Anche quest’anno non poteva mancare il consueto “pagellone” sui cantanti in gara al Festival della canzone italiana. Tra gradite sorprese e flop inaspettati.
Clara (Diamanti grezzi): arriva sull’onda del successo del suo personaggio trasgressivo in “Mare fuori”, e invece si presenta in versione quasi rètro, nel look, nell’atteggiamento e nel brano. Ma tanto, comunque vada, sarà un successo. Sufficiente, dai. Voto: 6.
Sangiovanni (Finiscimi): fin troppo chiaramente il titolo è un’istigazione a compiere gesti insani a danno del giovane cantautore. Purtroppo non accolta. Abbigliato col completo della prima comunione del fratello alto, Sangiovanni biascica un’inutile roba trita e ritrita. Voto 1.
Fiorella Mannoia (Mariposa): è vero, il brano è un insieme di cose già sentite, molto Mannarino, qualcosa di De Andrè e una spruzzata di Andalusia. Ma la canzone è comunque bella, lei sempre bravissima e il vestito da sposa di pizzo se lo può ancora permettere. Voto: 8+.
La Sad (Autodistruttivo): look vetero-punk e una storia di disagio devastante, scritta da Riccardo Zanotti dei Pinguini: c’era da aspettarsi di più, invece il trio stecca da paura e, nell’insieme, dà l’idea di parodistico. Voto: 5-.
Irama (Tu no): Irama, di riffa o di raffa, a Sanremo fa sempre benino. Vediamo se anche questo pezzo dal testo un po’ disunito, ma ben cantato, fra tre mesi ci sembrerà quasi bello, come è successo con quello di due anni fa. Voto: 7.
Ghali (Casa mia): la canzone è un dialogo tra lui e un alieno, al quale spiega le brutture dell’epoca attuale. Ce ne voleva per non rendere pesante il parlare di guerra e alienazione tecnologica, e invece Ghali ci riesce, con ironia e ritmo. Voto: 8.
Negramaro (Ricominciamo tutto): pezzone romantico e consueta interpretazione squarciagola di Giuliano Sangiorgi: il solito, insomma. Voto: 6.
Annalisa (Sinceramente): non ci giriamo intorno: ecco il tormentone dell’estate, ché ormai Annalisa ha capito come si fa e chi glielo fa fare di deviare dalla linea Mon amour? Voto: 6 e 1/2.
Mahmood (Tuta gold): testo complesso su vita di periferia e relazioni complicate, che però lo senti e cominci a ballare in automatico. Poi interpretazione e look impeccabili. Insomma, il cantautore milanese a Sanremo non sbaglia mai un colpo. Ma anche proprio nella vita in generale. Voto: 9.
Diodato (Ti muovi): ieri sera sembrava lui il fratello alto che ha prestato il vestito della prima comunione a Sangiovanni. Aggiungi inspiegabili caschetto e basettoni alla Concato di 40 anni fa e capisci che il tutto è molto antiestetico. Il brano è una chiara paraculata sanremese, che infatti sta raggiungendo lo scopo, col quarto posto della classifica temporanea. Voto: 6-.
Loredana Bertè (Pazza): testo autoreferenziale, con anima rock. La mise e l’interpretazione sono meno sopra le righe del solito. Ma tanto la Bertè, ormai, trascende l’umano per diventare icona e qualsiasi cosa faccia va bene così. Voto: 8.
Geolier (I p’ me, tu p’ te): oggettivamente del testo si capisce poco, fuori dalla tangenziale di Napoli. Ma – sappiatelo – Geolier è un mito tra i pischelli e arriverà dove vuole. Anzi, rischia anche il podio sanremese. Voto: 7.
Alessandra Amoroso (Fino a qui): uno si aspettava anche parecchio dalla Amoroso, visto che si scomodava per la prima volta a Sanremo. Invece la canzone sembra pescata tra quelle più banali dei Festival di 30 anni fa e lei, francamente, anche un po’ sfiatata. Voto: 4 e 1/2.
The Kolors (Un ragazzo una ragazza): il testo è talmente banale che, alla fine, ti sembra addirittura originale. Sonorità disco quasi rètro e Stash è sempre caruccio e pieno di energia. Probabilmente andrà come per Italodisco. Voto: 7.
Angelina Mango (La noia): sarà la genetica, sarà il fiato dei vent’anni, ma la piccola Mango canta questa cumbia senza una sbavatura, pur scatenandosi sul palco. E il brano, scritto in collaborazione tra Madame e Dardust, è sorprendentemente carino. Altra papabile ai gradini alti del podio. Voto: 9.
Il Volo (Capolavoro): e niente, i giovani vecchi sono sempre loro: lei che casca dal cielo, e piove, e lui che si rifà una vita. Il tutto strillato come d’uopo. Ma non si poteva sfrondare la scaletta, cominciando da loro? Voto: 1.
Bigmama (La rabbia non ti basta): uno dei pochi testi di rilievo dell’edizione, un invito a superare le sofferenze che infliggono la vita e la gente. Lei dignitosa nell’abbigliamento e nell’esibizione. Voto: 6 e 1/2.
Ricchi e Poveri (Ma non tutta la vita): arriva anche il giorno in cui, contro ogni previsione, non ti dispiacciono i Ricchi e Poveri. Il pezzo è ballabile, spagnoleggiante, con un refrain che entra in testa. Loro sono rimasti in due (solo ricchi), veleggiano verso gli ottanta e hanno ancora voglia di cantare e divertirsi. Ma ben venga! Voto: 7.
Emma (Apnea): sembrava un po’ scarica, come anche il brano. Niente di che, nel complesso. Voto: 5 e ½.
Renga Nek (Pazzo di te): ecco, questa è, probabilmente, la canzone più Sanremo old style dell’anno. Ma poi s’è capito perché questi due, che hanno due rispettive dignitose carriere alle spalle, hanno deciso di campare in simbiosi? Solo per fare a gara a chi strilla di più? Boh. Voto: 4.
Mr. Rain (Due altalene): è la canzone dell’anno scorso ma senza i bambini che, almeno, facevano tenerezza. Anche basta. Voto: 3.
BNKR44 (Governo punk): pezzo onesto di timida critica sociale. Loro cantano male e ne sono consapevoli, ma almeno si divertono sul palco il che, all’una di notte, è di consolazione. Voto: 6.
Gazzelle (Tutto qui): porta un brano romantico che non ti aspetti. Nemmeno brutto, però sentito e risentito. Tutto qui? Voto: 5.
Dargen D’Amico (Onda alta): dietro a un ritmo ballabile e scanzonato, Dargen, a ben vedere, sta parlando di migrazione per mare, discriminazione sociale e manipolazioni dei media. Come fai a non volergli bene? Voto: 8+.
Rose Villain (Click boom!): bella lei e il vestito, mentre il brano – un mix tra TikTok e Sanremo – esce un po’ così... Voto: 6.
Santi Francesi (L’amore in bocca): la buttano chiaramente sul look sexy. E meno male, perché tutto il resto è noia. Voto: 4.
Fred De Palma (Il cielo non ci vuole): ovvero quando parti re del reggaeton all’italiana e, invece, arrivi annaspando in un mare di piattume. E ti sei giocato anche la quota tormentone estivo. Adieu. Voto: 2.
Maninni (Spettacolare): da apprezzare l’autoironia del titolo, poi il resto è da dimenticare: tutto già sentito, trito e ritrito. E personalità non pervenuta. Voto: 2.
Alfa (Vai!): lui è anche fresco e simpatico, ma l’ennesimo pezzo inconsistente passato a notte fonda è il colpo di grazia. Comunque Alfa è adorato dalla Generazione Z e sopravviverà anche a questo. Voto: 3.
Il Tre (Fragili): vero che passare alle due e rotte del mattino non aiuta – e infatti il rapper romano se ne lamenta con Amadeus – ma difficilmente questa “Fragili” si sarebbe distinta e avrebbe lasciato un qualche segno anche se fosse andata per prima. Voto: 5.
Aggiornato il 07 febbraio 2024 alle ore 16:51