Il senso di questo libro originale sta tutto nel titolo scelto con grande abilità dalla redazione della casa editrice Adelphi. A pagina 150 la frase diventata il titolo segna il punto di svolta del pensiero scientifico “quand’è che abbiamo smesso di capire il mondo”. Quando si è smesso di concentrare le analisi del mondo “reale”. Questo oltrepassamento è il punto di svolta del pensiero matematico e scientifico. La “meccanica” che sopraggiunge si sgancia dal mondo fenomenico, dalla realtà che ha tentato di interpretare creando teorie unificanti con esiti insufficienti. Prende consistenza una visione eterea dell’universo. Si verificano eventi che la meccanica legata alla realtà delle cose considera assurdi e insolubili. Nel corso del ventesimo secolo si fanno strada modelli matematici che tentano di conferire un senso ai fenomeni che narrano di un universo instabile oltre la nota struttura dell’atomo. Si comincia a parlare di “onde” e di interazioni non misurabili. Si apre a un cosmo non più rappresentabile con le conoscenze finora acquisite nel campo della matematica e della fisica.

Un passo importante è rappresentato dal “principio di indeterminazione” di Werner Karl Heisenberg. Si entra in un mondo dettato dalla impermanenza. A pagina 130 Labatut ci parla del “saliscendi di realtà” materiali e mentali. Albert Einstein si ribella alla probabilità che un universo simile sia possibile. Al mondo del caos egli oppone la sua riflessione: “Dio non gioca a dadi con l’universo” (pagina 160). La fine della comprensione del mondo segna lo spartiacque da cui nasce il successivo pensiero matematico e della fisica che si distacca dalle architetture concettuali della realtà in auge fino agli inizi del Novecento. Iniziano le prime analisi critiche e alcune integrative delle teorie di Einstein da parte del matematico e ufficiale dell’esercito tedesco Karl Schwarzschild che elabora un teorema definito “singolarità” dove egli racconta di stelle collassate su sé stesse, di fenomeni incomprensibili. I concetti di Spazio e di Tempo finora conosciuti diventano insufficienti.

Le nuove ricerche di fatto escono dal Divenire teorizzato dalla cosmologia corrente. Queste riflessioni fanno scricchiolare l’architettura cosmologica di Albert Einstein. Pubblica oltre cento articoli scientifici trattando aree conoscitive più disparate. Calcola il limite della “singolarità” che sarà definita il “raggio di Schwarzschild”. La massa concentrata altera lo spazio, è un vicolo cieco invisibile e incomprensibile. La teoria della relatività perde senso e i suoi calcoli risultano sbagliati. Julius Robert Oppenheimer conferma i risultati di Schwarzschild argomentando di un “buco nero” che accartoccia lo spazio. La ricerca del giovane ufficiale tedesco è il punto di svolta che stacca il pensiero matematico-fisico dalla realtà toccando inimmaginabili livelli di astrazione. Il matematico giapponese Shinichi Mochizuki pubblica quattrocento pagine per dimostrare la congettura a + b = c. Vengono lette attentamente dal matematico Ivan Borisovich Fesenko che confessa di non averne compreso il contenuto. Nel 2013 alcuni matematici si riuniscono ad Oxford ma Mochizuki non si fa vedere. Il giapponese esorta a leggere le sue ricerche “disattivando gli schemi di pensiero installati nei vostri cervelli”. Vive in crescente isolamento sociale e crea una nuova geometria ripensando i numeri.

Si parla di una teoria inter-universale. Legge l’intera opera di varie decine di migliaia di pagine di Alexander Grothendieck riformatore della geometria che studia le interrelazioni fra numeri e grandezze all’interno di uno Spazio di nuova concezione. Da giovanissimo Grothendieck risolve i dodici problemi matematici invece di uno solo come richiesto. Jean Dieudonné raccoglie pazientemente i suoi studi e le ventimila pagine di seminari. Sempre Grothendieck crea equazioni che prefigurano schemi di entità più vaste con numeri reali e complessi. Ogni “Tópoi” è uno spazio compiuto. Vengono raggiunti eccezionali livelli di astrazione. Riceve la Medaglia Fields nel 1966 che non ritira. René Thom medaglia Fields nel 1958 rinunciò alla ricerca matematica dopo le scoperte di Grothendieck dedicandosi alla teoria delle catastrofi.

Il libro prosegue con la bella citazione di Erwin Schrödinger e il mondo subatomico. Egli rivela con poche equazioni territori inesplorati dell’infinitamente piccolo. Le sue tesi avranno la severa critica dal gigante Werner Heisenberg. Il terreno di durissimo confronto è il mondo subatomico: “Esiste un nucleo oscuro al centro delle cose”. Heisenberg affina le sue riflessioni nel suo esilio volontario nell’isola di HelgolandNiels Bohr, Nobel per la fisica nel 1922, condivide l’intuizione “sulla radicale alterità del mondo subatomico”. È la svolta che oltrepassa la comprensione del mondo fisico. “Il fisico – come il poeta – non deve descrivere i fatti del mondo, ma creare metafore e connessioni mentali”. Max Born, suo assistente, studia le matrici di Heisenberg.

Nasce la meccanica quantistica nel 1925. Labatut ci racconta di altri giganti della fisica come Louis de Broglie con i suoi “quanti” che Einstein considera una nuova era della fisica. Segue Schrödinger che analizza de Broglie. Le sue teorie escono dallo Spazio con l’analisi delle onde che viaggiano a più dimensioni. Le “onde” non fanno parte del cosiddetto mondo sensibile. Ci sono contatti fra le sue riflessioni e l’induismo dei Vedanta e del Mahayana. Studia la “funzione d’onda” applicabile all’intero universo e rappresentata dalla lettera greca Psi e dal simbolo Ψ. Questa funzione non è rilevabile da sensori e dalla percezione umana. Nemmeno Schrödinger trovò una spiegazione ai suoi risultati. Con le sue matrici Heisenberg tentò di confutare, senza successo, le tesi di Schrödinger. Heisenberg riferisce a Bohr che “esiste un limite assoluto a ciò che si poteva sapere di questo mondo”. Con le dovute differenze una riflessione simile fu diffusa dal giapponese Mochizuki nel suo ultimo post prima di rendersi irreperibile: “Anche in matematica certe cose dovevano rimanere segrete per sempre per il bene di tutti noi” (pagina 65). Labatut ha scritto un libro intrigante con stile narrativo scorrevole, intenso e coinvolgente destinato a una ristrettissima platea di cercatori raffinati, anche se non matematici. Ci ha aperto la porta a un mondo di intelligenze raffinatissime al loro lavoro oscuro per la stragrande maggioranza delle persone. Questo libro tenta di accorciare questa distanza.

(*) Quando abbiamo smesso di capire il mondo di Benjamin Labatut, Traduzione di Lisa Topi, Adelphi, 2021, 180 pagine, 18 euro

Aggiornato il 06 settembre 2024 alle ore 13:35