Imprenditore sociale non socializzato

A quanto pare, e finalmente, torna – spero sia una ripresa di studio attualizzato, indispensabile e profetico – l’edizione del libro primo Il capitale, di Karl Marx, edito da Einaudi a cura di Roberto Fineschi e tradotto da Stefano Breda. Analisi dettagliatissima. Ma non è il solo modo di cogliere Marx. Poiché ne ho valutato l’opera e la penosissima, leonina esistenza nella biografia più comprendente non specialistica, sociologico-biografica più che di scienza economica, riporto quanto percepii del suo concepire lo svolgimento del capitalismo, e perché questa edizione dovrebbe essere ristudiata. Marx è di una contemporaneità unica, nessuno ha colto l’avvenire del capitalismo come e quanto Marx. Il Suo fronteggiatore, Adam Smith (con David Ricardo), comprese tutto tranne la conflittualità insita nella concorrenza, la conflittualità bellicosa.

A pensare che Smith reputa il commercio mondiale antitetico alla guerra e non ragione di guerra si coglie l’ottimismo di uno sviluppo concorrenziale ma non distruttivo. Un procedere, avanzare, con delle crisi, ma non “la crisi”. Marx è il  ferreo estimatore del capitalismo, annienta i vagheggiamenti feudalistici, le comunità asservite, accetta persino la divisione, la parcellizzazione del lavoro, la riduzione del lavoratore a strumento stordito delle macchine. Perché? Perché il capitalismo nell’ansia concorrenziale di superarsi per vincere spingerà all’iperbole la sostituzione delle macchine all’uomo, il capitale morto sul capitale vivo, ne verrà disoccupazione, crisi ad ogni fase di mutamento tecnologico, produzione ma non consumi, lotta all’arma bianca per i mercati, sfruttamento all’osso dei Paesi arretrati per averne materie prime, e tutto il marasma che ne consegue: concentrazione, declassamento del ceto medio e sottoproletarizzazione del proletariato.

Per mettere ordine occorre, per Marx, sormontare il capitalismo ormai al naufragio – in quanto costretto a meccanizzarsi, automatizzarsi quindi a disoccupare, costretto alla guerra dei mercati, e rigenerare salari, orari, occupazione – in modo da stabilire relazione con la meccanizzazione e l’automatismo. Chi può e deve imporre questa razionalità non bellicosa ma universalmente collaborativa è, dice Marx, il proletariato (proletari di tutto il mondo unitevi), con la “dittatura del proletariato”. L’economia direzionata con più “antagonisticità” si renderebbe indispensabile per sormontare il marasma concorrenziale del profitto, che perverrebbe ad una guerra intersociale mondiale.

Nel 1983, denominai il mio libro Marx contro Marx. Si vende ancora su Amazon. Perché è contro se stesso, Marx? Se il proletariato viene, sia pure gradualmente eliminato, non è il soggetto idoneo a gestire l’economia programmata. Appunto, in quanto fondatamente le macchine sostituiranno il lavoro, i lavoratori e il proletariato perderanno potere, perderanno la loro funzione. Se mai è un ceto consapevole, capace, a reggere le società – con lo scopo di armonizzare orari, salari, produzione, mercati, convivenza mondiale senza scontro di appropriazione di sfere e impedimenti – che inevitabilmente diverrà società mondiale nel mercato mondiale. La produzione automatizzata con “energia futurista” (fusione nucleare) sarà tanta e la non disoccupazione sarà così estesa che non potremo evitare di porre regole di armonia non lasciate alla mera concorrenzialità. Il paradosso della vicenda è che dovremo dare la produzione a gente che non lavora: Una nuova borghesia, vivamente imprenditoriale ma con scopi sociali.

La dittatura del proletariato è tra i molti “illusionismi” di Marx, ma il fatto che la produzione si sgancerà dal lavoro, per essere offerta a milioni che non lavorano, sarà una vicinissima profezia. Imprenditori vividi come Elon Musk lo dichiarano strenuamente. Personalmente ne scrivo da decenni. Ci sarà un nuovo ceto imprenditoriale – in un mio libro lo definisco: lavoratore imprenditore – a gestire con inventiva non burocratizzata dal collettivismo un’economia per la società al di là dell’apporto di lavoro (a ciascuno secondo i suoi bisogni). Utopia? Pare di si. la produzione si sgancerà dal lavoro. E Adam Smith si incontrerà con Marx. Mercato mondiale armonizzato ed imprenditorialismo sociale non burocratico. Ovviamente non tengo in rilievo solo Il capitale, libro primo, ma l’insieme di Marx. Si spera che questa centellinata edizione dia luogo alla considerazione dei punti essenziali dell’autore più che il florilegio filologico. Un’occasione irrinunciabile. Speriamo.

Aggiornato il 30 agosto 2024 alle ore 16:15