Guardare ma non toccare. Dovrebbe essere questo l’imperativo della mostra itinerante Botero a Roma che sta animando le maggiori piazze della Capitale con otto grandi sculture di bronzo realizzate da Fernando Botero tra gli anni Novanta e 2000 per culminare a Palazzo Bonaparte, dove a settembre si inaugurerà una mostra dedicata all’artista colombiano.
Guardare ma non toccare perché le otto sculture si stagliano sotto al sole cocente del luglio romano in un percorso itinerante che parte dalla Terrazza del Pincio, scende per Piazza del Popolo, attraversa Largo dei Lombardi, si incanala a Piazza San Lorenzo in Lucina, saluta Piazza Mignanelli e termina a Piazza San Silvestro.
“Botero a Roma rappresenta il primo grande evento che si tiene attorno all’opera di Fernando Botero dopo la sua scomparsa il 15 settembre scorso – spiega Lina Botero, figlia dell’artista e curatrice della mostra – Le sculture in bronzo che oggi sono esposte nel centro storico della città sono state esposte nel tempo in 25 mostre che si sono tenute a Parigi, New York, Hong Kong, Singapore, Berlino, Gerusalemme, Madrid e Buenos Aires. C’è da dire – sottolinea Lina Botero – che il legame che unisce l’artista all’Italia trae origine dalla sua passione per la pittura del Quattrocento italiano che ha segnato la sua ricerca, oltre all’aver lavorato per oltre quarant’anni alla scultura in bronzo e marmo a Pietrasanta in Toscana”.
In una mostra che sarà la più completa mai realizzata a Roma, Palazzo Bonaparte, dal prossimo 17 settembre sino al 19 gennaio 2025, in occasione del Giubileo e dal venticinquesimo anno dalla nascita di Arthemisia, riunisce dipinti, sculture, disegni e acquarelli realizzati da Fernando Botero nel corso della sua lunga produzione artistica.
Opere di medie e grandi dimensioni che rappresentano la sontuosa rotondità del suo universo femminile, restituito con effetti tridimensionali e colori spesso sgargianti, ma tutt’altro che sinonimo di sensualità o di estetica naïf, primitiva. Ciò che pare in Botero non è mai la realtà in sé, ma rivestita con una patina di un’ambiguità iperrealista di matrice sudamericana.
Non mancheranno le versioni di capolavori della storia dell’arte, come le Menine di Velázquez e la Fornarina di Raffaello, il celebre dittico dei Montefeltro di Piero della Francesca, i ritratti borghesi di Rubens e van Eyck. E ancora, temi classici come il circo e la corrida, quest’ultimo forse il tema più interessante perché interpretato attraverso il filtro della tradizione ispanica molto sentita nell’arte, da Goya a Picasso. Una sala è dedicata, infine, alla più recente sperimentazione tecnica del maestro che, dal 2019, dipinse con acquerelli su tela: opere quasi diafane, frutto di un approccio delicato, forse senile, ai temi familiari di sempre.
Aggiornato il 10 luglio 2024 alle ore 16:44