Un anno senza Francesco Nuti

Il retaggio artistico di Francesco Nuti è rappresentato dalla sua talentuosa irregolarità. A un anno dalla scomparsa dell’attore-regista fiorentino occorre ricordare il suo percorso ribelle. Ma, prima di menzionare i debutti, le affermazioni e il successo, è necessario fare riferimento a un anno, il 1994. Quando arriva in sala OcchioPinocchio, il suo settimo film da regista. Un’opera che coglie Nuti in una fase delicata della propria esistenza, già preda del demone autodistruttivo, tra alcool e depressione, che avrebbe segnato il suo declino. Il film resta ancor oggi incompiuto. Francesco Nuti ha attraversato il cinema come una meteora, inclassificabile tra passione per il biliardo – grande co-protagonista dei suoi film migliori in coppia col campione Marcello Lotti – la musica (ha calcato il palco di Sanremo e la sua discografia fa da controcanto alle sue regie), gli amori e le delusioni private. Ha lasciato in eredità 10 film e 15 titoli da attore. La sua parabola assomiglia a quella di un altro sfortunato talento come Rino Gaetano, a cui lo legava una strana assonanza caratteriale e una radice calabrese che, per parte di madre, Francesco affiancava allo spiritaccio toscano del Mugello da cui veniva il padre.

Alcuni suoi titoli memorabili (all’inizio condivisi con Maurizio Ponzi alla regia) sono stati: Madonna che silenzio c’è stasera (1982); Io, Chiara e lo Scuro (1983);  Son contento (1983); Casablanca Casablanca, che nel 1985 lo promuove a regista di sé stesso in un seguito ideale di Io, Chiara e lo Scuro. È il momento d’oro di Francesco Nuti. L’artista coniuga, con leggerezza e inventiva, tutte le doti messe in mostra fin da ragazzo e poi in teatro e tivù al fianco di Alessandro Benvenuti e Athina Cenci, nel gruppo dei Giancattivi, con cui aveva conosciuto la popolarità nel corso del programma di culto No Stop di Enzo Trapani. Poco dopo arriva l’esordio al cinema con Ad ovest di Paperino (1981), per la regia di Benvenuti. Nonostante gli altalenanti successi, il talento di Nuti si disperse lentamente dopo la metà degli anni Ottanta, prima in un’ossessiva ricerca di diversificare sé stesso (Tutta colpa del paradiso, Caruso Pascoski di padre polacco, Willy Signori e vengo da lontano) e poi alla rincorsa del tempo perduto (Il signor Quindicipalle). Lo abbiamo visto per l’ultima volta sullo schermo nel 2005, attore in Concorso di colpa, poliziesco troppo poco visto di Claudio Fragasso.

A quel punto l’appuntamento col destino è già dietro l’angolo: sempre meno presente a sé stesso, l’anno dopo cade dalle scale di casa e il trauma cranico è gravissimo. Entrerà in un tunnel di faticosa rieducazione, ricadute, tiepide speranze che non gli consentirà più di riprendersi la scena anche se gli amici della giovinezza non smetteranno di stargli vicino, il fratello Giovanni lo aiuterà a scrivere una biografia molto personale (Sono un bravo ragazzo – Andata, caduta e ritorno, 2011, Rizzoli) e si moltiplicheranno spettacoli e monologhi di cui è l’indiretto protagonista. In una commovente intervista la figlia Ginevra (avuta con Anna Maria Malipero) dirà: “Francesco è e sarà sempre il mio papà anche se non può più parlare, muovere le mani e camminare ed è giusto che mi occupi di lui”. E così è stato fino all’ultimo giorno.

Aggiornato il 13 giugno 2024 alle ore 18:09