Paolo Taviani non c’è più. Il regista 92enne è mancato ieri alle 18 dopo una breve malattia. Era ricoverato a Roma nella clinica Villa Pia. È morto vicino alla moglie Lina Nerli Taviani e ai figli Ermanno e Valentina. Lunedì 4 marzo, dalle 10 alle 13, si terrà la cerimonia laica funebre alla Protomoteca del Campidoglio. Il fratello Vittorio era morto nel 2018. Insieme, i fratelli Taviani (insieme nella seconda foto) hanno rappresentato i vertici del cinema d’autore italiano. Degli autentici maestri. La loro carriera è stata caratterizzata da impegno civile e rigore professionale. I due fratelli toscani nascono entrambi a San Miniato (Pisa), Paolo nel 1931 e Vittorio nel 1929, da una famiglia borghese, con padre avvocato e antifascista. I fratelli Taviani arrivano a Roma con un’idea ben chiara: fare il cinema neorealista. Anche se i due hanno sempre amato il confronto con la letteratura. Al loro esordio collaborano con Valentino Orsini e con il produttore più fedele, l’ex partigiano Giuliani De Negri.
Dal sodalizio nascono film che hanno segnato la storia del cinema: come il profetico Sovversivi, con il magnetico Giulio Brogi, sulla fine della fiducia cieca nel comunismo reale e il visionario Sotto il segno dello scorpione, con il grande Gian Maria Volonté, a cavallo con la repressione in Cecoslovacchia. Nel 1972 anticipano il fallimento dell’utopia rivoluzionaria attingendo alla storia del Risorgimento con San Michele aveva un gallo (ancora con Brogi). Due anni dopo è la volta di Allosanfan, interpretato da uno strepitoso Marcello Mastroianni, con le splendide musiche di Ennio Morricone (usate nel 2009 anche da Quentin Tarantino in Bastardi senza gloria). Nel 1977 vincono la Palma d’oro con Padre padrone e otto anni dopo trionfano ancora a Cannes con il loro più grande successo, La notte di San Lorenzo vincendo il Premio speciale della giuria. È del 1984 il loro incontro con Luigi Pirandello e le novelle di Kaos, seguito nel 1998 da Tu ridi. Nel 2012, dopo una lunga parentesi che li vede confrontarsi con il racconto televisivo, vincono l’Orso d’oro al Festival di Berlino con Cesare deve morire, distribuito dalla Sacher Film di Nanni Moretti, loro discepolo cinematografico.
L’ultima collaborazione dei due fratelli risale al 2017, con Una questione privata, un soggetto nato dall’omonimo romanzo neorealista di Beppe Fenoglio, con uno spiritato Luca Marinelli. Il film è diretto da Paolo, mentre il fratello Vittorio è costretto a rimanere a casa per la malattia che lo avrebbe portato via pochi mesi dopo. Da allora Paolo Taviani si definisce “un mezzo regista”, perché metà di lui non c’è più sul set. Si sente “un impiegato del cinema”. Ricorda: “Vittorio ed io lavoriamo da sempre con certe regole e un certo ritmo, magari nel tempo rallentato dall’età che avanza ma sempre guidato da un rigore di fondo come quello degli impiegati di una volta. I film cambiano, io molto meno e continuo a pensare che facciamo questo mestiere perché, se il cinema ha questa forza, di rivelare a noi stessi una nostra stessa verità, allora vale la pena di metterci alla prova”. Con oltre venti film alle spalle (senza contare documentari, pubblicità e qualche corto disperso come l’ultimo episodio di Tu ridi) altrettanti premi maggiori, tra cui: il Leone d’oro alla carriera nel 1986 e il David di Donatello alla carriera nel 2016.
L’ultimo film in solitario di Paolo, Leonora addio, presentato in concorso a Berlino nel 2022, segue il rocambolesco viaggio delle ceneri di Pirandello, da Roma ad Agrigento, a quindici anni dalla sua morte: “Siamo cresciuti insieme io e Vittorio e sempre lavorando”, ha raccontato Paolo in quella occasione. “Sento ancora dietro di me il suo fiato. Anche a lui piaceva molto il set e mi ricordo ci litigavamo le scene, quando toccava a me e avevo finito di girare cercavo la sua approvazione e confesso l’ho fatto anche adesso in questo primo film senza di lui”. Quel suo ultimo film lo ha voluto in bianco e nero, come in un ideale ritorno agli esordi di quel cinema.
Aggiornato il 01 marzo 2024 alle ore 17:20