“Napoleon”: un colosso d’argilla

Napoleon: un colossal per l’ennesima, grandiosa regia di Ridley Scott, al cinema dal 23 novembre. Nella sua pur mirabile descrizione di una lotta epica tra imperi ottocenteschi, tuttavia si risente l’assenza di una voce narrante e scientificamente competente che, aiutandosi con sintetiche animazioni, illustri a latere al grande pubblico, a partire dalle mappe e dagli schieramenti degli eserciti contrapposti sul campo di battaglia, la genialità e i corrispondenti errori strategici di Napoleon. Domanda: l’imperatore dei francesi, autoincoronatosi come tale, (interpretato da un magistrale Joaquin Phoenix), è solo un epifenomeno di puro Ego, o dietro di lui c’è un essere umano carico di contraddizioni e degno di un’approfondita analisi freudiana sulla sua sconcertante personalità? Ridley Scott si sofferma sapientemente sull’aspetto affettivo-personale dell’ossessione di Napoleon per Giuseppina, sul “segreto tra le sue gambe”, moglie adorata e cinicamente ripudiata. Impressiona la scena della sua pubblica e drammatica abiura, con tanto di ceffone amministratole dal divorziando marito, a causa della sua indecisione nella lettura del testo e le copiose lacrime del momento. Ma, essendo Giuseppina la sua anima, coscienza, angelo custode e mentore spirituale, ovvero la sua parte indivisibile di umanità, sarà sempre lei l’ombra di Napoleon nella gloria e nella sconfitta. E la passione del condottiero per la sua Madonna resterà incorrotta anche nei fumi e nei terribili bagliori e clangori delle epocali battaglie campali, combattute contro gli eserciti di tutto il mondo.

Grandiose, in tal senso, sono le scene che illustrano con migliaia di comparse lo scontro tra Napoleon e Wellington nella battaglia decisiva di Waterloo, in cui appare in tutta la loro grandiosità, tranquilla per l’inglese, drammatica per il francese, la statura dei due comandanti. Chiave occulta del film è la regola cavalleresca per cui ai “generali non si spara” prima della battaglia, ma li si sconfigge sul campo, facendoli possibilmente prigionieri, per la gloria eterna del vincitore. E bellissima in tal senso è l’immagine del Napoleon sconfitto, che procede solitario in sella al suo cavallo a incontrare la fine e l’ultimo esilio, nel diradarsi delle atmosfere della battaglia, con il terreno disseminato di cadaveri mescolatisi nell’identico sangue delle divise nemiche. Altrettanto cavalleresco, per la sua sconcertante serenità, è l’incontro poco solenne all’esterno della sua tenda tra l’Imperatore francese vittorioso e lo zar Alessandro, in cui addirittura Napoleon chiede in sposa per un’alleanza imperitura una delle sorelle del suo nemico appena sconfitto. Ripiegando poi, a seguito del tradimento di Alessandro, su di una figlia non proprio affascinante dell’imperatore d’Austria, pur di avere un figlio maschio, come effettivamente accadrà. Sarà poi il giovane zar, facendo terra bruciata di tutto ciò che l’esercito napoleonico invasore incontrava sulla sua strada, a sterminare senza combattere, grazie al generale Gelo, le armate napoleoniche, vincendo così con l’astuzia il genio militare del francese.

E bellissima, umanamente corrosiva è l’immagine di una Giuseppina in esilio nella sua bella casa di campagna, che accoglie nelle sue braccia il figlio di Napoleon che lei non ha saputo dargli, ricordando a quella innocenza che cosa lei stessa abbia sacrificato perché la sua nascita si avverasse. Per poi morire di un attacco di difterite, appena in tempo per non vedere la sconfitta dell’uomo amato al di là di ogni tradimento e debolezza, dell’una come dell’altro. Dietro il suo volto di pietra, che cosa ha provato davvero Napoleon quando schierò da capitano la sua artiglieria, per colpire ad altezza d’uomo i manifestanti realisti, uomini e donne disarmati, che dimostravano per il ritorno della corona di Francia? Invece, chiarissimi, magistralmente rappresentati da Scott, sono i suoi momenti adrenalinici, mentre confuso tra i suoi uomini scala a fatica le alte mura della fortezza del porto di Genova, in base a un piano d’attacco geniale quanto azzardato, che ancora oggi si studia nelle Accademie militari. Catturare un presidio strategico per vincere una guerra, era proprio nelle corde della personalità di un condottiero straordinario come Napoleon. Nel narrare la sua irresistibile ascesa, Scott riesce a coglierne l’abilità di un politico cinico e navigato che manovra il suo manovratore per mettere fine al terrore, far ghigliottinare Robespierre e salire tutti i gradini del potere politico, presentandosi come salvatore della Patria di una Francia in bancarotta e sul punto di essere invasa dai suoi nemici storici.

E qui Ridley Scott utilizza le immagini come un Canova mediatico, con primi piani mozzafiato di consoli e deputati dell’Assemblea, sempre sul filo sospeso tra golpe e atto emergenziale legittimo. Un vero, grande “surfista” della Storia, Napoleon, sempre in testa al terribile corteo funebre di 300mila caduti nelle sue guerre combattute, vinte e perse in un ammasso informe di corpi dei quali, come ogni grande condottiero, non si curava. Ma Sant’Elena no: quello fu solo un atto crudele dei vincitori nei confronti di un Grande della Storia.

Voto: 7,5/10

Aggiornato il 22 novembre 2023 alle ore 09:15