La sigla Pancho di Jack Trombey, pseudonimo di Jan Stoeckart, compositore olandese. L’essenzialità del format, inviati diventati idoli, il racconto del giornalista nudo e crudo. E al centro un’unica cosa: il goal. La trasmissione Rai Novantesimo minuto – trasmissione nazional-popolare di un tempo andato – cambia pelle. E una lacrima già scende sul viso. Il nuovo format sarà il più classico degli spezzatini. Di quello che è stato non ci sarà nemmeno l’ombra. Verrà così messa una pietra sopra al programma dopo 54 anni, nato da un’idea di Paolo Valenti e Maurizio Barendson. La nuova formula non ha niente di appetitoso: un appuntamento il sabato, uno il lunedì. Nel mezzo la Domenica sportiva.
Niente a che vedere con i pomeriggi appiccicati alla radiolina e a quella irrefrenabile attesa di arrivare a casa e accendere la tivù, per vedere le immagini in anteprima delle partite di calcio. Perché questo era Novantesimo minuto, un fenomeno di costume che ha tracciato un solco a partire dal 1970, passando dalle immagini in bianco e nero a quelle a colori. Con Paolo Valenti dallo studio centrale. E intorno tutta una serie di corrispondenti, ognuno con le sue caratteristiche, all’interno di un copione ben predefinito. Un po’ personaggi, per certi versi tifosi, con una capacità narrativa dove la notizia era il cardine. Quindi, è impossibile dimenticare – per citarne alcuni – Ennio Vitanza, Gianni Vasino, Tonino Carino (da Ascoli, che forse andrebbe letto ToninoCarinoDaAscoli, tutto attaccato), Franco Strippoli, Ferruccio Gard, Giorgio Bubba, Carlo Nesti, Marcello Giannini. E Luigi Necco, con il suo “Milano chiama, Napoli risponde”.
Dice che non si ricordano i giorni, ma gli attimi. E Novantesimo minuto, bontà sua, ne ha regalati parecchi.
Aggiornato il 19 luglio 2024 alle ore 15:44