Kevin Costner ha diretto un film colossale nel quale ha investito direttamente. Horizon – An American Saga racconta l’ombra lunga e sanguinosa del sogno americano sui nativi. Dopo il capolavoro Balla coi lupi (premiato con sette Oscar nel 1991) e la serie Yellowstone, l’attore 69enne è tornato dietro la macchina da presa per girare un nuovo western. Stavolta, ha vestito i panni di Hayes Ellison, un uomo che cerca di vivere in pace in un mondo pericoloso, ma capace anche di qualsiasi cosa se viene provocato. La storia abbraccia un periodo di quindici anni, prima e dopo la Guerra civile, mentre l’espansione verso Ovest è piena di insidie, che si tratti di natura o scontri con i popoli indigeni che vivono su quelle terre.
Horizon è allo stesso tempo una saga western, declinata alla violenza, che da una parte omaggia il più classico dei generi del cinema americano e, dall’altra, offre a Costner la possibilità di esprimere il suo impegno politico e ambientale. Il film, presentato fuori concorso al Festival di Cannes 77, arriva in sala grazie alla Warner, diviso in due capitoli: il primo, visibile dal 4 luglio; il secondo, il 15 agosto. Con Horizon si torna al passato, al western dei carri in fila indiana verso il nulla, al Gran Canyon da attraversare, al forte pieno di soldati e soprattutto all’incontro-scontro pieno di violenza e incomprensioni dei coloni con i nativi, le vere vittime della colonizzazione.
Al fianco di Costner figurano Sienna Miller, Sam Worthington e Jena Malone. Di stanza a Fort Gallant, c’è Sam Worthington che veste i panni di un soldato idealista, mentre Sienna Miller interpreta Frances Kittredge, una pioniera forte, resistente e materna che è stata portata a malincuore nell’insediamento di Horizon da suo marito sempre alla ricerca di una vita migliore. Infine, Jena Malone dà il volto a Ellen, che vive in una piccola città mineraria chiamata Watts Parish, dove, dopo molte difficoltà, è riuscita a stabilirsi e a trovare anche un brav’uomo, Walt.
“Ci vendono sempre sogni e anche nel 1800 era così”, ha detto Costner nel corso della presentazione internazionale. “C’è chi si è ritrovato con le proprie mogli nel mezzo di questo Paese. Le donne forse odiavano i loro mariti per averle portate lì dove dovevano lavorare ogni giorno, dove nulla era pulito, ma c’erano andati per una vita migliore. Tanti hanno accettato questa sfida, quel sogno. Molte volte erano coppie o singoli che scappavano da qualcosa alla ricerca di qualcosa che non avevano. Non si può condividere la terra e i coloni non volevano davvero alcuna concorrenza. Così hanno cacciato circa 500 nazioni native americane. Io, in Horizon, racconto questa collisione. Per me era davvero importante dare loro la dignità, far capire che la ferocia che avevano i nativi nasce da un assunto: stavano combattendo per il loro stile di vita, la loro religione, la loro esistenza. Era ingiusto non mostrarli nella loro bellezza”.
Il cineasta statunitense ha parlato della violenza presente nel film. “A suo avviso – ha detto – era necessaria per sopravvivere. Non c’era legge, niente per proteggerti, tranne l’istinto. C’erano, invece, molti pericoli. E bisognava conoscere le cose più basilari, come saper fare il fuoco. Non dimentichiamo poi che l’America è un Paese ancora molto giovane e che questo film è ambientato duecento anni fa. Era una terra ancora vergine”. Costner ha raccontato la sua visione del mito della frontiera al cinema. “Western preferiti? Ne ho tre, ma voglio parlare di Liberty Valance che mi piace molto e che ha subito infuocato la mia immaginazione. È vero, avevo solo sette anni, ma in fondo non è questo che devono fare i film? Il fatto è che siamo andati a guardare queste storie nel buio, l’abbiamo fatto tutti, era l’unico posto in cui i nostri genitori ci permettevano di andare da soli perché era considerato un posto sicuro. È lì che abbiamo imparato a baciare, a capire come si fa”.
Aggiornato il 27 giugno 2024 alle ore 17:30