Sono 81 i Paesi che hanno partecipato ai rilevamenti Pisa 2022 – Programme for International Student Assessment – che è stato attivato nel 2000 e che ha rilevato ogni tre anni le conoscenze degli studenti in matematica, lettura, scienze. Di questi Paesi 38 sono membri dell’Ocse. Due i dati significativi, uno relativo all’Italia e uno all’Occidente. L’Italia raggiunge la media di 471 in matematica, la media Ocse è 472. Ma il punteggio di accettabilità per l’Ocse era 500, poi abbassato a 490. Siamo tornati ai livelli del 2003-2004, mentre nel 2007 si era registrato un miglioramento. Il dramma specifico dell’Italia resta la frattura Nord-Sud. Da anni, ormai, accade che i ragazzi del Nord raggiungano e talora superino le medie europee, mentre quelli del Sud restano in coda, all’altezza dei Paesi dell’ex Terzo mondo. A conferma che nella scuola meridionale esistono forti differenze di classe, mai smosse lungo i decenni, tra una élite borghese intellettuale e le classi subalterne. Il sistema scolastico le rispecchia passivamente, riconfermandole.
Se l’Italia è il Paese europeo con le maggiori differenze-fratture territoriali, con un Nord “europeo” e un Sud “mediterraneo”, non è che i Paesi europei più comparabili con noi vadano benissimo, Francia e Germania in particolare. Con allarme Le Monde e Le Figaro hanno evidenziato i risultati Ocse-Pisa. Il trentaquattrenne ministro francese Gabriel Attal ha reagito tempestivamente, annunciando due provvedimenti: l’esame del “collège” tornerà ad essere severo e soprattutto indispensabile per accedere al liceo. Il ministro ha poi stabilito di sottrarre ai genitori il potere di decidere di bocciare, perché si era trasformato nell’impossibilità di bocciare. Il secondo provvedimento crea, all’interno di ogni classe, tre gruppi di livello.
A sua volta il portavoce del Governo tedesco, Steffen Hebestreit, ha preso atto con preoccupazione che i risultati in matematica, lettura, scienze sono i più bassi mai registrati nel Paese da quando viene condotta l’indagine Ocse-Pisa. L’arretramento clamoroso dell’Occidente europeo e la contemporanea avanzata dell’East Asia costringe a porre qualche domanda sconveniente. Se l’apprendimento della matematica e delle scienze è la pre-condizione per l’acquisizione delle competenze scientifico-tecnologiche, se la piena padronanza della lingua è la pre-condizione per stare all’altezza della civiltà, per entrare in relazione con gli altri e con sé, i nostri ragazzi hanno ancora voglia di studiare? Più in generale, l’Occidente è stanco di imparare e di trasmettere saperi? Si stanno erodendo i canali di trasmissione del sapere di civiltà? Avrà ragione il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, quando parla della fine del dominio durato 500 anni dell’Occidente?
(*) Esperto di politiche educative dell’Istituto Bruno Leoni
Aggiornato il 19 dicembre 2023 alle ore 13:13