucronia, Emmanuel Carrère, Adelphi, 160 pagine, 14 euro
Aggiornato il 07 ottobre 2024 alle ore 12:20