Lo scorso giovedì si è tenuta a Milano la presentazione del libro di Carlos Rangel, Dal buon selvaggio al buon rivoluzionario. Miti e realtà dell’America latina. Uscito nella collana di Ibl Libri sui Liberalismi eccentrici, con una prefazione di Loris Zanatta, il volume, a oltre quarant’anni dalla sua prima pubblicazione, rimane una lettura indispensabile e illuminante per comprendere il Sudamerica. Riportiamo di seguito un brano tratto dal discorso tenuto dal figlio di Carlos Rangel (Carlos J. Rangel, ndr) in occasione della presentazione.
Il libro di cui parliamo stasera ha come sottotitolo Miti e realtà dell’America latina. Jean-François Revel, nella sua introduzione alla prima edizione del volume, sottolineava che l’Europa è stata la più grande creatrice di miti sull’America latina: il mito di fondo del Paradiso perduto, cioè la nostra costante aspirazione al paradiso, al paradiso in terra, ha portato non solo a una visione distorta di ciò che l’America latina è stata ed è, ma, in realtà, anche di ciò che è la democrazia. Se questo mito suona in qualche modo familiare è perché si sovrappone al mito marxista. Karl Marx, nel 1875, nella sua Critica del programma di Gotha, ci dice che quando il comunismo prevarrà finalmente, alla fine della storia e della lotta di classe, vivremo tutti secondo questo principio: “Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”.
C’è stato un tempo nel passato, descritto dai marxisti più contemporanei come Heinz Dieterich Steffan, il profeta del “socialismo del XXI secolo”, in cui non esistevano né denaro, né proprietà privata, né egoismo. Tutta questa felicità, ci dicono, tornerà quando il comunismo prevarrà finalmente in tutto il mondo. Allora il leone giacerà con l’agnello. Questo è un mito popolare. È stato usato, raccontato e riraccontato in molti modi da filosofi, intellettuali, romanzieri, registi, leader religiosi e politici. Oggi lo vediamo al centro di molti movimenti che tanti populisti autoritari abbracciano; leader e politici che sostengono di essere coloro che porteranno alla creazione di un paradiso in terra, un regno che durerà mille anni, o fino alla loro morte, a seconda di quale delle due arrivi prima. Rangel utilizza la storia dell’America Latina, in parallelo con quella degli Stati Uniti, per dimostrare come il disordine strutturale della democrazia, del governo limitato e del libero mercato forniscano maggiore prosperità e benessere alla società attraverso il costante rinnovamento e la distruzione creativa, come la chiamava Joseph Schumpeter.
Ma Rangel non si faceva illusioni sul fatto che troppo spesso una situazione promessa di ordine e regole percepite è preferita da molti a una situazione reale di palese disordine, che è ciò che la democrazia è, dopo tutto, nella pratica. Questo libro, le opere successive di Carlos Rangel e la sua stessa vita sono una presa di posizione a favore della democrazia. I detrattori della democrazia liberale sono molti, i difensori non sono altrettanti. Questa è la natura stessa della democrazia, che deve essere sostenuta continuamente. Il mito del paradiso perduto, in perenne contrasto con il suo opposto, la democrazia, permea tutti noi, la nostra cultura, i nostri libri e, sicuramente, molti partiti politici che affermano di voler ripristinare i valori nazionali e morali. Allora era compito di Carlos Rangel difendere la democrazia. È nostro compito farlo ora.
(*) Dal buon selvaggio al buon rivoluzionario. Miti e realtà dell’America latina di Carlos Rangel, Ibl Libri, 472 pagine, 22 euro
Aggiornato il 20 novembre 2023 alle ore 13:09