Riccardo Muti presenta il capolavoro verdiano, al Teatro Regio di Torino. Il nuovo allestimento di Un ballo in maschera, in scena per sei recite da mercoledì 21 febbraio a domenica 3 marzo, è firmato da Andrea De Rosa, direttore del Tpe Teatro Astra di Torino. Protagonisti dell’opera di Giuseppe Verdi sono Piero Pretti come Riccardo, Luca Micheletti nel ruolo di Renato e Lidia Fridman, Amelia. “Io e il regista De Rosa – osserva Muti – abbiamo deciso di non cambiare neppure una parola, siamo stati fedeli al testo. Dobbiamo correggere il passato, ma nessuno può cancellarlo anche se crudele o sporco. Dovremmo cancellare la maggior parte dei libretti. Nessuno può andare in un museo e ritoccare un’opera d’arte con cui non è d’accordo”.
Per il grande direttore d’orchestra “bisogna evitare gli slogan e cercare il dialogo. Soprusi, orrori ne vediamo ogni giorno. Cerchiamo l’armonia, la bellezza in un mondo che sta precipitando. Dobbiamo portare in scena anche gli errori del passato perché i giovani possano correggerli, evitarli e trovare la direzione giusta”. Per Muti quello al Regio di Torino è un ritorno, il terzo, dopo Così fan tutte di Wolfgang Amadeus Mozart, presentato in streaming nel marzo 2021, e Don Giovanni, del novembre 2022. Al suo fianco ci sono il regista De Rosa, il sovrintendente Mathieu Jouvin, il sindaco Stefano Lo Russo, il direttore artistico Cristiano Sandri, e il presidente di Reale Mutua, Luigi Lana. “Sono qui perché ho un ottimo rapporto con questo teatro, con il sovrintendente e il sindaco. È un teatro dove è piacevole lavorare” spiega Muti che ricorda di avere diretto per la prima volta Un ballo in maschera nel 1970 con Richard Trucker. “Quel mondo è finito, ma in questo teatro l’ho ritrovato. È successo, la prima volta, la seconda, la terza”.
Non mancano gli aneddoti e un po’ di autobiografia. “Non sono riuscito a prendere una laurea perché troppe cose insieme non si possono fare. Mio padre mi diceva sempre di prendermi un pezzo di carta. Purtroppo è morto e non ha potuto vedere che di lauree ad honorem ne ho preso 23. Con la ventitreesima mi è venuto qualche dubbio, ho pensato che forse non avessero altri a cui darla”, ha scherzato il direttore d’orchestra. C’è l’orgoglio per essere stato scelto per l’esecuzione il 7 maggio della Nona di Beethoven a Vienna per il bicentenario: “Per me è un motivo d’orgoglio anche perché per i 300 anni non sarò disponibile, ma è un riconoscimento all’Italia, alla scuola italiana”.
Aggiornato il 14 febbraio 2024 alle ore 17:21